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La beatificazione di Giovanni Paolo II

Un milione e mezzo di fedeli, tra cui 80 m ila provenienti dalla Polonia, hanno assistito, nella mattina di domenica 1° maggio, in piazza S. Pietro, a Roma, alla beatificazione di Karol Wojtyla.  2.300 i giornalisti accreditati, in rappresentanza di 101 nazioni, 87 le delegazioni ufficiali. L’intero colonnato del Bernini era vestito a festa: sul lato sinistro, guardando la basilica, campeggiava la scritta “Spalancate le porte a Cristo”, vero e proprio “biglietto da visita” di Giovanni Paolo II in occasione del suo primo appuntamento, da papa, con i fedeli, in questa stessa piazza. Teli bianchi, in verticale tra le colonne, ospitano le lettere, e il centro del colonnato di sinistra è dominato dalla gigantografia di Giovanni Paolo II. Il colonnato di destra è invece adornato da 22 foto prese dall’archivio de “L’Osservatore Romano”, con i momenti salienti dei quasi 27 anni di pontificato.Giovanni Paolo II beato, una fotografia riuscitadi Paolo Bustaffa

Domenica 1° maggio 2011: il drappo che copre l’arazzo con il ritratto del Beato Giovanni Paolo II scende dopo che Benedetto XVI ha pronunciato la formula di beatificazione e sulla facciata della basilica di San Pietro appare l’immagine del volto di papa Wojtyla. Torna alla mente un suo pensiero colto dal discorso ai vescovi delle Marche e dell’Umbria in occasione della visita «ad limina apostolorum» il 5 dicembre 1981. I santi, aveva detto, «sono delle fotografie riuscite: immagini i cui netti contorni coincidono con le intenzioni divine su di loro. E proprio qui sta la lezione».

Una «fotografia riuscita» ora è in piazza San Pietro: racchiude e comunica il significato più alto e il messaggio più bello di un volto che ha sempre richiamato e ancor oggi richiama il Volto. È una luce a metterli in comunicazione. Una luce, aveva ricordato Giovanni Paolo II nell’omelia dell’Epifania 2001, soffermandosi sul «mysterium lunae» – immagine cara alla teologia patristica – che non nasce dal volto dell’uomo ma è il riflettersi dello splendore di Dio nella storia attraverso l’uomo.

Ma quale lezione viene dalle «fotografie riuscite» tra le quali è da domenica anche quella di papa Wojtyla? Come cogliere la coincidenza tra i contorni delle immagini e le intenzioni divine?È lo stesso Giovanni Paolo II a rispondere quando, sempre ai vescovi marchigiani e umbri, ricordava che questo «ideale è raggiungibile solo coltivando un rapporto di comunione, intimo e stabile, con il Signore. E ciò è possibile riconoscendo il primato dello spirituale, dell’interiorità, accogliendo in concreto e nel vissuto quotidiano la parola di Cristo».

È l’invito a non lasciarsi prendere dalle distrazioni e dalle apparenze perché grande è il rischio di smarrire «la sola cosa» di cui anche l’uomo del nostro tempo ha bisogno. Quella «sola cosa» è la felicità che nasce dall’incontro con la Verità.

Da qui l’appello al «duc in altum» perché alla Verità non si arriva percorrendo le scorciatoie della mediocrità ma seguendo i sentieri che danno «una misura alta» alla vita. Una misura che Karol Wojtyla ha testimoniato fin da ragazzo, giorno per giorno.

Così quel «santo subito» – dice con rispetto Joaquín Navarro-Valls – chiesto con affetto e gratitudine, appare quasi una richiesta un po’ tardiva perché Karol Wojtyla è stato «santo sempre». Da questo «sempre» ritorna l’invito anche nel silenzio del ritratto sulla facciata della basilica vaticana: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!».

Lo speciale sulla Beatificazione Giovanni Paolo IIOmelia del Papa per la beatificazione di Giovanni Paolo II