Sono 2.395.000 gli immigrati regolari in Italia all’inizio del 2003, 800.000 in più rispetto all’anno precedente, con una incidenza sulla popolazione italiana del 4,2%, inferiore solo di un punto alla media europea. Sono le stime aggiornate del Dossier statistico sull’immigrazione 2003 della Caritas italiana, Caritas di Roma e Fondazione Migrantes che uscirà a ottobre, di cui vengono fornite oggi alcune anticipazioni dopo la regolarizzazione. Il margine di approssimazione delle cifre è del 5%, visto che è difficile stabilire il numero esatto dei minori (l’ultimo dato delle anagrafi comunali risale al 31.12.2000) e il numero effettivo dei lavoratori che otterranno la regolarizzazione (su 703.000 richieste, talvolta riguardanti la stessa persona sono state ipotizzate 600.000 persone). “Significativo”, notato i curatori del Dossier, è l’impatto occupazionale dei lavoratori immigrati: nel 2002 (dati Inail) le assunzioni dei lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti sono passate a 659.847 – 192.547 in più rispetto all’anno precedente – e incidono sul totale delle assunzioni per l’11,5% , due punti in più rispetto al 2001. Riguardo alle dinamiche regionali, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Calabria hanno avuto un aumento di immigrati al di sopra della media; Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Lazio, Campania, Sicilia, Sardegna sono al di sotto della media; Piemonte, Lombardia, Molise, Basilicata nella media (aumento del 10-13%); Friuli, Campania e Puglia in diminuzione. “L’immigrazione afferma la Caritas italiana – sta assumendo una portata sempre più strutturale all’interno della società italiana, anche se la richiesta di lavoratori immigrati non sempre trova un corrispettivo nella programmazione ufficiale, come attesta anche l’ultima regolarizzazione”. Per evitare “una programmazione a posteriori” (ossia le regolarizzazioni) la Caritas suggerisce diverse misure, tra cui “previsioni maggiormente aggiornate sul fabbisogno di manodopera, e la consapevolezza che la presenza di un immigrato ogni 25 residenti comporta un maggiore investimento sui servizi sociali, a partire dalla politica abitativa, oggi molto carente, per arrivare a quelle di carattere culturale”. Sir