Italia

Nel Mediterraneo da amici, la scommessa di «Rondine»

E' possibile vivere insieme, intorno al Mediterraneo? Sì, tramite l’accettazione del diverso e la libertà di esprimere la proprie convinzioni agli altri. Dobbiamo solo mutare il nostro sguardo». È questa la formula vincente del nuovo progetto di Rondine «Una nuova classe dirigente per la Sponda Sud del Mediterraneo». A suggerirla, il cardinale Jean-Louis Pierre Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che insieme al ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi, ha aperto i lavori del Simposio Internazionale «Un mare tra due sponde, un ponte tra due mondi».

E’ possibile vivere insieme, intorno al Mediterraneo? Sì, tramite l’accettazione del diverso e la libertà di esprimere la proprie convinzioni agli altri. Dobbiamo solo mutare il nostro sguardo». È questa la formula vincente del nuovo progetto di Rondine «Una nuova classe dirigente per la Sponda Sud del Mediterraneo». A suggerirla, il cardinale Jean-Louis Pierre Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che insieme al ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi, ha aperto i lavori del Simposio Internazionale «Un mare tra due sponde, un ponte tra due mondi». La due giorni, tenutasi gli scorsi 5 e 6 luglio presso il Teatrotenda della Cittadella della Pace, ha inaugurato ufficialmente il progetto Sponda Sud, il percorso formativo che per la prima volta porta a Rondine quindici giovani provenienti da Libia, Egitto e Tunisia per sei mesi, in un progetto parallelo ed integrato a quello dello Studentato Internazionale.

Il Simposio ha portato al borgo di Rondine esponenti di primo piano delle istituzioni e della società civile europea ed araba: dagli ambasciatori di Tunisia ed Egitto in Italia a Elzir Izzedin, Imam di Firenze e presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia), passando per l’europarlamentare Vittorio Prodi e numerosi esponenti del panorama accademico europeo ed arabo. Insieme, hanno affrontato il tema del dialogo politico, culturale ed interreligioso tra nord e sud del Mediterraneo in tutte le sue sfaccettature.

«Nessun Paese è un’isola» ha dichiarato il ministro Riccardi: in un mondo globalizzato come quello odierno, articolato in un complesso rapporto tra centri e periferie, il borgo di Rondine, periferico, è riuscito a diventare un centro. «La storia dei nostri vicini è fatta anche da noi. L’Italia torna oggi terra di frontiera a confronto con la Sponda Sud e deve prendersi le sue responsabilità. È questa un’opportunità per far tornare il Mediterraneo centro della storia e dell’economia».

Ma che cos’è oggi il Mediterraneo, all’indomani della cosiddetta Primavera Araba? «È molto di più di uno spazio geografico» ha spiegato il cardinale Tauran «racchiude in un unico territorio un comune patrimonio. Più che una realtà è un crogiolo che accoglie realtà diverse». Un melting pot che negli ultimi tempi ha cambiato i propri punti di riferimento, soprattutto dopo le rivoluzioni culturali del nord Africa: una situazione che può portare nuovi rischi, ma anche importanti opportunità. «Le paure, lo sfruttamento generano convinzioni sbagliate – ha commentato Tauran – Non si può costruire il proprio benessere a scapito di quello degli altri. Solo così, il Mediterraneo sarà domani un luogo privilegiato, dove la sapienza umana si fonderà con quella divina».

Un legame innegabile, quello tra le sue sponde del Mediterraneo, e radicato profondamente nella storia. Un legame che spesso però, per ragioni religiose, politiche, economiche e culturali, si è tramutato nella costruzione di muri. «La mia speranza è quella di sostituire i muri con i ponti» ha commentato Miguel H. Diaz, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede. «E voi, giovani presenti oggi, siete la chiave per la costruzione di questi ponti. L’unicità – ha proseguito l’ambasciatore – non è la stessa cosa dell’uguaglianza: per essere uniti, non bisogna uccidersi, soffocarsi, eliminare le differenze. La soluzione per l’unità è il rispetto».