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Viaggio apostolico in Irlanda
Saluto ai giornalisti sul volo verso Dublino
Greg Burke:
Buongiorno, Santo Padre, e grazie per questo saluto. Facciamo un viaggio breve, ma intenso: un Paese piccolo ma un Paese importante, che ha avuto tanta influenza nel mondo, sia nella Chiesa sia nel mondo. Abbiamo 70 giornalisti qua, diversi sono venuti dall’Irlanda, qualche irlandese residente a Roma che fa il viaggio con noi. E devo dire che c’è molta attesa per il viaggio.
Se Lei vuole dire qualcosa…
Papa Francesco
Buongiorno, e grazie della compagnia, grazie di essere venuti. Sarà la mia seconda Festa delle Famiglie: la prima è stata a Philadelphia, questa è la seconda. E a me piace essere con le famiglie, sono contento di questo viaggio. E anche un altro motivo che tocca un po’ il cuore: torno in Irlanda dopo 38 anni, dove sono stato quasi tre mesi per praticare l’inglese, nell’anno 1980. E anche per me questo è un ricordo bello. Grazie del vostro lavoro. Adesso vorrei salutarvi…
Incontro con le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico (Castello di Dublino, sabato 25 agosto 2018)
all’inizio della mia visita in Irlanda, sono grato per l’invito a rivolgermi a questa distinta Assemblea, che rappresenta la vita civile, culturale e religiosa del Paese, insieme al Corpo Diplomatico e ai convitati. Ringrazio per l’accoglienza amichevole che ho ricevuto dal Presidente di Irlanda e che riflette la tradizione di cordiale ospitalità per la quale gli Irlandesi sono noti in tutto il mondo. Apprezzo altresì la presenza di una delegazione dell’Irlanda del Nord. Ringrazio il Signor Primo Ministro per le sue parole.
Come sapete, la ragione della mia visita è prendere parte all’Incontro Mondiale delle Famiglie, che si tiene quest’anno a Dublino. La Chiesa è, effettivamente, una famiglia di famiglie, e sente la necessità di sostenere le famiglie nei loro sforzi per rispondere fedelmente e gioiosamente alla vocazione data loro da Dio nella società. Per le famiglie, questo Incontro è un’opportunità non soltanto per riaffermare il loro impegno all’amorevole fedeltà, al mutuo aiuto e al sacro rispetto per il dono divino della vita in tutte le sue forme, ma anche per testimoniare il ruolo unico svolto dalla famiglia nell’educazione dei suoi membri e nello sviluppo di un sano e fiorente tessuto sociale.
Mi piace vedere l’Incontro Mondiale delle Famiglie come una testimonianza profetica del ricco patrimonio di valori etici e spirituali, che è compito di ogni generazione custodire e proteggere. Non occorre essere profeti per accorgersi delle difficoltà che le famiglie affrontano nella società odierna in rapida evoluzione o per preoccuparsi degli effetti che il dissesto del matrimonio e della vita familiare inevitabilmente comporteranno, ad ogni livello, per il futuro delle nostre comunità. La famiglia è il collante della società; il suo bene non può essere dato per scontato, ma va promosso e tutelato con ogni mezzo appropriato.
È nella famiglia che ciascuno di noi ha mosso i primi passi nella vita. Lì abbiamo imparato a convivere in armonia, a controllare i nostri istinti egoistici, a riconciliare le diversità e soprattutto a discernere e ricercare quei valori che danno autentico significato e pienezza alla vita. Se parliamo del mondo intero come di un’unica famiglia, è perché giustamente riconosciamo i legami della nostra comune umanità e intuiamo la chiamata all’unità e alla solidarietà, specialmente nei riguardi dei fratelli e delle sorelle più deboli. Troppo spesso, tuttavia, ci sentiamo impotenti di fronte ai mali persistenti dell’odio razziale ed etnico, a conflitti e violenze inestricabili, al disprezzo per la dignità umana e i diritti umani fondamentali ed al crescente divario tra ricchi e poveri. Quanto bisogno abbiamo di recuperare, in ogni ambito della vita politica e sociale, il senso di essere una vera famiglia di popoli! E di non perdere mai la speranza e il coraggio di perseverare nell’imperativo morale di essere operatori di pace, riconciliatori e custodi l’uno dell’altro.
Qui in Irlanda tale sfida ha una risonanza particolare, considerato il lungo conflitto che ha separato fratelli e sorelle di un’unica famiglia. Vent’anni fa, la Comunità internazionale seguì attentamente gli eventi in Irlanda del Nord, che portarono alla firma dell’Accordo del Venerdì Santo. Il Governo irlandese, in unione con i Capi politici, religiosi e civili dell’Irlanda del Nord e del Governo britannico e col sostegno di altri Leader mondiali, diede vita a un contesto dinamico volto alla pacifica composizione di un conflitto che aveva causato enormi sofferenze da ambo le parti. Possiamo rendere grazie per i due decenni di pace che sono seguiti a questo storico Accordo, mentre esprimiamo la ferma speranza che il processo di pace superi ogni rimanente ostacolo e favorisca la nascita di un futuro di concordia, riconciliazione e mutua fiducia.
Il Vangelo ci ricorda che la vera pace è in definitiva dono di Dio; sgorga da cuori risanati e riconciliati e si estende fino ad abbracciare il mondo intero. Ma richiede anche, da parte nostra, una costante conversione, fonte di quelle risorse spirituali necessarie a costruire una società veramente solidale, giusta e al servizio del bene comune. Senza questo fondamento spirituale, l’ideale di una famiglia globale di nazioni rischia di diventare nient’altro che un vuoto luogo comune. Possiamo dire che l’obiettivo di generare prosperità economica, o finanziaria, porta da sé a un ordine sociale più giusto ed equo? Non potrebbe invece essere che la crescita di una “cultura dello scarto” materialistica, ci ha di fatto resi sempre più indifferenti ai poveri e ai membri più indifesi della famiglia umana, compresi i non nati, privati dello stesso diritto alla vita? Forse la sfida che più provoca le nostre coscienze in questi tempi è la massiccia crisi migratoria, che non è destinata a scomparire e la cui soluzione esige saggezza, ampiezza di vedute e una preoccupazione umanitaria che vada ben al di là di decisioni politiche a breve termine.
Sono ben consapevole della condizione dei nostri fratelli e sorelle più vulnerabili – penso specialmente alle donne, e ai bambini, che nel passato hanno patito situazioni di particolare difficoltà; e agli orfani di allora. Considerando la realtà dei più vulnerabili, non posso che riconoscere il grave scandalo causato in Irlanda dagli abusi su minori da parte di membri della Chiesa incaricati di proteggerli ed educarli. Risuonano ancora nel mio cuore le parole dettemi all’aeroporto dalla Signora Ministro per l’Infanzia. Grazie. Ringrazio per quelle parole. Il fallimento delle autorità ecclesiastiche – vescovi, superiori religiosi, sacerdoti e altri – nell’affrontare adeguatamente questi crimini ripugnanti ha giustamente suscitato indignazione e rimane causa di sofferenza e di vergogna per la comunità cattolica. Io stesso condivido questi sentimenti. Il mio predecessore, Papa Benedetto, non risparmiò parole per riconoscere la gravità della situazione e domandare che fossero prese misure «veramente evangeliche, giuste ed efficaci» in risposta a questo tradimento di fiducia (cfr Lettera pastorale ai Cattolici dell’Irlanda, 10). Il suo intervento franco e deciso continua a servire da incentivo agli sforzi delle autorità ecclesiali per rimediare agli errori passati e adottare norme stringenti volte ad assicurare che non accadano di nuovo. Più recentemente, in una Lettera al Popolo di Dio, ho ribadito l’impegno, anzi, un maggiore impegno, per eliminare questo flagello nella Chiesa; a qualsiasi costo, morale, e di sofferenza.
Ogni bambino è infatti un dono prezioso di Dio da custodire, incoraggiare perché sviluppi i suoi doni e condurre alla maturità spirituale e alla pienezza umana. La Chiesa in Irlanda ha svolto, nel passato e nel presente, un ruolo di promozione del bene dei bambini che non può essere oscurato. È mio auspicio che la gravità degli scandali degli abusi, che hanno fatto emergere le mancanze di tanti, serva a sottolineare l’importanza della protezione di minori e adulti vulnerabili da parte dell’intera società. In questo senso, siamo tutti consapevoli dell’urgente necessità di offrire ai giovani un saggio accompagnamento e valori sani per il loro cammino di crescita.
Cari amici,
quasi novant’anni fa la Santa Sede fu tra le prime istituzioni internazionali a riconoscere il libero Stato d’Irlanda. Quella iniziativa segnò l’inizio di molti anni di armonia e collaborazione dinamica, con una sola nube passeggera all’orizzonte. Recentemente, sforzi intensi e buona volontà da entrambe le parti hanno contribuito in modo significativo a un promettente ripristino di quelle amichevoli relazioni a vantaggio reciproco di tutti.
I fili di quella storia riportano a più di millecinquecento anni fa, quando il messaggio cristiano, predicato da Palladio e Patrizio, trovò dimora in Irlanda e divenne parte integrante della vita e della cultura irlandese. Molti “santi e studiosi” si sentirono ispirati a lasciare questi lidi e portare la nuova fede in altre terre. Ancora oggi, i nomi di Columba, Colombano, Brigida, Gallo, Killian, Brendan e molti altri sono onorati in Europa e non solo. In quest’isola il monachesimo, fonte di civiltà e di creatività artistica, scrisse una splendida pagina nella storia d’Irlanda e del mondo.
Oggi come in passato, uomini e donne che abitano questo Paese si sforzano di arricchire la vita della nazione con la sapienza nata dalla fede. Anche nelle ore più buie dell’Irlanda, essi hanno trovato nella fede la sorgente di quel coraggio e di quell’impegno che sono indispensabili per forgiare un avvenire di libertà e dignità, giustizia e solidarietà. Il messaggio cristiano è stato parte integrante di tale esperienza e ha dato forma al linguaggio, al pensiero e alla cultura della gente di quest’isola.
Prego affinché l’Irlanda, mentre ascolta la polifonia della contemporanea discussione politico-sociale, non dimentichi le vibranti melodie del messaggio cristiano, che l’hanno sostenuta nel passato e possono continuare a farlo nel futuro.
Con questi pensieri, cordialmente invoco su di voi e su tutto l’amato popolo irlandese divine benedizioni di saggezza, gioia e pace. Grazie.
Visita alla Cattedrale
Good afternoon!
Cari amici,
sono lieto di potervi incontrare in questa storica Procattedrale di Santa Maria, che negli anni ha visto innumerevoli celebrazioni del sacramento del matrimonio. Guardando voi, così giovani, io mi domando: ma allora non è vero quello che dicono, che i giovani non vogliono sposarsi? Grazie! Sposarsi e condividere la vita è una cosa bella. C’è un detto in spagnolo che dice così: “Dolori in due, mezzo dolore; gioia in due, una gioia e mezza”. Questa è la strada del matrimonio. Quanto amore è stato manifestato, quante grazie sono state ricevute in questo luogo sacro! Ringrazio l’Arcivescovo Martin per il suo cordiale benvenuto. Sono particolarmente contento di stare con voi, coppie di fidanzati e sposi che vi trovate in diverse fasi del percorso dell’amore sacramentale. E’ bello anche sentire quella musica che viene da lì: i bambini che piangono… Quella è una speranza, è la più bella musica; ma anche la più bella predica, sentire un bambino che piange, perché è il grido della speranza, che la vita continua, che la vita va avanti, che l’amore è fecondo. Guardare i bambini… Ma ho salutato anche una persona anziana: bisogna anche guardare gli anziani, perché gli anziani sono pieni di saggezza. Ascoltare gli anziani: “Come è stata la tua vita?…”. Questo mi è piaciuto, che siete stati voi [si rivolge alla coppia anziana che ha parlato per prima] a incominciare, dopo 50 anni di matrimonio, perché avete tanta esperienza da condividere. Il futuro e il passato si incontrano nel presente. Loro, i vecchi – permettetemi la parola: i vecchi, the old – hanno la saggezza. Anche le suocere hanno la saggezza… [ridono, ride]. E i bambini devono ascoltare la saggezza, voi giovani dovete ascoltare la saggezza, e parlare con loro per andare avanti, perché loro sono le radici. Loro sono le radici, e voi prendete dalle le radici per andare avanti. Questo di sicuro lo dirò più avanti, ma mi viene di dirlo dal cuore.
In modo speciale, come ho detto, sono grato per la testimonianza di Vincent e Teresa, che ci hanno parlato della loro esperienza di cinquant’anni di matrimonio e di vita familiare. Grazie sia per le parole di incoraggiamento sia per le sfide che avete presentato alle nuove generazioni di sposi novelli e di fidanzati, non solo qui in Irlanda ma in tutto il mondo. Loro non saranno come voi, saranno diversi. Ma hanno bisogno della vostra esperienza per essere diversi, per andare più avanti. È così importante ascoltare gli anziani, ascoltare i nonni! Abbiamo molto da imparare dalla vostra esperienza di vita matrimoniale sostenuta ogni giorno dalla grazia del sacramento. Mi viene voglia di domandarvi: avete litigato molto? Ma questo fa parte del matrimonio! Un matrimonio in cui non si litiga è un po’ noioso… [ridono] Ma c’è un segreto: possono anche volare i piatti, ma il segreto è fare la pace prima che finisca la giornata. E per fare la pace non è necessario un discorso, basta una carezza, così, e la pace è fatta. E sapete perché è importante? Perché se non si fa la pace prima di andare a letto, la “guerra fredda” del giorno dopo è troppo pericolosa, incomincia il rancore… Sì, litigate finché volete, ma alla sera fate la pace. D’accordo? Non dimenticatelo, voi giovani. Crescendo insieme in questa comunità di vita e di amore, voi avete provato molte gioie e, certamente, anche non poche sofferenze. Insieme a tutti gli sposi che hanno fatto tanto cammino lungo la strada, siete i custodi della nostra memoria collettiva. Avremo sempre bisogno della vostra testimonianza piena di fede. E’ una risorsa preziosa per le giovani coppie, che guardano al futuro con emozione e speranza… e anche, forse, con un pizzico di ansia: come sarà questo futuro?
Ringrazio anche le giovani coppie che mi hanno rivolto alcune domande schiette. Non è facile rispondere a queste domande! Denis e Sinead stanno per imbarcarsi in un viaggio di amore che secondo il progetto di Dio comporta un impegno per tutta la vita. Hanno chiesto come possono aiutare altri a capire che il matrimonio non è semplicemente un’istituzione ma una vocazione, una vita che va avanti, una decisione consapevole e per tutta la vita di prendersi cura, aiutarsi e proteggersi a vicenda.
Certamente dobbiamo riconoscere che oggi non siamo abituati a qualcosa che realmente dura per tutta la vita. Noi viviamo una cultura del provvisorio, non siamo abituati. Se sento che ho fame o sete, posso nutrirmi, ma la mia sensazione di essere sazio non dura nemmeno un giorno. Se ho un lavoro, so che potrei perderlo contro la mia volontà o che potrei dover scegliere una carriera diversa. È difficile persino star dietro al mondo, in quanto tutto intorno a noi cambia, le persone vanno e vengono nelle nostre vite, le promesse vengono fatte ma spesso sono infrante o lasciate incompiute. Forse quello che mi state chiedendo è in realtà qualcosa di ancora più fondamentale: “Non c’è davvero niente di prezioso che possa durare?”. Questa è la domanda. Sembra che nessuna cosa bella, nessuna cosa preziosa duri. “Ma non c’è davvero qualcosa di prezioso che possa durare? Neanche l’amore?”. E c’è la tentazione che quel “per tutta la vita” che voi direte l’uno all’altro, si trasformi e, col tempo, muoia. Se l’amore non si fa crescere con l’amore, dura poco. Quel “per tutta la vita” è un impegno da far crescere l’amore, perché nell’amore non c’è il provvisorio. Se no si chiama entusiasmo, si chiama, non so, incantamento, ma l’amore amore è definitivo, è un “io e tu”. Come si dice da noi, è “la metà dell’arancia”: tu sei la mia metà arancia, io sono la tua metà arancia. L’amore è così: tutto e per tutta la vita. E’ facile rimanere prigionieri della cultura dell’effimero, e questa cultura aggredisce le radici stesse dei nostri processi di maturazione, della nostra crescita nella speranza e nell’amore. Come possiamo sperimentare, in questa cultura dell’effimero, ciò che veramente dura? Questa è una domanda forte: come possiamo sperimentare, in questa cultura dell’effimero, ciò che veramente dura?
Ecco quello che vorrei dirvi. Tra tutte le forme dell’umana fecondità, il matrimonio è unico. È un amore che dà origine a una nuova vita. Implica la mutua responsabilità nel trasmettere il dono divino della vita e offre un ambiente stabile nel quale la nuova vita può crescere e fiorire. Il matrimonio nella Chiesa, cioè il sacramento del matrimonio, partecipa in modo speciale al mistero dell’amore eterno di Dio. Quando un uomo e una donna cristiani si uniscono nel vincolo del matrimonio, la grazia di Dio li abilita a promettersi liberamente l’uno all’altro un amore esclusivo e duraturo. Così la loro unione diventa segno sacramentale – questo è importante: il sacramento del matrimonio – diventa segno sacramentale della nuova ed eterna alleanza tra il Signore e la sua sposa, la Chiesa. Gesù è sempre presente in mezzo a loro. Li sostiene nel corso della vita nel reciproco dono di sé, nella fedeltà e nell’unità indissolubile (cfr Gaudium et spes, 48). L’amore di Gesù per le coppie è una roccia, è un rifugio nei tempi di prova, ma soprattutto è fonte di crescita costante in un amore puro e per sempre. Fate scommesse forti, per tutta la vita. Rischiate! Perché il matrimonio è anche un rischio, ma è un rischio che vale la pena. Per tutta la vita, perché l’amore è così.
Sappiamo che l’amore è il sogno di Dio per noi e per l’intera famiglia umana. Per favore, non dimenticatelo mai! Dio ha un sogno per noi e chiede a noi di farlo proprio. Non abbiate paura di quel sogno! Sognate in grande! Fatene tesoro e sognatelo insieme ogni giorno nuovamente. In questo modo sarete in grado di sostenervi a vicenda con speranza, con forza e col perdono nei momenti in cui il percorso si fa arduo, diventa difficile scorgere la via. Nella Bibbia, Dio si impegna a rimanere fedele alla sua alleanza, anche quando noi lo rattristiamo e il nostro amore s’indebolisce. Cosa dice Dio nella Bibbia al suo popolo? Ascoltate bene: «Non ti lascerò e non ti abbandonerò» (Eb 13,5). E voi, come marito e moglie, ungetevi a vicenda con queste parole di promessa, ogni giorno per il resto della vita. E non smettete mai di sognare! Sempre ripetere nel cuore: “Non ti lascerò, non ti abbandonerò”.
Stephen e Jordan sono sposi novelli e hanno posto la domanda, molto importante, di come i genitori possono trasmettere la fede ai figli. So che la Chiesa qui in Irlanda ha accuratamente preparato programmi di catechesi per educare alla fede nelle scuole e nelle parrocchie. Ciò è certamente essenziale. Ma il primo e più importante luogo per far passare la fede è la casa: si impara a credere a casa, attraverso il calmo e quotidiano esempio di genitori che amano il Signore e confidano nella sua parola. Lì, nella casa, che possiamo chiamare la “Chiesa domestica”, i figli imparano il significato della fedeltà, dell’onestà e del sacrificio. Vedono come mamma e papà si comportano tra di loro, come si prendono cura l’uno dell’altro e degli altri, come amano Dio e la Chiesa. Così i figli possono respirare l’aria fresca del Vangelo e imparare a comprendere, giudicare e agire in modo degno della fede che hanno ereditato. La fede, fratelli e sorelle, viene trasmessa intorno alla tavola domestica, a casa, nella conversazione ordinaria, attraverso il linguaggio che solo l’amore perseverante sa parlare. Non dimenticatevi mai, fratelli e sorelle: la fede si trasmette in dialetto! Il dialetto della casa, il dialetto della vita domestica, lì, della vita di famiglia. Pensate ai sette fratelli Maccabei, come la madre parlava loro “in dialetto”, cioè a quello che da piccoli avevano imparato su Dio. E’ più difficile ricevere la fede – si può fare, ma è più difficile – se non è stata ricevuta in quella lingua materna, a casa, in dialetto. Io sono tentato di parlare di un’esperienza mia, da bambino… Se serve, la dico. Ricordo una volta – avrò avuto cinque anni –, sono entrato a casa e lì, nella sala da pranzo, papà arrivava dal lavoro, in quel momento, prima di me, e ho visto papà e mamma che si baciavano. Non lo dimentico mai! Che cosa bella! Stanco del lavoro, ma ha avuto la forza di esprimere l’amore a sua moglie! Che i vostri figli vi vedano così, che vi accarezzate, vi baciate, vi abbracciate; questo è bellissimo, perché così imparano questo dialetto dell’amore, e la fede, in questo dialetto dell’amore.
Dunque, è importante pregare insieme in famiglia; parlate di cose buone e sante; e lasciate che Maria nostra Madre entri nella vostra vita, la vita familiare. Celebrate le feste cristiane: che i vostri figli sappiano che cosa è una festa in famiglia. Vivete in profonda solidarietà con quanti soffrono e sono ai margini della società, e che i figli imparino. Un altro aneddoto. Ho conosciuto una signora che aveva tre figli, di sette, cinque e tre anni più o meno; erano bravi coniugi, avevano tanta fede e insegnavano ai figli ad aiutare i poveri, perché loro li aiutavano tanto. E una volta erano a pranzo, la mamma con i tre figli – il papà era al lavoro. Bussano alla porta, e il più grande va ad aprire, poi torna e dice: “Mamma, c’è un povero che chiede da mangiare”. Stavano mangiando bistecche alla milanese, impanate – sono buonissime! [ridono] – e la mamma domanda ai figli: “Cosa facciamo?”. Tutti e tre: “Sì, mamma, dagli qualcosa”. C’erano anche alcune bistecche avanzate, ma la mamma prende un coltello e comincia a tagliare a metà ciascuna di quelle figli. E i figli: “No, mamma, dagli quelle, non della nostra!” – “Ah no: ai poveri dai del tuo, non di quello che avanza!”. Così quella donna di fede ha insegnato ai suoi figli a dare del proprio ai poveri. Ma tutte queste cose si possono fare a casa, quando c’è l’amore, quando c’è la fede, quando si parla quel dialetto di fede. Insomma, i vostri figli impareranno da voi come vivere da cristiani; voi sarete i loro primi maestri nella fede, i trasmettitori della fede.
Le virtù e le verità che il Signore ci insegna non sono sempre popolari nel mondo di oggi – a volte, il Signore chiede cose che non sono popolari – il mondo di oggi ha scarsa considerazione per i deboli, i vulnerabili e per tutti coloro che ritiene “improduttivi”. Il mondo ci dice di essere forti e indipendenti, curandosi poco di quanti sono soli o tristi, rifiutati o ammalati, non ancora nati o moribondi. Tra poco andrò privatamente a incontrare alcune famiglie che affrontano sfide serie e disagi reali, ma a cui i Padri Cappuccini dimostrano amore e sostegno. Il nostro mondo ha bisogno di una rivoluzione dell’amore! La “bufera” che noi viviamo è piuttosto di egoismo, di interessi personali… il mondo ha bisogno di una rivoluzione dell’amore. Che questa rivoluzione inizi da voi e dalle vostre famiglie!
Qualche mese fa qualcuno mi ha detto che stiamo perdendo la nostra capacità di amare. Lentamente ma decisamente stiamo dimenticando il linguaggio diretto di una carezza, la forza della tenerezza. Sembra che la parola tenerezza sia stata tolta dal dizionario. Non ci potrà essere una rivoluzione di amore senza la rivoluzione della tenerezza! Col vostro esempio, possano i vostri figli essere guidati a diventare una generazione più premurosa, amorevole, ricca di fede, per il rinnovamento della Chiesa e di tutta la società irlandese.
Così il vostro amore, che è dono di Dio, affonderà radici ancora più profonde. Nessuna famiglia può crescere se dimentica le proprie radici. I bambini non crescono nell’amore se non imparano a comunicare con i loro nonni. Dunque lasciate che il vostro amore affondi radici profonde! Non dimentichiamo che «tutto ciò che sull’albero è fiorito / vive di ciò che giace sotterrato» (F.L. Bernárdez, sonetto Si para recobrar lo recobrado). Così dice una poesia argentina, permettetemi la pubblicità.
Insieme al Papa, possano le famiglie di tutta la Chiesa, rappresentate questo pomeriggio dalle coppie anziane e giovani, ringraziare Dio per il dono della fede e la grazia del matrimonio cristiano. Da parte nostra, ci impegniamo con il Signore a servire la venuta del suo regno di santità, giustizia e pace con la fedeltà alle promesse che abbiamo fatto e con la costanza nell’amore!
Grazie per questo incontro!
E adesso, vi invito a pregare insieme la preghiera per il Meeting delle famiglie. Poi vi darò la benedizione. E vi chiedo di pregare per me, non dimenticatelo!
Visita al Centro di accoglienza per famiglie senzatetto (Centro di accoglienza dei Padri Cappuccini – Dublino)
Caro fratello, caro vescovo, cari fratelli Cappuccini, e voi tutti fratelli e sorelle!
Lei [il Padre Cappuccino che ha fatto la presentazione] ha detto che i Cappuccini sono noti come i frati del popolo, vicini al popolo, e questo è vero. E se qualche volta qualche comunità cappuccina si allontana dal popolo di Dio, cade. Voi avete una speciale sintonia con il popolo di Dio, anzi, con i poveri. Voi avete la grazia di contemplare le piaghe di Gesù nelle persone che hanno bisogno, che soffrono, che non sono felici o che non hanno nulla, o sono pieni di vizi e di difetti. Per voi è la carne di Cristo. Questa è la vostra testimonianza e la Chiesa ha bisogno di questa testimonianza. Grazie.
Un’altra cosa, poi parlerò a voi [rivolto ai poveri]. Un’altra cosa che Lei ha detto e che mi ha toccato il cuore: che qui voi non domandate nulla. E’ Gesù che viene [nei poveri]. Non domandate nulla. Accettate la vita come viene, date consolazione e, se ce n’è bisogno, perdonate. Questo mi fa pensare – come un rimprovero – ai preti che invece vivono facendo domande sulla vita altrui e che nella Confessione scavano, scavano, scavano nelle coscienze… La vostra testimonianza insegna ai sacerdoti ad ascoltare, a essere vicini, perdonare e non domandare troppo. Essere semplici, come Gesù ha detto che fece quel padre, che quando il figlio tornò pieno di peccati e di vizi, il Padre non si sedette in confessionale incominciando a domandare, domandare, domandare; accettò il pentimento del figlio e lo abbracciò. Che la vostra testimonianza al popolo di Dio, e questo cuore capace di perdonare senza far soffrire, arrivino a tutti i preti. Grazie!
E voi, cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per l’amore e la fiducia che avete con i padri Cappuccini, grazie perché venite con fiducia! Vi dirò una cosa: sapete perché venite con fiducia? Perché loro vi aiutano senza togliervi la dignità. Per loro, ognuno di voi è Gesù Cristo. Grazie per la fiducia che date a noi. Voi siete la Chiesa, siete il popolo di Dio. Gesù è con voi. Loro vi daranno le cose di cui voi avete bisogno, ma ascoltate i consigli che loro vi danno: sempre vi consiglieranno bene. E se avete qualcosa, qualche dubbio, qualche dolore, parlate con loro, e vi consiglieranno bene. Voi sapete che vi vogliono bene: altrimenti, questa opera qui non ci sarebbe. Grazie per la fiducia. E un’ultima cosa: pregate. Pregate per la Chiesa. Pregate per i sacerdoti. Pregate per i Cappuccini. Pregate per i vescovi, per il vostro Vescovo. E pregate anche per me… mi permetto di chiedere un po’. Pregate per i sacerdoti, non dimenticatevi.
Grazie tante! Adesso ognuno di voi entri nel proprio cuore e pensi alle persone care, perché darò la benedizione anche a loro, a voi e a loro. E facciamo un passo in più: se qualcuno di voi ha un nemico o qualcuno a cui non vuole bene, mettete nel cuore anche lui, così riceverà la benedizione.
God bless you all, the Father, the Son and the Holy Spirit.
Thank you very much.
Festa delle famiglie (Croke Park Stadium – Dublino)
Cari fratelli e sorelle, buonasera!
Vi ringrazio per il vostro caloroso benvenuto. E’ bello essere qui! E’ bello celebrare, perché ci rende più umani e più cristiani. Ci aiuta anche a condividere la gioia di sapere che Gesù ci ama, ci accompagna nel viaggio della vita e ogni giorno ci attira più vicini a sé.
In ogni celebrazione familiare, si avverte la presenza di tutti: padri, madri, nonni, nipoti, zii e zie, cugini, chi non è potuto venire e chi vive troppo lontano, tutti. Oggi a Dublino siamo riuniti per una celebrazione familiare di ringraziamento a Dio per quello che siamo: una sola famiglia in Cristo, diffusa su tutta la terra. La Chiesa è la famiglia dei figli di Dio. Una famiglia in cui si gioisce con quelli che sono nella gioia e si piange con quelli che sono nel dolore o si sentono buttati a terra dalla vita. Una famiglia in cui si ha cura di ciascuno, perché Dio nostro Padre ci ha resi tutti suoi figli nel Battesimo. Ecco perché continuo a incoraggiare i genitori a far battezzare i figli appena possibile, perché diventino parte della grande famiglia di Dio. C’è bisogno di invitare ciascuno alla festa, anche il bambino piccolo! E per questo va battezzato presto. E c’è un’altra cosa: se il bambino da piccolo è battezzato, entra nel suo cuore lo Spirito Santo. Facciamo una comparazione: un bambino senza Battesimo, perché i genitori dicono: “No, quando sarà grande”, e un bambino con il Battesimo, con lo Spirito Santo dentro: questo è più forte, perché ha la forza di Dio dentro!
Voi, care famiglie, siete la grande maggioranza del Popolo di Dio. Che aspetto avrebbe la Chiesa senza di voi? Una Chiesa di statue, una Chiesa di persone sole… E’ per aiutarci a riconoscere la bellezza e l’importanza della famiglia, con le sue luci e le sue ombre, che è stata scritta nell’Esortazione Amoris laetitia sulla gioia dell’amore, e ho voluto che il tema di questo Incontro Mondiale delle Famiglie fosse “Il Vangelo della famiglia, gioia per il mondo”. Dio desidera che ogni famiglia sia un faro che irradia la gioia del suo amore nel mondo. Che cosa significa? Significa che noi, dopo aver incontrato l’amore di Dio che salva, proviamo, con o senza parole, a manifestarlo attraverso piccoli gesti di bontà nella routine quotidiana e nei momenti più semplici della giornata.
E questo come si chiama? Questo si chiama santità. Mi piace parlare dei santi “della porta accanto”, di tutte quelle persone comuni che riflettono la presenza di Dio nella vita e nella storia del mondo (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 6-7). La vocazione all’amore e alla santità non è qualcosa di riservato a pochi privilegiati, no. Anche ora, se abbiamo occhi per vedere, possiamo scorgerla attorno a noi. E’ silenziosamente presente nel cuore di tutte quelle famiglie che offrono amore, perdono, misericordia quando vedono che ce n’è bisogno, e lo fanno tranquillamente, senza squilli di trombe. Il Vangelo della famiglia è veramente gioia per il mondo, dal momento che lì, nelle nostre famiglie, Gesù può sempre essere trovato; lì dimora in semplicità e povertà, come fece nella casa della Santa Famiglia di Nazaret.
Il matrimonio cristiano e la vita familiare vengono compresi in tutta la loro bellezza e attrattiva se sono ancorati all’amore di Dio, che ci ha creato a sua immagine, così che noi potessimo dargli gloria come icone del suo amore e della sua santità nel mondo. Papà e mamme, nonni e nonne, figli e nipoti: tutti, tutti chiamati a trovare, nella famiglia, il compimento dell’amore. La grazia di Dio aiuta ogni giorno a vivere con un cuore solo e un’anima sola. Anche le suocere e le nuore! Nessuno dice che sia facile, voi lo sapete meglio di me. È come preparare un tè: è facile far bollire l’acqua, ma una buona tazza di tè richiede tempo e pazienza; c’è bisogno di lasciare in infusione! Così giorno dopo giorno Gesù ci riscalda col suo amore facendo in modo che penetri tutto il nostro essere. Dal tesoro del suo Sacro Cuore, riversa su di noi la grazia che ci occorre per guarire le nostre infermità e aprire la mente e il cuore ad ascoltarci, capirci e perdonarci gli uni gli altri.
Abbiamo appena ascoltato le testimonianze di Felicité, Isaac e Ghislain, che vengono dal Burkina Faso. Ci hanno raccontato una storia commovente di perdono in famiglia. Il poeta diceva che «errare è umano, perdonare è divino». Ed è vero: il perdono è un dono speciale di Dio che guarisce le nostre ferite e ci avvicina agli altri e a lui. Piccoli e semplici gesti di perdono, rinnovati ogni giorno, sono il fondamento sul quale si costruisce una solida vita familiare cristiana. Ci obbligano a superare l’orgoglio, il distacco e l’imbarazzo a fare pace. Tante volte siamo arrabbiati tra di noi e vogliamo fare la pace, ma non sappiamo come. E’ un imbarazzo a fare la pace, ma vogliamo farla! Non è difficoltoso. E’ facile. Fai una carezza, e così è fatta la pace! E’ vero, mi piace dire che nelle famiglie abbiamo bisogno di imparare tre parole – tu [Ghislain] le hai dette – tre parole: “scusa”, “per favore” e “grazie”. Tre parole. Come erano le tre parole? Tutti: [Sorry, please, thank you] Another time: [Sorry, please, thank you] Non sento… [Sorry, please, thank you] Thank you very much! Quando litighi a casa, assicurati, prima di andare a letto, di aver chiesto scusa e di aver detto che ti dispiace. Prima che finisca la giornata, fare la pace. E sapete perché è necessario fare la pace prima di finire al giornata? Perché se non fai la pace, il giorno dopo, la “guerra fredda” è molto pericolosa! State attenti alla guerra fredda nella famiglia! Ma forse a volte tu sei arrabbiato e sei tentato di andare a dormire in un’altra stanza, solo e appartato; se ti senti così, semplicemente bussa alla porta e di’: “Per favore, posso entrare?”. Quel che serve è uno sguardo, un bacio, una parola dolce… e tutto ritorna come prima! Dico questo perché, quando le famiglie lo fanno, sopravvivono. Non esiste una famiglia perfetta; senza l’abitudine al perdono, la famiglia cresce malata e gradualmente crolla.
Perdonare vuol dire donare qualcosa di sé. Gesù ci perdona sempre. Con la forza del suo perdono, anche noi possiamo perdonare gli altri, se davvero lo vogliamo. Non è quello per cui preghiamo, quando diciamo il Padre nostro? I figli imparano a perdonare quando vedono che i genitori si perdonano tra loro. Se capiamo questo, possiamo apprezzare la grandezza dell’insegnamento di Gesù circa la fedeltà nel matrimonio. Lungi dall’essere un freddo obbligo legale, si tratta soprattutto di una potente promessa della fedeltà di Dio stesso alla sua parola e alla sua grazia senza limiti. Cristo è morto per noi perché noi a nostra volta possiamo perdonarci e riconciliarci gli uni gli altri. In questo modo, come persone e come famiglie, impariamo a comprendere la verità di quelle parole di San Paolo: mentre tutto passa, «la carità non avrà mai fine» (1 Cor 13,8).
Grazie Nisha e Ted per le vostre testimonianze dall’India, dove state insegnando ai vostri figli a essere una vera famiglia. Ci avete anche aiutato a capire che i social media non sono necessariamente un problema per le famiglie, ma possono contribuire a costruire una “rete” di amicizie, solidarietà e mutuo sostegno. Le famiglie possono connettersi attraverso internet e trarne beneficio. I social media possono essere benefici se usati con moderazione e prudenza. Ad esempio, voi, che partecipate a questo Incontro Mondiale delle Famiglie, formate una “rete” spirituale, una trama di amicizia; e i social media possono aiutarvi a mantenere questo legame e allargarlo ad altre famiglie in tante parti del mondo. È importante, tuttavia, che questi mezzi non diventino mai una minaccia alla vera rete di relazioni di carne e sangue, imprigionandoci in una realtà virtuale e isolandoci dai rapporti concreti che ci stimolano a dare il meglio di noi stessi in comunione con gli altri. Forse la storia di Ted e Nisha può aiutare tutte le famiglie a interrogarsi sul bisogno di ridurre il tempo che spendono per questi mezzi tecnologici, e di spendere più tempo di qualità tra di loro e con Dio. Ma quando tu usi troppo i social media, tu “entri in orbita”. Quando, a tavola, invece di parlare in famiglia ognuno ha il telefonino e si connette fuori, è “in orbita”. Ma questo è pericoloso. Perché? Perché ti toglie dal concreto della famiglia e ti porta a una vita “gassosa”, senza consistenza. State attenti a questo. Ricordate la storia di Ted e Nisha, che ci insegnano a usare bene i social media.
Abbiamo sentito da Enass e Sarmaad come l’amore e la fede in famiglia possano essere sorgenti di forza e di pace persino in mezzo alla violenza e alla distruzione, causate da guerra e persecuzione. La loro storia ci riporta alle tragiche situazioni che quotidianamente patiscono tante famiglie costrette ad abbandonare le loro case in cerca di sicurezza e di pace. Ma Enass e Sarmaad ci hanno indicato anche come, a partire dalla famiglia e grazie alla solidarietà mostrata da molte altre famiglie, la vita può essere ricostruita e la speranza può rinascere. Abbiamo visto questo supporto nel video di Rammy e suo fratello Meelad, in cui Rammy ha espresso profonda gratitudine per l’incoraggiamento e per l’aiuto che la loro famiglia ha ricevuto da tante altre famiglie cristiane di tutto il mondo, che hanno reso loro possibile di ritornare nei loro villaggi. In ogni società le famiglie generano pace, perché insegnano l’amore, l’accoglienza, il perdono, i migliori antidoti contro l’odio, il pregiudizio e la vendetta che avvelenano la vita di persone e di comunità.
Come un bravo prete irlandese ha insegnato, «la famiglia che prega insieme rimane insieme», e irradia pace. Una tale famiglia può essere un sostegno speciale per altre famiglie che non vivono in pace. Dopo la morte di Padre Ganni, Enass, Sarmaad e le loro famiglie hanno scelto il perdono e la riconciliazione piuttosto che l’odio e il rancore. Hanno visto, alla luce della Croce, che il male si può contrastare solo col bene e l’odio superare solo col perdono. In modo quasi incredibile, sono stati capaci di trovare pace nell’amore di Cristo, un amore che fa nuove tutte le cose. E questa sera condividono questa pace con noi. Hanno pregato. La preghiera, pregare insieme. Mentre ascoltavo il coro, ho visto lì una mamma che insegnava al figlio a fare il segno della croce. Vi domando: voi insegnate ai bambini a fare il segno della croce? Sì o no? [Yes] O insegnate a fare qualcosa così [fa un gesto veloce], che non si capisce cosa sia? E’ molto importante che i bambini da piccolini imparino a fare bene il segno della croce: è il primo Credo che imparano, il Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Questa sera, prima di andare a letto, voi genitori domandatevi: insegno ai miei figli a fare bene il segno della croce? Pensateci, è cosa vostra!
L’amore di Cristo che rinnova ogni cosa è ciò che rende possibile il matrimonio e un amore coniugale contraddistinto da fedeltà, indissolubilità, unità e apertura alla vita. E’ quanto si vede nel quarto capitolo di Amoris laetitia. Abbiamo visto questo amore in Mary e Damian e nella loro famiglia con dieci figli. Vi domando [rivolto a Mary e Damian]: vi fanno arrabbiare, i figli? Eh, la vita è così! Ma è bello avere dieci figli. Thank you. Grazie per le vostre parole e per la vostra testimonianza di amore e di fede! Voi avete sperimentato la capacità dell’amore di Dio di trasformare completamente la vostra vita e di benedirvi con la gioia di una bella famiglia. Ci avete detto che la chiave della vostra vita familiare è la sincerità. Capiamo dal vostro racconto quant’è importante continuare ad andare a quella fonte della verità e dell’amore che può trasformare la nostra vita. Chi è? Gesù, che inaugurò il suo ministero pubblico proprio a una festa di nozze. Lì, a Cana, cambiò l’acqua in un nuovo e buon vino che consentì di proseguire magnificamente la gioiosa celebrazione. Ma, avete pensato voi, cosa sarebbe successo se Gesù non avesse fatto questo? Avete pensato come è brutto finire una festa di nozze con l’acqua soltanto? E’ brutto! La Madonna ha capito e ha detto al Figlio: “Non hanno vino”. E Gesù ha capito che la festa sarebbe finita male solo con l’acqua. Così è con l’amore coniugale. Il vino nuovo comincia a fermentare durante il tempo del fidanzamento, necessario ma passeggero, e matura lungo la vita matrimoniale in un mutuo dono di sé, che rende gli sposi capaci di diventare, da due, “una sola carne”. E anche di aprire a loro volta i cuori a chi ha bisogno di amore, specialmente a chi è solo, abbandonato, debole e, in quanto vulnerabile, spesso accantonato dalla cultura dello scarto. Questa cultura che viviamo oggi, che scarta tutto: scarta tutto quello che non serve, scarta i bambini perché danno fastidio, scarta i vecchi perché non servono… Soltanto l’amore ci salva da questa cultura dello scarto.
Le famiglie sono ovunque chiamate a continuare a crescere e andare avanti, pur in mezzo a difficoltà e limiti, proprio come hanno fatto le generazioni passate. Tutti siamo parte di una grande catena di famiglie, che risale all’inizio dei tempi. Le nostre famiglie sono tesori viventi di memoria, con i figli che a loro volta diventano genitori e poi nonni. Da loro riceviamo l’identità, i valori e la fede. Lo abbiamo visto in Aldo e Marissa, sposi da più di cinquant’anni. Il loro matrimonio è un monumento all’amore e alla fedeltà! I loro nipotini li mantengono giovani; la loro casa è piena di allegria, di felicità e di balli. Era bello vedere [nel video] la nonna insegnare a ballare alle nipotine! Il loro amore vicendevole è un dono di Dio, un dono che stanno trasmettendo con gioia ai loro figli e nipoti.
Una società – ascoltate bene questo! – una società che non valorizza i nonni è una società senza futuro. Una Chiesa che non ha a cuore l’alleanza tra generazioni finirà per mancare di ciò che veramente conta, l’amore. I nostri nonni ci insegnano il significato dell’amore coniugale e genitoriale. Loro stessi sono cresciuti in una famiglia e hanno sperimentato l’affetto di figli e figlie, di fratelli e sorelle. Per questo costituiscono un tesoro di esperienza, un tesoro di sapienza per le nuove generazioni. E’ un grande errore non domandare agli anziani le loro esperienze o pensare che parlare con loro sia una perdita di tempo. A questo riguardo vorrei ringraziare Missy per la sua testimonianza. Lei ci ha detto che, tra i nomadi, la famiglia è sempre stata una fonte di forza e di solidarietà. La sua testimonianza ci ricorda che, nella casa di Dio, c’è un posto alla mensa per tutti. Nessuno dev’essere escluso; il nostro amore e la nostra attenzione devono estendersi a tutti.
E’ tardi e siete stanchi! Anch’io! Ma lasciate che vi dica un’ultima cosa. Voi, famiglie, siete la speranza della Chiesa e del mondo! Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, ha creato l’umanità a sua immagine e somiglianza per farla partecipe del suo amore, perché fosse una famiglia di famiglie e godesse quella pace che Lui solo può dare. Con la vostra testimonianza al Vangelo, potete aiutare Dio a realizzare il suo sogno. Potete contribuire a far riavvicinare tutti i figli di Dio, perché crescano nell’unità e imparino cosa significa per il mondo intero vivere in pace come una grande famiglia. Per questo motivo, ho desiderato consegnare a ciascuno di voi una copia di Amoris laetitia, preparata nei due Sinodi sulla famiglia e scritta perché fosse una sorta di guida per vivere con gioia il Vangelo della famiglia. Maria nostra Madre, Regina della famiglia e della pace, sostenga tutti voi nel viaggio della vita, dell’amore e della felicità!
E ora, a conclusione della nostra serata, reciteremo la preghiera di questo Incontro delle Famiglie. Tutti insieme recitiamo la preghiera ufficiale dell’Incontro delle Famiglie: [grandi applausi]
God, our Father, …
Preghiera e Benedizione (in inglese)
Buonanotte, dormite bene! E a domani!
Angelus (Spianata del Santuario di Knock – domenica 26 agosto 2018)
Cari fratelli e sorelle,
sono contento di essere qui con voi. Sono contento di essere con voi nella Casa della Madonna. E rendo grazie a Dio per l’opportunità di visitare, nel contesto dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, questo Santuario così caro al popolo irlandese. Ringrazio l’Arcivescovo Neary e il Rettore, Padre Gibbons, per il loro cordiale benvenuto.
Nella Cappella dell’Apparizione ho affidato all’amorevole intercessione della Madonna tutte le famiglie del mondo e, in modo speciale, le vostre famiglie, le famiglie irlandesi. Maria nostra Madre conosce le gioie e le fatiche che si sperimentano in ogni casa. Tenendole nel suo Cuore immacolato, le presenta con amore al trono del suo Figlio.
A ricordo della mia visita, ho portato in dono un Rosario. So quanto è importante in questo Paese la tradizione del Rosario familiare. Mi raccomando: continuate con questa tradizione. Quanti cuori di padri, madri e figli hanno attinto consolazione e forza nel corso degli anni meditando sulla partecipazione della Madonna ai misteri gaudiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi della vita di Cristo!
Maria è Madre. Maria è nostra Madre, è anche la Madre della Chiesa, ed è a lei che affidiamo oggi il cammino del popolo fedele di Dio in questa “Isola di smeraldo”. Chiediamo che le famiglie siano sostenute nel loro impegno di diffondere il Regno di Cristo e di prendersi cura degli ultimi tra i nostri fratelli e sorelle. Fra i venti e le tempeste che imperversano sui nostri tempi, siano le famiglie baluardi di fede e di bontà che, secondo le migliori tradizioni della nazione, resistono a tutto ciò che vorrebbe sminuire la dignità dell’uomo e della donna creati a immagine di Dio e chiamati al sublime destino della vita eterna.
La Madonna guardi con misericordia tutti i membri sofferenti della famiglia del suo Figlio. Pregando davanti alla sua statua, le ho presentato, in particolare, tutti i sopravvissuti vittime di abusi da parte di membri della Chiesa in Irlanda. Nessuno di noi può esimersi dal commuoversi per le storie di minori che hanno patito abusi, che sono stati derubati dell’innocenza o che sono stati allontanati dalle mamme, e abbandonati allo sfregio di dolorosi ricordi. Questa piaga aperta ci sfida ad essere fermi e decisi nella ricerca della verità e della giustizia. Imploro il perdono del Signore per questi peccati, per lo scandalo e il tradimento avvertiti da tanti nella famiglia di Dio. Chiedo alla nostra Madre Beata di intercedere per tutte le persone sopravvissute di abusi di qualsiasi tipo e di confermare ogni membro della famiglia cristiana nel risoluto proposito di non permettere mai più che queste situazioni accadano; e anche di intercedere per tutti noi, perché possiamo procedere sempre con giustizia e riparare, in quanto da noi dipenda, tanta violenza.
Il mio pellegrinaggio a Knock mi permette anche di rivolgere un cordiale saluto all’amata gente dell’Irlanda del Nord. Sebbene il mio viaggio per l’Incontro Mondiale delle Famiglie non includa una visita al Nord, vi assicuro il mio affetto e la mia vicinanza nella preghiera. Chiedo alla Madonna di sostenere tutti i membri della famiglia irlandese perché perseverino, come fratelli e sorelle, nell’opera di riconciliazione. Con gratitudine per i progressi ecumenici e per la significativa crescita di amicizia e collaborazione tra le comunità cristiane, prego perché tutti i discepoli di Cristo portino avanti con costanza gli sforzi per far progredire il processo di pace e costruire una società armoniosa e giusta per i figli di oggi, siano cristiani, siano musulmani, siano ebrei, siano di qualsiasi fede: figli dell’Irlanda.
Ed ora, con queste intenzioni e con tutte quelle che portiamo nel cuore, rivolgiamoci alla Beata Vergine Maria con la preghiera dell’Angelus.
Dopo l’Angelus
Desidero rivolgere uno speciale saluto agli uomini e alle donne che sono in carcere in questo Paese, e ringraziare in particolare quanti tra loro mi hanno scritto avendo saputo che sarei venuto in Irlanda. Vorrei dirvi: vi sono vicino, molto vicino. Assicuro a voi e ai vostri familiari la mia vicinanza e la mia preghiera. Maria Madre di Misericordia vegli su di voi e vi rafforzi nella fede e nella speranza. Grazie!
Atto penitenziale e omelia nella Messa (Phoenix Park – Dublino)
Ieri mi sono incontrato con otto persone sopravvissute di abusi di potere, di coscienza e sessuali. Raccogliendo quello che mi hanno detto, vorrei porre davanti alla misericordia del Signore questi crimini e chiederne perdono.
Chiediamo perdono per gli abusi in Irlanda, abusi di potere e di coscienza, abusi sessuali da parte di membri qualificati della Chiesa. In modo speciale chiediamo perdono per tutti gli abusi commessi in diversi tipi di istituzioni dirette da religiosi e da religiose e da altri membri della Chiesa. E chiediamo perdono per i casi di sfruttamento lavorativo a cui sono stati sottoposti tanti minori.
Chiediamo perdono per le volte in cui come Chiesa non abbiamo offerto ai sopravvissuti di qualsiasi tipo di abuso compassione, ricerca di giustizia e di verità, con azioni concrete. Chiediamo perdono.
Chiediamo perdono per alcuni membri della gerarchia che non si sono fatti carico di queste situazioni dolorose e che sono rimasti in silenzio. Chiediamo perdono.
Chiediamo perdono per i bambini che sono stati tolti alle loro mamme, e per tutte quelle volte in cui si diceva a tante ragazze-madri che provavano a cercare i loro figli dai quali erano state separate, o ai figli, che cercavano le loro mamme, si diceva che era peccato mortale: questo non è peccato mortale, è il quarto comandamento. Chiediamo perdono.
Il Signore mantenga e faccia crescere questo stato di vergogna e di pentimento, e ci dia la forza per impegnarci affinché mai più accadano queste cose e perché si faccia giustizia. Amen.
«Tu hai parole di vita eterna!» (Gv 6,68).
A conclusione di questo Incontro Mondiale delle Famiglie, ci riuniamo come famiglia attorno alla mensa del Signore. Ringraziamo il Signore per le tante benedizioni ricevute nelle nostre famiglie. Vogliamo impegnarci a vivere pienamente la nostra vocazione per essere, secondo le toccanti parole di Santa Teresa di Gesù Bambino, “l’amore nel cuore della Chiesa”.
In questo prezioso momento di comunione gli uni con gli altri e con il Signore, è bene fare una sosta e considerare la fonte di tutte le cose buone che abbiamo ricevuto. Gesù rivela l’origine di queste benedizioni nel Vangelo di oggi, quando parla ai suoi discepoli. Molti di loro erano sconvolti, confusi e anche arrabbiati, dibattuti se accettare le sue “parole dure”, così contrarie alla sapienza di questo mondo. In risposta, il Signore dice loro direttamente: «Le parole che vi ho detto sono spirito e vita» (Gv 6,63).
Queste parole, con la loro promessa del dono dello Spirito Santo, sono traboccanti di vita per noi che le accogliamo nella fede. Esse indicano la fonte ultima di tutto il bene che abbiamo sperimentato e celebrato qui in questi giorni: lo Spirito di Dio, che costantemente soffia nuova vita sul mondo, nei cuori, nelle famiglie, nelle case e nelle parrocchie. Ogni nuovo giorno nella vita delle nostre famiglie, e ogni nuova generazione, porta con sé la promessa di una nuova Pentecoste, una Pentecoste domestica, una nuova effusione dello Spirito, il Paraclito, che Gesù ci manda come nostro Avvocato, nostro Consolatore e Colui che veramente ci dà coraggio.
Quanto ha bisogno il mondo di questo incoraggiamento che è dono e promessa di Dio! Come uno dei frutti di questa celebrazione della vita familiare, possiate tornare alle vostre case e diventare fonte di incoraggiamento per gli altri, per condividere con loro “le parole di vita eterna” di Gesù. Le vostre famiglie infatti sono sia un luogo privilegiato sia un importante mezzo per diffondere quelle parole come “buone notizie” per ciascuno, specialmente per quelli che desiderano lasciare il deserto e la “casa di schiavitù” (cfr Gs 24,17) per andare verso la terra promessa della speranza e della libertà.
Nella seconda lettura odierna, San Paolo ci dice che il matrimonio è una partecipazione al mistero della perenne fedeltà di Cristo alla sua sposa, la Chiesa (cfr Ef 5,32). Tuttavia questo insegnamento, seppure magnifico, può apparire a qualcuno come una “parola dura”. Perché vivere nell’amore, come Cristo ci ha amato (cfr Ef 5,2), comporta l’imitazione del suo stesso sacrificio di sé, comporta morire a noi stessi per rinascere a un amore più grande e più duraturo. Quell’amore che solo può salvare il mondo dalla schiavitù del peccato, dall’egoismo, dall’avidità e dall’indifferenza verso i bisogni dei meno fortunati. Questo è l’amore che abbiamo conosciuto in Gesù Cristo. Esso si è incarnato nel nostro mondo mediante una famiglia, e mediante la testimonianza delle famiglie cristiane in ogni generazione ha il potere di infrangere ogni barriera per riconciliare il mondo con Dio e fare di noi ciò che da sempre siamo destinati a essere: un’unica famiglia umana che vive insieme nella giustizia, nella santità, nella pace.
Il compito di dare testimonianza a questa Buona Notizia non è facile. Tuttavia, le sfide che i cristiani oggi hanno di fronte sono, a loro modo, non meno difficili di quelle che dovettero affrontare i primi missionari irlandesi. Penso a San Colombano, che col suo piccolo gruppo di compagni portò la luce del Vangelo nelle terre europee in un’epoca di oscurità e di decadenza culturale. Il loro straordinario successo missionario non era basato su metodi tattici o piani strategici, no, ma su una umile e liberante docilità ai suggerimenti dello Spirito Santo. Fu la loro quotidiana testimonianza di fedeltà a Cristo e tra di loro che conquistò i cuori che desideravano ardentemente una parola di grazia e che contribuì a far nascere la cultura europea. Tale testimonianza rimane una perenne fonte di rinnovamento spirituale e missionario per il popolo santo e fedele di Dio.
Naturalmente, ci saranno sempre persone che si opporranno alla Buona Notizia, che “mormoreranno” contro le sue “parole dure”. Tuttavia, come San Colombano e i suoi compagni, che affrontarono acque ghiacciate e mari tempestosi per seguire Gesù, non lasciamoci mai influenzare o scoraggiare dallo sguardo gelido dell’indifferenza o dai venti burrascosi dell’ostilità.
Tuttavia, riconosciamo umilmente che, se siamo onesti con noi stessi, possiamo anche noi trovare duri gli insegnamenti di Gesù. Quanto è sempre difficile perdonare quelli che ci feriscono! Che sfida è sempre quella di accogliere il migrante e lo straniero! Com’è doloroso sopportare la delusione, il rifiuto, il tradimento! Quanto è scomodo proteggere i diritti dei più fragili, dei non ancora nati o dei più anziani, che sembrano disturbare il nostro senso di libertà.
Tuttavia, è proprio in quelle circostanze che il Signore ci chiede: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). Con la forza dello Spirito che ci incoraggia e con il Signore sempre al nostro fianco, possiamo rispondere: «Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (v. 69). Con il popolo d’Israele, possiamo ripetere: «Anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio» (Gs24,18).
Con i sacramenti del Battesimo e della Confermazione, ogni cristiano viene inviato per essere un missionario, un “discepolo missionario” (cfr Evangelii gaudium, 120). La Chiesa nel suo insieme è chiamata ad “uscire” per portare le parole di vita eterna alle periferie del mondo. Possa questa nostra celebrazione di oggi confermare ciascuno di voi, genitori e nonni, bambini e giovani, uomini e donne, frati e suore, contemplativi e missionari, diaconi e sacerdoti e vescovi, nel condividere la gioia del Vangelo! Possiate condividere il Vangelo della famiglia come gioia per il mondo!
Nel prepararci a riprendere ciascuno la propria strada, rinnoviamo la nostra fedeltà al Signore e alla vocazione alla quale ha chiamato ciascuno di noi. Facendo nostra la preghiera di San Patrizio, ripetiamo ciascuno con gioia: “Cristo dentro di me, Cristo dietro di me, Cristo accanto a me, Cristo sotto di me, Cristo sopra di me” [lo ripete in gaelico]. Con la gioia e la forza conferita dallo Spirito Santo, diciamogli con fiducia: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).
Incontro con i Vescovi (Convento delle Suore Domenicane – Dublino)
Cari fratelli Vescovi,
Mentre la mia visita in Irlanda sta per concludersi, sono grato per questa opportunità di trascorrere alcuni momenti con voi. Ringrazio l’Arcivescovo Eamon Martin per le sue cortesi parole di introduzione e vi saluto tutti con affetto nel Signore.
Il nostro incontro questa sera riprende la fraterna discussione avuta a Roma lo scorso anno durante la vostra visita ad limina Apostolorum. In questi brevi spunti, vorrei riassumere la nostra precedente conversazione, nello spirito dell’Incontro Mondiale delle Famiglie che abbiamo appena celebrato. Tutti noi, come Vescovi, siamo consapevoli della nostra responsabilità di essere padri per il santo popolo fedele di Dio. Come buoni padri, intendiamo incoraggiare ed ispirare, riconciliare e unire, e soprattutto preservare tutto il bene tramandato di generazione in generazione in questa grande famiglia che è la Chiesa in Irlanda. E’ vero, la Chiesa in Irlanda rimane forte, è vero.
Perciò questa sera la mia parola per voi è quella dell’incoraggiamento – in continuità con l’omelia – per i vostri sforzi, in questi momenti di sfida, per perseverare nel vostro ministero di araldi del Vangelo e di pastori del gregge di Cristo. In modo particolare, sono grato per la sollecitudine che mostrate verso i poveri, gli esclusi e i bisognosi di aiuto, come ha testimoniato recentemente la vostra lettera pastorale sui senzatetto e sulle dipendenze. Sono grato anche per l’aiuto che offrite ai vostri sacerdoti, la cui pena e il cui scoraggiamento a causa dei recenti scandali sono spesso ignorati. Siate vicini ai sacerdoti! Sono il prossimo più prossimo che avete, come vescovi.
Un tema ricorrente della mia visita, naturalmente, è stato quello della necessità per la Chiesa di riconoscere e rimediare con onestà evangelica e coraggio agli errori passati – peccati gravi – circa la protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili. Fra questi, le donne maltrattate. Negli anni recenti voi, come corpo episcopale, avete risolutamente proceduto, non solo ad intraprendere percorsi di purificazione e riconciliazione con le vittime, le vittime e i sopravvissuti degli abusi, ma anche, con l’aiuto del National Board per la tutela dei bambini nella Chiesa in Irlanda, avete proceduto a fissare un insieme rigoroso di norme volto a garantire la sicurezza dei giovani. In questi anni, tutti noi abbiamo dovuto aprire gli occhi – è doloroso – sulla gravità e l’estensione dell’abuso di potere, di coscienza e sessuale in diversi contesti sociali. In Irlanda, come altrove, l’onestà e l’integrità con cui la Chiesa decide di affrontare questo capitolo doloroso della sua storia può offrire un esempio e un richiamo all’intera società. Continuate così. Le umiliazioni sono dolorose, ma siamo stati salvati dall’umiliazione del Figlio di Dio, e questo ci dà coraggio. Le piaghe di Cristo ci danno coraggio. Vi chiedo, per favore, vicinanza – questa è la parola, vicinanza – al Signore e al popolo di Dio. Prossimità. Non ripetere atteggiamenti di lontananza e clericalismo che alcune volte, nella vostra storia, hanno dato l’immagine reale di una Chiesa autoritaria, dura e autocratica.
Come abbiamo menzionato nella nostra conversazione a Roma, la trasmissione della fede nella sua integrità e bellezza rappresenta una sfida significativa nel contesto della rapida evoluzione della società. L’Incontro Mondiale delle Famiglie ci ha dato grande speranza e incoraggiamento circa il fatto che le famiglie stanno diventando sempre più consapevoli del loro insostituibile ruolo nel trasmettere la fede. La trasmissione della fede, fondamentalmente, si fa in famiglia; la fede va trasmessa “in dialetto”, il dialetto della famiglia. Nel medesimo tempo, le scuole cattoliche e i programmi di istruzione religiosa continuano a svolgere una funzione indispensabile nel creare una cultura di fede e un senso di discepolato missionario. So che questo è motivo di cura pastorale per tutti voi. La genuina formazione religiosa richiede insegnanti fedeli e gioiosi, capaci di formare non solo le menti ma anche i cuori all’amore di Cristo e alla pratica della preghiera. A volte pensiamo che formare nella fede significhi dare concetti religiosi, e non pensiamo a formare il cuore, a formare gli atteggiamenti. Ieri il presidente della Nazione mi diceva che aveva scritto un poema su Descartes e diceva così, più o meno: “La freddezza del pensiero ha ucciso la musica del cuore”. Formare la mente, sì, ma anche il cuore. E insegnare a pregare: insegnare a pregare ai bambini; dall’inizio, la preghiera. La preparazione di tali insegnanti e la diffusione di programmi per la formazione permanente sono essenziali per il futuro della comunità cristiana, nella quale un laicato impegnato sarà maggiormente chiamato a portare la saggezza e i valori della sua fede all’interno dell’impegno nei diversi settori della vita sociale, culturale e politica del Paese.
Gli sconvolgimenti degli ultimi anni hanno messo alla prova la fede tradizionalmente forte del popolo irlandese. Tuttavia hanno anche offerto l’opportunità di un rinnovamento interiore della Chiesa in questo Paese e indicato nuovi modi per immaginare la sua vita e la sua missione. «Dio è sempre novità» e «ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 135). Con umiltà e fiducia nella sua grazia, possiate discernere e intraprendere nuove strade per questi nuovi tempi. Siate coraggiosi e creativi. Certamente, il forte senso missionario radicato nell’anima del vostro popolo vi ispirerà le vie creative per dare testimonianza alla verità del Vangelo e far crescere la comunità dei credenti nell’amore di Cristo e nello zelo per la crescita del suo Regno.
Nei vostri sforzi quotidiani per essere padri e pastori della famiglia di Dio in questo Paese – padri, per favore, non patrigni –, possiate sempre essere sostenuti dalla speranza che si fonda sulla verità delle parole di Cristo e sulla certezza delle sue promesse. In ogni tempo e luogo, quella verità rende liberi (cfr Gv 8,32); essa ha un suo intrinseco potere per convincere le menti e condurre i cuori a sé. Ogni volta che voi e il vostro popolo sentite di essere un piccolo gregge esposto a sfide e difficoltà, non scoraggiatevi. Come San Giovanni della Croce ci insegna, è nella notte oscura che la luce della fede brilla più pura nei nostri cuori. E quella luce mostrerà la via per il rinnovamento della vita cristiana in Irlanda negli anni a venire.
Infine, nello spirito della comunione ecclesiale, vi chiedo di continuare a promuovere unità e fraternità tra di voi, è molto importante; e anche, insieme con i leader di altre comunità cristiane, di lavorare e pregare con fervore per la riconciliazione e la pace tra tutti i membri della famiglia irlandese. Oggi a pranzo c’ero io, poi [le Autorità di] Dublino, dell’Irlanda del Nord… Uniti, tutti. E una cosa che sempre dico, ma si deve ripetere: qual è il primo compito del vescovo? Lo dico a tutti: la preghiera. Quando i cristiani ellenistici sono andati a lamentarsi perché non ci si prendeva cura delle loro vedove [cfr Atti degli Apostoli, 6,1] Pietro e gli apostoli inventarono i diaconi. Poi, quando Pietro spiega come dovrà essere la cosa, finisce così: “E a noi [apostoli], spetterà la preghiera e l’annuncio della parola”. Io butto lì una domanda, ognuno risponde a casa propria: quante ora al giorno prega ognuno di voi?
Con questi pensieri, cari fratelli, vi assicuro le mie preghiere per le vostre intenzioni, e vi chiedo di ricordarvi di me nelle vostre. A tutti voi e ai fedeli affidati alla vostra cura pastorale imparto la mia Benedizione, pegno di gioia e di forza nel Signore Gesù Cristo.
Vi sono vicino: andate avanti, coraggio! Il Signore è tanto buono. E la Madonna ci custodisce. E quando le cose sono un po’ difficili, pregare Sub tuum praesidium, perché dicevano i mistici russi che nei momenti di turbolenza spirituale, dobbiamo andare sotto il manto della Santa Madre di Dio, sub tuum praesidium. Grazie tante! E adesso vi darò la benedizione.
Preghiamo insieme l’Ave Maria.
May God bless you all, the Father, the Son and the Holy Spirit.
Thank you very much.