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Famiglia e coppie di fatto, un difficile compromesso

di Claudio TurriniLa formulazione del nuovo Statuto che ha suscitato maggiori polemiche è contenuta nell’articolo 4, quello sulle «finalità prioritarie» che la Regione persegue. Nel lungo elenco figurano due distinti commi, rispettivamente «g» e «h», che prevedono «la valorizzazione e la tutela della famiglia fondata sul matrimonio» e «il riconoscimento delle altre forme di convivenza». La formulazione, ampiamente discussa in commissione negli ultimi mesi, è frutto di un delicato compromesso tra chi chiedeva l’equiparazione tra la famiglia e qualsiasi altra forma di coppia di fatto e chi invece, sulla scorta del dettato costituzionale, voleva la tutela e la promozione della famiglia «fondata sul matrimonio», da tenersi distinta e su un piano diverso dalle altre forme di convivenza.Sull’argomento era intervenuta la stessa Conferenza episcopale toscana, che dopo aver chiesto tutela per «la famiglia, fondata sul matrimonio», aveva ritenuto possibile anche «l’eventuale presa in considerazione» di «alcune forme di convivenza», purché fossero rispettate alcune «imprescindibili e simultanee condizioni», come la stabilità, la non equiparazione per le coppie gay e che in ogni caso questo non penalizzi la «famiglia fondata sul matrimonio». In sede di dibattito il testo faticosamente uscito dalla Commissione ha resistito ai tentativi sia dell’Udc di eliminare «il riconoscimento delle altre forme di convivenza» che alla proposta di mediazione avanzata da Forza Italia di sostituire al comma h «il riconoscimento di convivenze stabili tra persone di sesso diverso». Allo stesso tempo è stato respinto anche un emendamento di Rifondazione comunista e Comunisti italiani, che andava in senso opposto chiedendo di aggiungere al riconoscimento anche «la tutela» delle altre forme di convivenza. Su questa distinzione tra «tutela» che spetta solo alla «famiglia fondata sul matrimonio» e «riconoscimento», che invece è esteso a tutte le nuove forme di convivenza, si basa il difficile equilibrio di questo testo. Un apprezzamento – pur «senza salti di gioia» – era arrivato anche dal Forum toscano delle Associazioni Familiari che riteneva accolte alcune delle sue indicazioni.

Ma le reazioni scomposte dell’Arcigay, che ha parlato di «giornata storica», di «grande segno di civiltà e di laicità», perché sarebbero state riconosciute «le coppie gay», dimostra l’ambiguità della formula. Ne è convinto Marco Carraresi (Udc), che in aula ha votato contro a questo articolo, perché queste convivenze «esprimendo una tipologia molto varia, non hanno in concreto natura omogenea (altro, ad esempio, è l’unione tra un uomo e una donna, tanto più se hanno figli, altro è l’unione di persone omosessuali)».

«Sia chiaro – prosegue Carraresi –: nessuno vuole penalizzare o disprezzare forme di convivenza diverse dalla famiglia. Ma noi pensiamo che non si possa equiparare la coppia che assume un vincolo di natura pubblica, responsabilmente assunto anche nei confronti della collettività, con chi invece, liberamente, preferisce non assumersi alcun vincolo. Diciamolo con franchezza: perché sposarsi, quando altre forme di rapporto hanno i medesimi diritti, opportunità, agevolazioni?».

Di segno opposto il giudizio del vice-presidente della Giunta, Angelo Passaleva, che invita a considerare il «clima culturale nel quale siamo tutti immersi», un clima «fortemente secolarizzato». Di positivo c’è che «la famiglia “fondata sul matrimonio” non solo è distinta dagli altri tipi di convivenza e viene citata in prima battuta, ma la legge fondamentale della Regione Toscana riconosce con estrema chiarezza che solo questo tipo di famiglia merita tutela e valorizzazione: per le altre forme di convivenza ci si dovrà limitare ad un semplice “riconoscimento”». Per questo Passaleva critica chi «per motivi propagandistici… ha commentato che “qualunque tipo di nucleo familiare è ora sullo stesso piano”, una lettura non superficiale di questa parte del nuovo Statuto consente di concludere che le cose non stanno così».