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GIOCO D’AZZARDO: NELLE SALE BINGO IL 10% SONO GIOCATORI PATOLOGICI

Il 10% delle persone che entrano nelle sale Bingo diventa “giocatore patologico”: a citare questi dati e a puntare il dito contro il rischio che lo Stato autorizzi, attraverso il sostegno al gioco d’azzardo, “la patologia di massa”, è mons. Alberto D’Urso, direttore della Consulta nazionale antiusura, tra i relatori al convegno su “Gioco d’azzardo e famiglia” in corso oggi a Palermo, per iniziativa del Centro internazionale studi famiglia, del Centro siciliano Sturzo, dalla rivista Famiglia Oggi, e dell’Università di Palermo.

Mons. D’Urso mette anche in guardia contro i rischi legati alla nuova norma sui videogiochi contenuta nella legge finanziaria e attualmente in discussione al Senato, “una fattispecie nuova d’azzardo” che “non prevede alcuno sbarramento per i minorenni”: “Al posto dei videopoker si potranno installare delle macchinette automatiche che erogheranno vincite in denaro ai giocatori dotati di ‘abilità fisica, mentale e strategica’. In sostanza la pura casualità verrà occultata dietro l’apparente meritevolezza del giocatore ‘abile'”.

Il popolo italiano, ricorda mons. D’Urso, “è il primo al mondo per l’impiego di denaro nel gioco d’azzardo, con circa 20 miliardi di euro”, ed è in testa fra i paesi europei con 271 euro pro capite l’anno spesi nei vari giochi: recenti indagini affermano che 30 milioni di persone, ossia il 58% della popolazione adulta, tenta la fortuna attraverso il gioco. Con le 420 sale Bingo programmate – ne sono state già aperte 250 in tutta Italia – si prevede un afflusso medio di un milione di giocatori al giorno.

“Si sono moltiplicate le occasioni di gioco (12 occasioni settimanali) – informa mons. D’Urso -, si gioca di più e si vince di meno: ‘comprano speranza’ le famiglie già sovraindebitate, i lavoratori dipendenti del settore sommerso, le famiglie numerose, gli abitanti dei quartieri più svantaggiati: addirittura impegnano il reddito di sussistenza il 56% degli strati sociali meno bassi, il 47% degli strati più poveri, il 66% dei disoccupati”. Grandi responsabilità vengono date alle sale Bingo, che secondo mons. D’Urso rischiano di trasformarsi “in piccoli casinò di quartiere”: “E’ necessario chiarire l’equivoco: non è una tombola in grande, dove si parla, si scherza, il ritmo è disteso. Nelle sale da gioco, per guadagnare, il gestore ha la necessità di far chiudere una partita in tre minuti”. Destano particolare preoccupazione gli aspetti patologici del gioco: “Nell’immaginario collettivo il giocatore patologico è il ricco principe che gioca al casinò e perde tutto – spiega Gioacchino Lavanco, moderatore al convegno e studioso di questi temi -. Invece oggi sono strozzati dai debiti di gioco il sottoproletariato, gli anziani e i minori”.

Tra gli obiettivi del convegno, quello di cominciare ad elaborare un documento che illustri al governo le preoccupazioni riguardo ai “giocatori patologici” e l’approfondimento degli studi scientifici su questo tema.Sir