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La sua elezione fu un shock per tutti
Fu così che la provenienza polacca (ma non il senso profondo di quella provenienza) finì per condizionare in larga misura i giudizi sul nuovo Papa, le aspettative sul suo pontificato. Creando conseguentemente una sorta di cortina fumogena – fatta di timori, di perplessità, di critiche già a priori – attorno a Karol Wojtyla, alla sua figura, ai suoi primi gesti e discorsi.
E infatti, venne etichettato subito come un conservatore, un tradizionalista, appunto perché rappresentante di una Chiesa che si riteneva ancora preconciliare, intrisa di bigottismo; e, nello stesso tempo, ancora attestata su posizioni di netta intransigenza nei confronti del regime comunista. Un regime, per la verità, che aveva ormai superato la fase stalinista, e sembrava non premere al massimo sull’acceleratore dell’ateismo; ma aveva pur sempre l’obiettivo di rinchiudere la religione nelle sacrestie attraverso una progressiva laicizzazione della società.
Sarebbe a dire che, proprio nella misura in cui ha portato sulla cattedra di Pietro le tradizioni più autentiche della Chiesa polacca, la sua fedeltà a Roma, la sua resistenza alla repressione, al martirio, il suo essere sempre accanto al popolo, Papa Wojtyla ha impresso una nuova immagine al cattolicesimo universale. Proprio nella misura in cui è stato educato alla fede da due laici, il padre e l ‘amico catechista, Jan Tyranowski, e ha vissuto gran parte della sua missione sacerdotale – come prete e poi come vescovo – accanto ai giovani, tra i giovani, Karol Wojtyla è stato il primo Papa – oseremmo dire dai tempi della Controriforma – che ha cominciato a smantellare il muro del clericalismo. Dando sempre più spazio agli aspetti carismatici, laicali e comunitari, rispetto a quelli istituzionali, clericali e gerarchici.
E ancora, proprio perché ha dovuto sperimentare direttamente, personalmente, la tragedia della seconda guerra mondiale e la barbarie prima del nazismo e poi del comunismo, Karol Wojtyla è il Papa che nell’età moderna ha più difeso la causa dell’uomo, la sua dignità, la sua libertà, contro totalitarismi e dittature, di destra e di sinistra. E, per questo, è andato in tutto il mondo a sostenere le ragioni della pace, della solidarietà. Richiamando tutte le religioni, e specialmente quelle monoteistiche, alla loro funzione primordiale, costitutiva, di essere agenti di pacificazione, di concordia tra gli uomini e tra i popoli. Rigettando ogni tentazione di legittimare violenze o, peggio, guerre nel nome di Dio. Insomma, alla scadenza del 25° anniversario, si potrebbe dire che Giovanni Paolo II riassuma in sé, nella sua persona, nella sua vita, nel suo ministero universale, il destino collettivo dell’umanità nel passaggio tra il XX e il XXI secolo. Ha accompagnato e sostenuto questa umanità nei tanti drammi che ha dovuto sopportare, ma anche nella speranza, cristiana e umana, che il cammino della storia, nonostante tutto, non possa non tendere verso l’unità, verso la pace.