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«La fine delle povertà?». Seminario dell’Associazione «Incontri»

Il 6 maggio 2006, a Firenze (nella Sala dell’Ente Cassa di Risparmio) si è tenuto un seminario di studio sul tema: «La fine della povertà? Quali strategie?». Pubblichiamo qui relazioni e materiale del Seminario.

Introduzione al Seminariodi Piero TaniPresidente dell’Associazione “Incontri”Io debbo svolgere solo la funzione di coordinatore di questa mattinata di lavoro comune; il compito di introdurci in modo più preciso e documentato al tema spetta ai tre relatori. Tutti i presenti sono poi invitati a partecipare ad un dibattito che oggi potremo solo avviare, ma che – se quanto avverrà stamani risulterà promettente – potremo anche continuare in altro momento.

Prima di dare la parola ai relatori, vorrei però indicare il senso che chi ha organizzato questo semi-nario gli attribuisce, che non è quello di una discussione tecnica fra esperti sulle questioni complesse dello sviluppo, del sottosviluppo e dell’assistenza allo sviluppo; è piuttosto quello di fornire anche a persone che, pur non essendo degli esperti, sentono un forte disagio dalle informazioni che ri-cevono circa le condizioni di vita in cui si trova una elevata percentuale della popolazione mondiale – informazioni pur lacunose, spesso distorte e difficili da interpretare, ma sempre tali da inquietare le coscienze – per non dire delle differenze radicali rispetto alle condizioni di un’altra parte di que-sta popolazione, alla quale apparteniamo.

Questa situazione, dicevo, inquieta la nostra coscienza; e il disagio è spesso acuito dal non sapere bene quale posizione prendere o che cosa sarebbe opportuno fare per superare questa situazione. Si oscilla così da colpevolizzazioni generiche (gli altri sono poveri perché noi siamo ricchi; la nostra condizione privilegiata è sostanzialmente il risultato di un furto ai danni di chi sta male) a un chia-marsi fuori altrettanto generico (rendere più poveri noi non aiuta gli altri; chi è povero deve imitare la nostra esperienza e “darsi da fare” per uscire dalla povertà, la colpa è dei loro governi corrotti, e così via).

Si rimedia al disagio cercando di individuare colpevoli (le multinazionali, il Fondo monetario, la Banca Mondiale, …) o proponendo che i governi dei paesi ricchi si impegnino maggiormente nella cooperazione internazionale e magari aprano le loro frontiere ai prodotti dei paesi meno sviluppati, salvo poi fare il viso dell’armi se questa apertura mette a disagio le nostre produzioni e il nostro be-nessere.

Cercare di fare un po’ di chiarezza in questo confuso disagio è operazione meritoria, che non ha bisogno di occasioni particolari. Tuttavia, per organizzare questo seminario ne abbiamo colta una che ci consente di delimitare un po’ il problema; il quale, è bene esserne consapevoli, non ha una solu-zione definita e condivisa, neppure tra gli esperti. L’occasione è quella della pubblicazione di un li-bro, che ha avuto un notevole successo, il libro “La fine della povertà” di Jeffrey Sachs, uno dei più celebri economisti dello sviluppo, impegnato in molte operazioni di consulenza per governi e organismi internazionali, alcune delle quali coronate da notevole successo, consulente di Kofi Hannan e come tale impegnato direttamente nella predisposizione della “Dichiarazione del millennio”. Quest’ultimo è un documento in cui i Paesi membri delle Nazioni Unite stabilivano, nel 2000, alcuni importanti obiettivi da raggiungere negli anni successivi, obiettivi che sono stati poi denominati Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Credo che ad assicurare il successo del libro di Sachs abbiano molto contribuito alcune sue caratteristiche: (a) quella di essere scritto da una persona che, per competenza scientifica e per esperienza sul campo, ha le qualifiche giuste per essere credibile; (b) quella di contenere una serie di critiche circostanziate nei confronti sia dell’atteggiamento dei Paesi sviluppati in tema di cooperazione internazionale sia dalle politiche seguite in passato dai più noti e chiacchierati organismi internaziona-li (Fondo Monetario, Banca Mondiale, Organizzazione mondiale del commercio); e, ciò nonostante, (c) quella di presentare l’operazione Obiettivi di Sviluppo del Millennio con molto ottimismo. Il titolo del libro è “La fine della povertà” senza il punto interrogativo che abbiamo messo al nostro seminario, per sottolineare la problematicità; il sottotitolo del libro è “Come i paesi ricchi potrebbe-ro eliminare definitivamente la miseria dal pianeta”. Un titolo e un sottotitolo, quindi, molto pro-mettenti, incoraggianti, ai quali corrispondono anche argomentazioni serie e documentate, quale possiamo aspettarci da un esperto del calibro di Sachs.

Un libro quindi da prendere in seria considerazione, anche se non sono mancate le critiche – e ne sentiremo certamente anche stamani – soprattutto da parte di chi non è convinto delle politiche di intervento che il libro, e prima di lui gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, propongono.

Va detto che il contrasto tra la critica per il passato e l’ottimismo pieno per il futuro che caratterizzano il libro di Sachs può essere spiegato con il fatto che il libro ha un chiaro obiettivo esortativo nei confronti dell’opinione pubblica dei paesi sviluppati: si muove in questa direzione il fatto che il libro si avvale di una prefazione di Bono, un cantante che si è fatto promotore e testimone di molte iniziative di cooperazione allo sviluppo.

Prima di concludere, ritengo utile indicare in che cosa consistono gli Obiettivi di Sviluppo del Mil-lennio contenuti nella citata “Dichiarazione del millennio”.

Il primo insieme di obiettivi era stabilito per il 2015, con l’aspettativa e l’impegno di altri obiettivi per il decennio successivo. Gli obiettivi erano tutti riferiti al tema generale di “ridurre la povertà e promuovere uno sviluppo sostenibile”.

Gli impegni previsti sono precisi, e tra di essi troviamo i seguenti:

1. sradicare la povertà estrema e la fame. Per la tappa intermedia del 2015 è più precisamente previsto un dimezzamento della percentuale di persone in condizioni di povertà estrema e di fame;

2. garantire un’istruzione elementare a tutti i bambini e le bambine

3. eliminare la disparità tra i sessi nell’istruzione elementare e secondaria

4. ridurre di due terzi il tasso di mortalità infantile (sotto i cinque anni)

5. ridurre di tre quarti il tasso di mortalità materna

6. fermare e cominciare a invertire la diffusione dell’AIDS e l’incidenza della malaria e di altre malattie importanti

7. dimezzare la percentuale di esseri umani che non hanno accesso all’acqua potabile; migliorare significativamente le condizioni di vita di almeno 100 milioni di abitanti dei quartieri poveri; più in generale, assicurare un ambiente propizio allo sviluppo

8. sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo. Più in particolare, questo obiettivo dovrebbe concretizzarsi nelle seguenti azioni:

a. sviluppare un sistema finanziario e commerciale aperto, regolamentato, prevedibile e non discriminatorio

b. dedicarsi alle esigenze particolari delle nazioni meno sviluppate, anche con esenzioni doganali per le loro esportazioni, il condono del debito per i paesi poveri fortemente indebitati e un’assistenza ufficiale allo sviluppo più generosa verso le nazioni impegnate nella riduzione della povertà;

c. affrontare le necessità degli stati in via di sviluppo senza sbocchi costieri e delle piccole isole;

d. rendere i medicinali essenziali più largamente disponibili nei paesi in via di sviluppo

e. rendere disponibili i benefici delle nuove tecnologie, specialmente dell’informazione e delle comunicazioni.

Queste voci, e in particolare le ultime citate, sono indicate sotto l’etichetta generale di “sviluppo del partenariato” perché si prevede che siano realizzate, rispettivamente, “in cooperazione con i singoli paesi in via di sviluppo, con le industrie farmaceutiche, con il settore privato”.

Non è la prima volta che i Paesi membri delle Nazioni Unite prendono impegni simili e l’esperienza passata non è tale da indurre a ottimismo. La formulazione specifica degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ha tuttavia elementi che possono essere letti come un passo avanti nella concezione dello sviluppo e delle azioni da intraprendere per promuoverlo. Ma questa valutazione costituisce preci-samente il tema del nostro seminario e quindi passo la parola ai relatori, nuovamente ringraziandoli per la loro disponibilità.

Ferruccio Marzano è Ordinario di Economia dello sviluppo e docente di Analisi economica dei processi sociali. Si occupa di temi di sviluppo economico, Economia ed etica

Donato Romano è Ordinario di “Agricoltura e Sviluppo Economico” presso l’Università degli Studi di Firenze. I suoi temi di ricerca sono l’economia dello sviluppo rurale, l’economia delle istituzioni agrarie e l’economia dell’ambiente. E’ consulente della FAO. E’ stato relatore al seminario sull’Africa subsahariana.

Nicolò Bellanca è professore associato di economia applicata nella Facoltà di Economia dell’Università di Firenze. Si occupa di processi di istituzionalizzazione, di emergenze umanitarie complesse e dei nessi tra sviluppo e democrazia post-rappresentativa.

Materiale del Seminario

Intervento di Franco Viciani sui temi del Seminario

Relazione di Nicolò Bellanca (I) (formato .pdf 124 kb)

Relazione di Nicolò Bellanca (II) (formato .doc 96 kb)

Relazione di Donato Romano (formato .doc 128 kb)