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Il dialogo interreligioso

Uomo di dialogo. Giovanni Paolo II ha aperto inedite strade di dialogo con le grandi religioni del mondo, in particolare con le fedi monoteiste, ebraismo e Islam. Si è relazionato con i più grandi leader religiosi e lo ha fatto nei momenti più difficili della storia, in nome del rispetto dei diritti umani, a difesa dell’uomo, per promuovere la pace. È stato il promotore dello Spirito di Assisi. Ha compiuto gesti che rimarranno nella storia. Ne ripercorriamo alcuni.

LO SPIRITO DI ASSISI. Quindici anni fa, il 27 ottobre 1986, fu convocata da Giovanni Paolo II una Giornata mondiale di preghiera per la pace, ad Assisi, a cui presero parte i rappresentanti di tutte le grandi religioni mondiali. Vi parteciparono 50 rappresentanti delle Chiese cristiane (oltre ai cattolici) e 60 rappresentanti delle altre religioni mondiali. Per la prima volta nella storia si realizzava un incontro come questo. Disse il Papa in quell’occasione: “È in sé un invito fatto al mondo per prendere coscienza che esiste un’altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla, che non sono il risultato di trattative, di compromessi politici, economici”. La convinzione era che “la preghiera e la testimonianza dei credenti, a qualunque tradizione appartengano, può molto per la pace nel mondo”. L’appello fu ascoltato, tra l’altro, anche dal “mondo”: per un giorno intero tacquero le armi.

LE TORRI GEMELLE. Dopo l’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York, il Papa convoca ad Assisi i massimi esponenti delle religioni del mondo per “mai più” alla guerra. “L’umanità – ha detto il papa in quella occasione – ha bisogno della pace sempre, ma ancor più ne ha bisogno ora, dopo i tragici eventi che hanno scosso la sua fiducia e in presenza dei persistenti focolai di laceranti conflitti che tengono in apprensione il mondo… È doveroso, pertanto, che le persone e le comunità religiose manifestino il più netto e radicale ripudio della violenza, di ogni violenza, a partire da quella che pretende di ammantarsi di religiosità, facendo addirittura appello al nome sacrosanto di Dio per offendere l’uomo”.

CON GLI EBREI. Giovanni Paolo II è il primo Papa ad entrare in una sinagoga. È successo a Roma il 13 ottobre 1986. Così si rivolse alla platea: “La religione ebraica non ci è ‘estrinseca’, ma in un certo qual modo, è ‘intrinseca’ alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori”.

AL MURO DEL PIANTO. Domenica, 26 marzo 2000, il Papa lascia un biglietto al “Muro del pianto” di Gerusalemme. Conteneva questa preghiera: “Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza”.

CON I MUSULMANI. 6 maggio 2001: con un incedere stanco ma deciso il Papa ha fatto un altro passo da gigante nella storia. Alle 17.20 è infatti entrato nella moschea degli Ommayadi di Damasco, primo Pontefice cattolico a mettere piede in un luogo di culto musulmano. In quel tempio, in cui tremila anni fa gli aramei pregavano il dio Hadad, in cui 1.800 anni fa i romani veneravano Giove, in cui per un secolo i cristiani onorarono San Giovanni Battista e in cui da 1.400 anni gli arabi invocano Allah, Wojtyla ha vissuto il momento più toccante e significativo del suo viaggio in Medio Oriente. Un appuntamento con la storia a cui il Papa non ha voluto mancare, un gesto di dialogo religioso che cade proprio nel momento in cui la religione, in Medio Oriente, torna a dividere.Sir