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Il dialogo ecumenico

L’aspirazione della Chiesa a essere “una” ha sempre accompagnato il Pontificato di Giovanni Paolo II che con gesti concreti, incontri, viaggi ed Encicliche, ha dato un’impennata al cammino ecumenico delle Chiese. Ripercorriamo a ritroso alcune delle tappe più importanti di questa lunga storia.

L’ULTIMA PAROLA. L’ultima volta che il Papa ha parlato della causa ecumenica, lo ha fatto in una circostanza speciale e, cioè, parlando a fine anno (21 dicembre) ai cardinali e ai membri della famiglia pontificia e della curia romana. Ai suoi più stretti collaboratori il Papa ha affidato il compito “urgente” di “ricostruire la piena comunione dei cristiani”. “Dobbiamo continuare – ha detto il Santo Padre – a percorrere senza esitazione il cammino dell’unità, al quale provvidenzialmente il Concilio Vaticano II ha dato forte impulso”.

L’ULTIMO ANNO. Due momenti, in particolare, hanno riaperto nel 2004 piste di dialogo importanti con il mondo ortodosso: si tratta della visita del Patriarca ecumenico Bartolomeo I a Roma, in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, e della riconsegna dell’icona della Madre di Dio di Kazan’ al Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Alessio II, avvenuta tramite una delegazione guidata dal card. Walter Kasper.

L’EVENTO PIÙ SIGNIFICATIVO. A detta di molti è l’apertura, il 18 gennaio 2000, della Porta Santa di San Paolo fuori le Mura che il Papa decise di fare con il Metropolita Athanasios e con l’arcivescovo di Canterbury, George Carey. All’evento erano presenti 22 delegazioni di Chiese cristiane, la maggiore concentrazione di Chiese cristiane dopo il Concilio Vaticano II.

L’IMMAGINE PIÙ POPOLARE. È quella di Bucarest nel maggio del 1999, nel corso del viaggio del Papa in Romania, il primo in un Paese a maggioranza ortodosso. Dal popolo si levò inaspettato un grido rivolto a Giovanni Paolo II e al Patriarca Teoctist: “Unitate, unitate! Unità, unità!”, che divenne decisivo nel creare un nuovo clima ecumenico tra il mondo ortodosso e la Chiesa cattolica.

IL GESTO PIÙ CORAGGIOSO. È contenuto nell’Enciclica dedicata da Giovanni Paolo II all’impegno ecumenico, “Ut unum sint” (1995). Così si legge al n. 95: “Quale Vescovo di Roma so bene, e lo ho riaffermato nella presente Lettera enciclica, che la comunione piena e visibile di tutte le comunità, nelle quali in virtù della fedeltà di Dio abita il suo Spirito, è il desiderio ardente di Cristo. Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l’aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova”.

IL DOCUMENTO. È la “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”, firmata cinque anni fa, il 31 ottobre 1999, ad Ausburg (Germania) dalla Chiesa cattolica e dalla Federazione luterana mondiale. L’accordo si inserisce nei grandi gesti di un nuovo rapporto che i cristiani hanno ritrovato dopo il Concilio Vaticano II e va a risanare dopo secoli una ferita gravissima che aveva lacerato il tessuto dell’Europa.

LA DOMANDA DI PERDONO. Il 12 marzo 2000, si celebra la “Giornata del perdono”. Così Giovanni Paolo II, nell’omelia: “Chiediamo perdono per le divisioni che sono intervenute tra i cristiani, per l’uso della violenza che alcuni di essi hanno fatto nel servizio alla verità, e per gli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità assunti talora nei confronti dei seguaci di altre religioni. Confessiamo, a maggior ragione, le nostre responsabilità di cristiani per i mali di oggi. Dinanzi all’ateismo, all’indifferenza religiosa, al secolarismo, al relativismo etico, alle violazioni del diritto alla vita, al disinteresse verso la povertà di molti Paesi, non possiamo non chiederci quali sono le nostre responsabilità”.Sir