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MILITELLO: Il cantore della Madre
Se la marea dirompente di tanta devozione sta dinanzi alla nostra immediata e recente memoria – basterebbe pensare alla grande “M” iscritta nella anomala croce di un improbabile stemma e al motto “Totus tuus” più difficile e complesso è accostarsi al pensiero mariologico di Giovanni Paolo II, alla sua teologia mariana.
Come era già avvenuto per il campione suo di riferimento, Grignon de Monfort, l’enfasi, la devozione, un indubbio afflato di poeta, spesso ci hanno messo dinanzi a espressioni e gesti, difficili poi da valutare teologicamente.
E, tuttavia, di una cosa sono certa, Giovanni Paolo II, pur nelle molteplici articolazioni della sua pietà, non ha inteso avallare alcun massimalismo mariano, né tanto meno inficiare la grande svolta operata dal Vaticano II. La sua mariologia resta saldamente ancorata alla Lumen Gentium. A riprova non solo l’enciclica Redemptoris Mater, ma anche la mancata ricezione delle richieste pur pressanti dirette alla promulgazione di un quinto dogma mariano.
Dal Concilio Giovanni Paolo II ha recepito la lettura di Maria come “donna di fede”, anzi non ha pensato di minimizzarne la figura e il ruolo sottolineandone la peregrinazione nella fede. Da questo punto di vista pur se non ha privilegiato quel termine “sorella” tanto caro alla pietà di Paolo VI, egualmente ha colto Maria nella sua prossimità, nella sua presenza alla Chiesa, popolo di Dio peregrinante. Dal Concilio ancora ha mutuato il convincimento della cooperazione materna di Maria, della sua funzione speciale e straordinaria, sempre comunque subordinata all’opera redentrice del Figlio.
Di certo per Giovanni Paolo II Maria è stata soprattutto “Madre”. Madre di Cristo, certamente, ma anche Madre nostra nell’ordine della grazia. Che in tutto ciò abbia influito la sua condizione di orfano e la mancanza di figure femminili in orizzontale non ha avuto sorelle penso lo si possa riconoscere. Al piccolo Karol, in qualche modo tradito dall’assenza della madre secondo la carne, deve essere ben apparsa solidale e consolante la Madre di Gesù e Madre nostra.
L’assenza di un femminile parentale si è tradotta così in una idealizzazione della donna e di Maria innanzitutto, donna per eccellenza, incarnazione autentica del “genio femminile”. Maria gli è apparsa così come risposta sovrabbondante al disegno di Dio, modello inarrivato ed obbligante per i discepoli tutti del Figlio, uomini e donne, quale rappresentante e archetipo di tutto il genere umano, nel cui assenso di fede “la pienezza del tempo manifesta la straordinaria dignità della donna”.
Il grazie a Dio per il dono di tanta Madre si è così intrecciato al grazie per il mistero della donna, al grazie per tutte le donne e per ciascuna.
Si potrà essere d’accordo o no, evidentemente. Tuttavia, nell’ora del commiato si deve riconoscere in Giovanni Paolo II un appassionato tenero e tenace cantore della Madre di Dio.