Un secco “no” ad “accordi sommersi” per “legittimare di fatto” l’esercizio della prostituzione. A pronunciarlo è mons. Cosmo Francesco Ruppi, arcivescovo di legge, che in una nota sulla nuova legge sulla prostituzione, in discussione da oggi alla Commissione giustizia della Camera, si scaglia contro la possibile riapertura delle “case chiuse”, proposta nel nuovo testo legislativo. “Questa proposta, che speriamo non condivisa dall’intero governo commenta Ruppi lascia supporre che ci siano accordi sommersi all’ombra della nuova legge sull’immigrazione, per legittimare di fatto l’esercizio del meretricio, sia pure con alcune cautele e restrizioni”. “Sì” alla lotta contro la prostituzione, no alla riapertura delle “case chiuse”, è dunque in sintesi la posizione dell’arcivescovo ci Legge, secondo il quale “la lotta alla prostituzione va fatta con determinazione e con intelligenza, coinvolgendo insieme donne, clienti e soprattutto sfruttatori, ma la riapertura delle case di tolleranza vuol dire un ritorno indietro almeno di cinquant’anni”. “Si tratta aggiunge Ruppi citando l’esperienza del centro di accoglienza “Regina Pacis” di un tema delicato ma assai complesso, che a trattato con serietà civile e sociale, con la dovuta ponderatezza giuridica, senza lasciarsi trascinare da emozioni e, peggio ancora, da rivalse autoritarie, che producono solo danno”. “Come cristiani e come cittadini aggiunge l’arcivescovo di Lecce siamo del tutto contrari alla proposta di riaprire le case chiuse’, perché sarebbe un colpo grave alla dignità della donna e costituirebbe una legittimazione di fatto di un mercato che va combattuto con ben altri modi e con assai diverse misure”. Prima di “legittimare l’esercizio della prostituzione ” e di alimentare così il “degrado civile e morale”, conclude Ruppi con una provocazione, “si pensi seriamente a portare un po’ di acqua alle nostre case e alle nostre campagne!” Sir