«Ho registrato un clima molto positivo intorno alla nostra principale richiesta, quella di ottenere il riconoscimento giuridico della Chiesa in Turchia. Trovo giusta la sottolineatura dei Rappresentanti del Governo, per i quali tale richiesta non dipende dalla nuova Costituzione, ma può essere accolta con una legge particolare». È il commento rilasciato al SIR dal presidente della Conferenza Episcopale di Turchia (Cet) e arcivescovo di Smirne, mons. Ruggero Franceschini, riguardo l’audizione della Cet, svoltasi ieri ad Ankara presso la «Grande Assemblea», corrispondente al Parlamento italiano, durante la quale ha esposto «i problemi e le richieste della Chiesa da inserire nella nuova Costituzione» che si sta redigendo. «Nei prossimi incontri – spiega il Presule ricordando quanto già espresso in un comunicato della Cet – si prenderanno in considerazione i problemi delle proprietà delle Chiese, delle scuole, degli ospedali, e di altri beni di cui la Chiesa Latina attualmente possiede i Titoli di Proprietà rilasciati dal Sultano o dalla attuale Repubblica fino al 1936. Ci vuole tempo e pazienza, e non è facile». «La nostra delegazione era formata da sole quattro persone: con me c’erano mons. Louis Pelâtre, Vicario Apostolico Latino di Istanbul; mons. Yusuf Sað, Vicario Patriarcale per i siro-cattolici, e il portavoce della Cet Rinaldo Marmara, e il ridotto numero di noi componenti della Conferenza episcopale di Turchia può aver pesato sulla visione dell’Assemblea». «Potevamo essere di più: mancavano alcuni Vescovi, e soprattutto mancava il Vescovo del Sud che, dopo l’uccisione di mons. Luigi Padovese, non è stato ancora nominato, e questo è per noi una grande sofferenza». Un eventuale riconoscimento giuridico permetterebbe alla Chiesa di rientrare in possesso di un discreto numero di immobili che faciliterebbero anche l’attività pastorale. «Purtroppo – afferma il Presidente della Cet – la nostra è una Chiesa numericamente piccola, che ha bisogno di un maggior numero di personale. Ci troviamo in grande difficoltà, con il sottoscritto, che oltre al vescovo, deve fare anche l’economo, il vicario, e così via Servirebbe altro personale, non solo per la celebrazione della Messa, ma anche per comporre quella ossatura necessaria a portare avanti la pastorale ordinaria». «Avere un Vicario Pastorale qui in Turchia è un sogno. Si può nominare certamente un semplice Sacerdote, ma questo avrà già una lunga serie di altri incarichi. Ci vuole una pastorale migliore, che presti attenzione agli ammalati, alle famiglie, ai giovani. Quello che in una chiesa occidentale è prassi normale, qui diventa indispensabile ed estremamente prezioso». «Oltre alla mia archidiocesi di Smirne – ricorda mons. Franceschini – ho anche la responsabilità del Vicariato apostolico dell’Anatolia, che fu di mons. Padovese, è che è una Circoscrizione ecclesiastica molto importante, non solo per la superficie quasi tre volte quella della Diocesi di Milano (ma con soli dieci preti, cinque suore e pochi volontari), ma soprattutto perché è il luogo dove la Chiesa è nata, e da dove è partita per portare il Vangelo al mondo. Se questa Chiesa non ha la possibilità di riunirsi, di incontrarsi, rischia di vanificare la preziosità del tesoro’ che custodisce: l’eredità degli Apostoli. Che il Signore ci aiuti!” (Sir)