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Forum, documento sulla famiglia

FORUM TOSCANO DEI CATTOLICI IMPEGNATI IN POLITICA

1. Nel corso delle prime riunioni del Forum toscano dei cattolici impegnati in politica si è approfondita l’analisi sulla natura della famiglia e sulla sua definizione in vista del contributo dei cattolici e di coloro che riconoscono nella famiglia il cardine fondante della vita sociale ad una seria politica familiare.

L’ispirazione cristiana suggerisce – sulla base della Rivelazione e del Magistero ecclesiastico – un quadro di valori relativi alla famiglia che corrisponde al bene comune quale è riconoscibile in base all’esperienza storica e a riflessioni di semplice ragione umana e che pertanto va tenuto presente per essere tradotto nell’ordinamento giuridico. Storicamente non è sempre realizzabile una coincidenza perfetta tra valori assoluti e sistema normativo, ma resta doveroso l’impegno di avvicinare al massimo i due piani.

Le proposte, che ha fatto a livello nazionale il Forum delle associazioni familiari sul diritto alla vita, sulla parità scolastica come conseguenza del primato educativo della famiglia, sulla fiscalità familiare, sulla politica salariale e abitativa a favore delle famiglie, sulla valorizzazione del lavoro familiare, sulla necessaria presenza degli interessi educativi e familiari nella disciplina dei mezzi di comunicazione sociale impegna i cattolici ad accoglierle e tradurle in strategie unitarie dettagliate e concrete, anche sul piano delle politiche locali.

2. Vi è però una preliminare operazione da compiere: quella di una esatta ricognizione del concetto stesso di famiglia. L’ordinamento giuridico italiano si ispira a una norma costituzionale di contenuto non equivoco: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29 Costituzione). Questa norma, che impone il riconoscimento della società familiare in quanto naturale, da veste giuridica ad esigenze che sono permanenti. Infatti, ciò che giustifica l’interesse pubblico per la famiglia, oltre al bene delle due persone e della coppia in quanto tale, è la sua funzione procreatrice ed educativa radicata in una stabile comunione di vita che trova il massimo di concretezza e di garanzia negli impegni assunti da un uomo e una donna, di fronte alla comunità, nel matrimonio. I rilevanti mutamenti di fatto, come il diffondersi delle convivenze non matrimoniali o di una filiazione da persone non sposate non può modificare la definizione di famiglia, anche se è giusto tener conto di elementi che possono riflettere, sia pur parzialmente, i valori familiari.

3. La conclusione finale e “operativa” è che: a) non possono essere omologate la famiglia legittima e le situazioni “parafamiliari” di fatto esistenti; così come b) resta invariata l’esigenza – che trova ampio conforto anche nella legislazione attualmente vigente – che alla famiglia legittima (cioè stabile perché fondata sul matrimonio) venga sempre riconosciuto e assicurato un più alto livello di protezione e di assistenza, motivato dall’oggettiva diversità delle situazioni e dal “servizio” e dalla “funzione” che essa svolge a favore della comunità con impegno economico e sacrificio personale dei coniugi (procreazione, educazione dei figli, stabilità del rapporto genitoriale, mutua assistenza, coesione sociale, cura degli anziani); e) risulta evidente la necessità che la famiglia sia considerata sempre più come soggetto primario della politica.

4. Alla luce di queste considerazioni, coloro che fanno riferimento all’ispirazione cristiana, ovunque collocati quanto ad appartenenza politica, devono ricercare una strategia unitaria anche a livello politico tenendo fermi i seguenti punti.

a) Le istituzioni pubbliche devono favorire il sorgere di famiglie fondate sul matrimonio. Conseguentemente, aiuti connessi al momento costitutivo devono essere riservati alle famiglie legittime (ad esempio, facilitazioni per l’alloggio o prestiti agevolati). Analogamente, le istituzioni devono dimostrare la preferenza per la filiazione all’interno della famiglia legittima, quando – come nell’adozione e nella procreazione assistita (pur nei limiti, quest’ultima, di chiari riferimenti etici) – esse sono chiamate a intervenire in questa materia. Occorrono misure a protezione della natalità e pertanto le famiglie numerose devono essere particolarmente sostenute e aiutate, anche con interventi di politica fiscale e tariffaria. Tale politica è ispirata e qualificata dal riferimento ad essenziali valori, tra i quali l’equilibrio tra le generazioni, e perciò non intende risolversi in una mera politica demografica. Ugualmente bisogna trovare la formula giuridico-economica per rispettare e sostenere al massimo la libertà di istruzione e di educazione che è propria della famiglia.

b) Alle cosiddette famiglie di fatto le istituzioni devono rivolgere attenzione nella misura in cui contengono aspetti, sebbene incompleti, della struttura familiare, soprattutto quando siano di fronte a situazioni ormai consolidate. Naturalmente ha rilievo la durata della convivenza e si può e si deve distinguere tra filiazione illegittima, convivenza senza figli, convivenza con figli.

c) Il principio di uguaglianza in dignità e diritti, che vale naturalmente anche per le persone omosessuali, non implica il riconoscimento legale delle loro convivenze e tanto meno l’attribuzione ad esse del “diritto all’adozione”, che non ha fondamento di fatto. Simili relazioni non hanno titolo di per sé alla “tutela” pubblica, se non quella che vale per qualsiasi persona.

Firenze, 28 aprile 1997