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Seconda lettura, voto fotocopia

Un voto «fotocopia». Senza particolari sussulti, è stato approvato in «seconda lettura» il nuovo Statuto regionale. 42 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astenuti. Così lunedì 19 luglio il Consiglio regionale ha confermato il voto del 6 maggio scorso. Mantenuti quindi tutti i punti controversi del testo approvato in prima lettura: presidenzialismo, riconoscimento delle coppie di fatto, aumento dei consiglieri. E anche l’abolizione del voto di preferenza, presente nella legge elettorale ma collegato al passaggio da 50 a 65 consiglieri.

Ha votato «sì» gran parte della maggioranza e dell’opposizione: Ds, Margherita, Sdi, Verdi, An e Fi. Voci fuori dal coro quelle di Rifondazione comunista e dei «cossuttiani» che hanno votato contro e il gruppo Udc che – come la prima volta – ha scelto l’astensione. La seduta è stata aperta da Piero Pizzi, presidente della commissione Statuto, che ha ricordato «lo spirito costituente che ha animato i lavori della commissione e dell’aula» ma ha espresso «rammarico» per il riconoscimento delle coppie di fatto così come approvato nello Statuto. Poi hanno preso la parola i consiglieri regionali. Luciano Ghelli (Pdci) ha ribadito il voto contrario del proprio gruppo politico allo Statuto regionale, dovuto soprattutto alla scelta dell’elezione diretta del presidente della giunta. «Non condividiamo neppure l’accordo trasversale tra destra e sinistra per l’aumento del numero dei consiglieri», ha aggiunto Ghelli.

Giovanni Barbagli (Prc) pur riconfermando il voto negativo, ha parlato di «un lavoro importante che getta le basi per soluzioni istituzionali e politiche nuove. Sono stati elaborati articoli avanzati che rappresentano un fatto rilevante per i rapporti sociali ed istituzionali nella nostra regione. Il fatto negativo è la scelta della forma presidenziale».

Franco Banchi (Udc) ha confermato la lontananza del suo gruppo «da alcuni aspetti, come il modo in cui è stato affrontato, durante i lavori, il diritto alla vita, la questione della famiglia, la forma di governo e la rappresentanza diretta». Alberto Monaci (Margherita) ha ricordato che «è stato importante cercare un punto di equilibrio dei poteri tra ruolo dell’esecutivo e ruolo delle assemblee elettive». Lorenzo Zirri (FI), ha ribadito lo sforzo del suo gruppo nel dare un equilibrio ai poteri della Regione, arrivando ad una forma di presidenzialismo non accentuato.

In fondo al dibattito è stata approvata una risoluzione nella quale si sottolinea che la Regione non intende sconfinare nelle competenze dello Stato. Un testo che mira a rispondere alle perplessità del governo sul riconoscimento, da parte della Regione, delle convivenze (art. 4) e all’inserimento, fra le finalità principali perseguite dalla Regione, della tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico (art. 64). Sull’articolo 4 – e in particolare sul punto «h» – era intervenuta nei giorni scorsi anche la Conferenza episcopale toscana con una lettera al presidente Riccardo Nencini a firma dell’arcivescovo di Pisa mons. Alessandro Plotti, presidente della Cet. Nel testo si esprimeva «preoccupazione» e si chiedeva una modifica per una maggiore chiarezza sul «riconoscimento delle convivenze». I vescovi – al punto «h» – avrebbero preferito spostare l’accento sul riconoscimento di «alcuni diritti–doveri inerenti le persone impegnate stabilmente in altre forme di convivenza». Precisazione che alcuni avevano «forzato», interpretandola come un’apertura dell’episcopato toscano al riconoscimento delle coppie gay. In particolare Nencini aveva osservato che il fatto che nella lettera non ci fosse riferimento al sesso facesse «supporre che ciò che preoccupa i vescovi non sia la possibilità che fra le forme di convivenza riconosciute dallo Statuto rientrino anche quelle fra persone dello stesso sesso». E il quotidiano «L’Unità», cavalcando l’onda, si era spinto oltre, titolando a tutta pagina, nella prima di cronaca, «I vescovi toscani benedicono le coppie gay».

L’episodio è stato chiarito il giorno successivo in un colloquio tra Nencini e mons. Claudio Maniago, vescovo ausiliare di Firenze e direttore dell’Osservatorio giuridico–legislativo della Cet. Su questo punto, infatti, i vescovi toscani erano stati chiari nel documento presentato alla Commissione Statuto il 9 ottobre 2003 quando avevano chiesto che le unioni omosessuali non fossero omologate «né alla famiglia fondata sul matrimonio né ad altre forme di convivenza». Quindi nessuna apertura alle coppie gay.S.P.

Il testo integrale dello Statuto regione Toscana