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MINE ANTIPERSONA: MONS. MARTIN, «ANCORA TROPPE VITTIME»
Sviluppare “la maggiore comprensione e cooperazione possibile” con le nazioni che non hanno ancora aderito alla Convenzione sulla interdizione delle mine antiuomo, in attesa della “desiderata, rapida e universale ratificazione” del Trattato: è l’auspicio della Santa Sede di cui si è fatto portavoce mons. Diarmuid Martin, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate, nel corso della IV Conferenza degli Stati Parte alla Convenzione che si sta svolgendo in questi giorni a Ginevra (dal 16 al 20 settembre).
Mons. Martin ha ricordato i grandi progressi raggiunti dopo la firma del Trattato di Ottawa per la messa al bando delle mine antipersona: 20 milioni di mine distrutte “e una drastica riduzione del numero dei produttori”. Ma non ha taciuto il numero ancora alto delle morti (20.000) e dei feriti, “e le conseguenze socio-economiche che colpiscono milioni di donne, uomini e bambini. Si stima che nel mondo vi siano ancora circa 230 milioni di mine da eliminare”. “Gli sforzi richiesti per eliminare definitivamente le mine antipersona ha detto – possono essere raggiunti da ogni nazione, agenzia e settore della società. Richiedono la più larga collaborazione degli attori umanitari, sociali e economici”. Mons. Martin ha ricordato la necessità di educare le coscienze e sensibilizzare l’opinione pubblica: “La nostra società spesso ha la memoria corta e un tempo limitato da dedicare alla concentrazione”. Ma la priorità maggiore, a suo avviso, va data “alle vittime delle mine antipersona”: “I diritti delle persone rese disabili dalle mine devono essere rispettati, nei diversi cicli di vita. Dovranno subire sofferenze per vite intere; anche a noi spetta un dovere di solidarietà nei loro confronti”, in particolare per quanto riguarda “il diritto a cure sanitarie appropriate e all’educazione”.