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Forum: Verso il nuovo Statuto della Regione Toscana
Verso il nuovo Statuto della regione Toscana: con questo documento – che riportiamo integralmente e che è frutto di un’ampia riflessione e di un approfondito dibattito – il «Forum toscano dei cattolici impegnati nella vita politica e sociale» offre il proprio contributo alla Commissione regionale che sta lavorando alla stesura del nuovo Statuto per la nostra Regione.
1. Un’ occasione da non perdere per una migliore funzionalità delle istituzioni toscane ed un più soddisfacente rapporto di queste con la società regionale
Il Consiglio regionale della Toscana, adottando il nuovo statuto regionale in conformità della nuova formulazione dell’art. 123 della nostra Costituzione, secondo quanto prevede la legge costituzionale n.1 del 1999, potrà determinare con maggiore libertà che nel passato le caratteristiche della forma di governo regionale ed i principi fondamentali della sua organizzazione. Si tratta di scelte impegnative ed importanti anzitutto per il nuovo disegno del nostro Stato regionale e per la funzionalità e democraticità dell’istituzione regionale; le scelte che saranno operate peseranno però anche molto su tutta l’amministrazione locale e sugli strumenti e le procedure di partecipazione dei singoli e dei gruppi sociali alla vita delle istituzioni pubbliche.
Alcune scelte derivano dalla legge n.1 del 1999, che ha introdotto la grossa novità, seppure revocabile dalle determinazioni statutarie, dell’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale, ed ha stabilmente rafforzato i poteri del Presidente e della Giunta regionale, al fine di correggere il precedente modello di governo, eccessivamente assemblearista e nel complesso troppo poco efficace.
Al tempo stesso, il futuro statuto regionale dovrà necessariamente tener conto delle accresciute responsabilità delle Regioni derivanti dall’applicazione di importanti leggi recenti (nuova finanza locale, cosiddette «leggi Bassanini») e dalla possibile entrata in funzione della nuova legge costituzionale di riforma del nostro regionalismo, già approvata dalle Camere ma che deve essere oggetto di referendum popolare. Al tempo stesso, è peraltro assolutamente necessario che la classe politica regionale faccia anche un franco e sincero esame autocritico sui non pochi limiti delle istituzioni regionali che sono emersi nell’ormai lunga esperienza trascorsa, al di là di quanto possa essere addebitabile a responsabilità nazionali. Del pari occorrerà comprendere perché intere parti dello statuto regionale vigente, in astratto apprezzabili come quelle sugli enti locali e sulla partecipazione popolare, sono rimaste largamente sulla carta, senza riuscire a realizzare davvero il promesso modello di rinnovato ed efficiente ente pubblico, largamente partecipato da soggetti sociali ed istituzionali, e capace di svolgere attraverso una struttura snella e qualificata solo funzioni normative e di indirizzo, mentre le funzioni di gestione avrebbero dovuto essere affidate al sistema degli enti locali: non può essere sottovalutata la profonda e diffusa insoddisfazione di singoli, gruppi sociali, enti locali verso le istituzioni regionali, ma ad essa va data una credibile risposta positiva.
2. Uno statuto che, nella piena fedeltà alla Costituzione, dia una risposta non elusiva ai problemi della società toscana
Per dare una risposta positiva a questa sfida impegnativa, occorre preliminarmente accettare con lealtà il quadro costituzionale entro cui il potere statutario è configurato, rifuggendo dalle proposte (avanzate in qualche altra Regione) di utilizzare l’adozione delle nuove disposizioni statutarie per tentare forzature dei poteri e dei ruoli regionali, violando così la legalità costituzionale, anche con il rischio di suscitare gravi conflitti istituzionali. Un forte accrescimento dei poteri regionali e locali non può che trovare fondamento nelle disposizioni costituzionali e ogni rivendicazione regionalista non può esporre a rischi il valore permanente dell’unità nazionale ed il pur faticoso processo di federalizzazione europea. Del pari, occorre evitare di esporre a pericolo i principi ed i valori fondamentali del nostro attuale patto costituzionale.
Anche per il rispetto dovuto proprio alle prescrizioni relative alle materie proprie degli statuti regionali, occorre rifuggire da tendenze ricorrenti di introdurre nel testo statutario le più diverse affermazioni estranee alle responsabilità specifiche delle istituzioni regionali. Ma in generale occorre anche riflettere sull’utilità ed opportunità di introdurre generiche disposizioni programmatiche relative agli stessi settori di competenza regionale, che rischiano di essere inefficaci o di sovrapporsi confusamente ai principi costituzionali, che restano invece i punti fermi di riferimento nella nostra esperienza istituzionale.
Vi potrebbe essere anche il rischio che i rappresentanti politici regionali, impegnandosi in impropri ed inconcludenti dibattiti, eludano le loro specifiche e difficili responsabilità di procedere davvero alla costruzione di istituzioni regionali effettivamente democratiche ed efficaci: un’opera difficile, ma che sola può tradurre in concreto nella realtà istituzionale regionale e locale valori del tutto fondamentali come quelli della partecipazione popolare alla gestione del bene collettivo, della solidarietà fra ceti sociali e gruppi politici, della sussidiarietà fra le diverse istituzioni pubbliche e fra queste ed i diversi soggetti espressivi della libera vitalità sociale.
Peraltro, ove vengano posti temi che coinvolgono le grandi concezioni della vita e della convivenza, non mancherebbe un nostro impegno determinato a tutela della persona e della società.
3. La necessaria risposta a tre esigenze di fondo: una democrazia più efficace e trasparente; nuovi strumenti di effettiva partecipazione alla vita regionale; una vera sussidiarietà fra le diverse istituzioni pubbliche ed i soggetti rappresentativi della società
Nel tentativo di tradurre in concreto valori come quelli accennati, pur evitando di entrare in articolazioni tecniche o in problemi settoriali, può pensarsi a una serie di possibili innovazioni, tra loro adeguatamente coerenti, che riescano nel complesso ad incidere su almeno tre fondamentali versanti.
A. In primo luogo, il livello di efficacia decisionale deve essere molto migliorato, con una più chiara distinzione di ruoli e responsabilità fra Consiglio e Giunta, ma garantendosi davvero una effettiva trasparenza dei comportamenti e delle gestioni. Né può sottovalutarsi che ciò non ha solo un’evidente ricaduta sul piano della trasparenza politica ed amministrativa, ma che una buona disciplina degli atti e dei procedimenti regionali rappresenta il presupposto perché possano adeguatamente partecipare e tutelarsi i diversi soggetti istituzionali e sociali interessati all’attività regionale.
Al di là del dibattito, essenzialmente politico, sulla scelta fra elezione diretta o indiretta del Presidente della Giunta, occorre prendere atto del forte accrescimento dei poteri del Presidente regionale e della Giunta da lui nominata, senza però correre il grave rischio di ridurre eccessivamente il ruolo del Consiglio regionale, unico organo politicamente rappresentativo dell’intera popolazione toscana e titolare dei massimi poteri normativi regionali.
Ciò significa che occorre disciplinare attentamente i vecchi e i nuovi poteri della Giunta di indirizzo dell’attività regionale, i suoi nuovi poteri regolamentari, le forme di indirizzo e controllo della dirigenza regionale. Al tempo stesso, occorre però disciplinare accuratamente i diversi procedimenti legislativi del Consiglio, configurare suoi efficaci strumenti di conoscenza e controllo sull’attività svolta dalla Giunta e dall’amministrazione regionale, prevedere istituti efficaci di informazione e documentazione sulla consistenza effettiva dei problemi sociali ed economici che esso deve affrontare.
B. In secondo luogo, la relativa perdita di potere da parte del Consiglio regionale rispetto all’accrescimento oggettivo del peso politico del Presidente e della Giunta deve trovare una compensazione anche con la creazione presso il Consiglio di organi o procedure che facciano dello stesso Consiglio la normale sede di confronto con i soggetti rappresentativi delle altre istituzioni pubbliche locali e con quelli delle diverse realtà sociali e culturali della regione. Al tempo stesso, scelte del genere mettono in evidenza che ai tanti discorsi sulla sussidiarietà devono seguire anche modifiche istituzionali che, pur con tutti i limiti ed i rischi inevitabili per innovazioni di questo genere, diano riconoscimento e potere di incidenza nelle istituzioni regionali ai soggetti rappresentativi degli enti locali e del libero pluralismo sociale.
Se per contribuire a migliorare i rapporti della regione con il sistema dell’amministrazione locale sembra ormai consolidata l’ipotesi di creare presso il Consiglio un apposito organo formato da amministratori locali (composto nel modo più rappresentativo e dotato davvero di significativi poteri), più complesso appare garantire il rapporto fra la massima istituzione rappresentativa regionale e le tante diverse forze culturali, sociali ed economiche presenti nella società toscana, creando un apposito organo o, invece, prevedendo la necessità che alcune importanti scelte regionali debbano essere necessariamente precedute da seri processi di consultazione dei soggetti rappresentativi del libero pluralismo sociale.
C. In terzo luogo, la necessaria sussidiarietà fra le diverse istituzioni pubbliche deve tradursi nella scelta statutaria di una normale attribuzione di tutte le funzioni pubbliche di gestione ai diversi enti locali, mentre gli interventi regionali in questi ambiti devono essere del tutto eccezionali e frutto di un consenso dello stesso organo rappresentativo degli enti locali. Alla Regione spettano, invece, le sole funzioni normative e di indirizzo generale.Per ciò che riguarda, invece, la sussidiarietà – intesa come necessario rispetto da parte delle diverse istituzioni pubbliche del ruolo dei soggetti rappresentativi delle autonome realtà sociali e culturali – occorre anzitutto riaffermare che essa si concretizza instaurando, nel reciproco interesse, trasparenti rapporti collaborativi fra le istituzioni pubbliche e gli organismi sociali, sia nella programmazione che nella gestione di attività e servizi, al di fuori di ogni tentativo di condizionamento o di modificazione dell’autonomia dei soggetti sociali interessati.