Benedetto XVI

Benedetto XVI in Polonia

Una visita ricca di gesti simbolici. Pellegrino in Polonia, sulle orme di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI si è fermato a ricordare gli eroi dell’insurrezione del Ghetto e dell’insurrezione di Varsavia del 1944, monumenti della dura storia della capitale polacca. Poi le messe nella piazza Pilsudski e nel parco di Blonie a Cracovia, le visite ai santuari di Jasna Góra a Czestochowa e della Divina Misericordia a Cracovia, l’omaggio alla città natale del suo predecessore, Wadowice, l’ingresso a piedi nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Fin dal momento dell’arrivo, il 25 maggio, il Papa ha aperto una straordinaria comunicazione con le istituzioni polacche, con i sacerdoti, con i fratelli cristiani, con i religiosi, con i seminaristi, con i rappresentanti dei movimenti e della vita consacrata, con i giovani. Ed ancora con i gesti d’affetto verso i sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Proponiamo una breve cronaca di questa visita.

PELLEGRINI NELLA STORIA. “Insieme con voi desidero elevare un canto di gratitudine alla Provvidenza, che mi permette di stare qui oggi come pellegrino”: Benedetto XVI ha voluto usare le stesse parole che vennero pronunciate 27 anni fa da Giovanni Paolo II durante la sua prima visita pastorale, nella messa del 26 maggio mattina a Varsavia nella storica piazza Pilsudski, davanti a una folla di 300 mila persone che hanno sfidato freddo e pioggia battente. Tra le persone che hanno ricevuto la Comunione dalle mani di Benedetto XVI anche la mamma di padre Popieluszko ucciso nel 1984 dalla polizia segreta comunista. “Ventisette anni fa – ha detto il papa – in questo luogo, Giovanni Paolo II disse: La Polonia è divenuta ai nostri tempi terra di testimonianza particolarmente responsabile. Vi prego, coltivate questa ricca eredità di fede a voi trasmessa dalle ge nerazioni precedenti, l’eredità del pensiero e del servizio di quel grande Polacco che fu Papa Giovanni Paolo II. Rimanete forti nella fede, tramandatela ai vostri figli, testimoniate la grazia, che avete sperimentato in modo così abbondante attraverso lo Spirito Santo nella vostra storia”.E proprio nelle riflessioni sulla storia aveva ripreso il giorno prima, 25 maggio, il tema dell’esame di coscienza della Chiesa per gli errori del passato. “Conviene guardarsi – aveva detto incontrando il clero – dalla pretesa di impancarsi con arroganza a giudici delle generazioni precedenti, vissute in altri tempi e in altre circostanze. Occorre umile sincerità per non negare i peccati del passato e tuttavia non indulgere a facili accuse in assenza di prove reali o ignorando le differenti pre-comprensioni di allora. Chiedendo perdono del male commesso nel passato dobbiamo anche ricordare il bene compiuto…”.

AI SEMINARISTI, RELIGIOSI E MOVIMENTI. “Dobbiamo curare con impegno lo sviluppo della nostra fede, affinché essa pervada realmente tutti i nostri atteggiamenti, pensieri, le azioni e le intenzioni”. È stata la raccomandazione del Papa ai religiosi, religiose, seminaristi e rappresentanti dei movimenti e della vita consacrata, incontrati a Jasna Gora. “La fede ha un posto non soltanto negli stati d’animo e nelle esperienze religiose, ma prima di tutto nel pensiero e nell’azione, nel lavoro quotidiano, nella lotta contro se stessi, nella vita comunitaria e nell’apostolato, poiché essa fa sì che la nostra vita sia pervasa dalla potenza di Dio stesso. La fede può sempre riportarci a Dio, anche quando il nostro peccato ci fa del male”. Al centro del discorso di Benedetto XVI – pronunciato prima del trasferimento dal santuario dove si venera la Madonna nera di Czestochowa a Cracovia, la figura di Maria, che “con delicatezza femminile ha sostenuto la fede di Pietro e degli Apostoli nel Cenaco lo, e oggi sostiene la mia e la vostra fede”. “Conservate nel cuore il primato della vostra vita consacrata”, ha esclamato, esortando i religiosi a mantenere vivo l’“entusiasmo” degli inizi e a mai “smarrire lo slancio originario”. Non sono mancati un monito rivolto ai seminaristi, “il mondo e la Chiesa hanno bisogno di sacerdoti, di santi sacerdoti”, ed un consiglio ai movimenti: “Credete nella grazia di Dio che vi accompagna e portatela nei vivi tessuti della Chiesa e in modo particolare là dove non può giungere il sacerdote, il religioso o la religiosa…”.

SULLE ORME DI GIOVANNI PAOLO II. La terza giornata polacca (27 maggio) di Benedetto XVI si è aperta all’insegna del ricordo di Giovanni Paolo II e trascorsa nella sua città natale di Wadowice dove ha incontrato anche la popolazione nella piazza Rynek. “Sono giunto con grande commozione nel luogo di nascita del mio grande predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, nella città della sua infanzia e della sua giovinezza – ha detto Benedetto XVI -. Mi sono voluto fermare proprio qui, a Wadowice, nei luoghi in cui la sua fede si è destata ed è maturata, per pregare insieme con voi affinché venga presto elevato alla gloria degli altari”. In particolare il Papa ha ricordato che Giovanni Paolo II quando si riferiva agli anni della sua infanzia, tornava spesso al fonte battesimale. Sulla strada per Cracovia, il Papa ha fatto sosta alla tomba di S. Faustina Kowalska nel Santuario della Divina Misericordia dove lo attendevano circa 800 malati. “Voi, cari malati siete i più uniti alla croce di Cristo e i più eloquenti testimoni della misericordia di Dio… Siete voi che, dicendo nel silenzio del cuore: “Gesù, in te confido”, ci insegnate che non c’è una fede più profonda, una speranza più viva e un amore più ardente della fede, della speranza e dell’amore di chi nello sconforto si mette nelle mani sicure di Dio”.

LA CASA, LA ROCCIA, I GIOVANI. “Non abbiate paura a costruire la vostra casa su quella roccia che è Cristo. Non fatevi paralizzare dalla paura dell’insuccesso, non scoraggiatevi alla vista dei desideri vanificati e delle nostalgie svanite. Non abbiate paura di puntare su Cristo!”. L’incontro tra Benedetto XVI e i giovani polacchi, nel parco di Blonie a Cracovia è stato un lungo e appassionato invito a costruire la propria casa su quella roccia che è Gesù, perché “Dio Creatore, che infonde in un giovane cuore l’immenso desiderio della felicità, non lo abbandona poi nella faticosa costruzione di quella casa che si chiama vita”. Costruire sulla roccia, ha detto il Pontefice, rivolgendosi ai giovani vuol dire “costruire su Cristo e con Cristo, su un fondamento che si chiama amore crocifisso. Abbiate nostalgia di Cristo, come fondamento della vita! Perché non può perdere colui che punta tutto sull’amore crocifisso del Verbo incarnato”. Se nella costruzione della casa della vostra vita incontrate coloro che disprezzano il fondamento su cui voi state costruendo, non vi scoraggiate! Una fede forte deve attraversare delle prove. Una fede viva deve sempre crescere… Cristo è pienamente consapevole anche di tutto ciò che può ridurre in rovina la felicità dell’uomo. Non vi meravigliate dunque delle contrarietà, qualunque esse siano! Non vi scoraggiate! Aver costruito sulla roccia significa poter contare sulla consapevolezza che nei momenti difficili c’è una forza sicura su cui fare affidamento”. E sempre ai giovani si è rivolto il giorno dopo, domenica 28 maggio, durante la recita del Regina Caeli: “Ieri mi avete portato come dono il libro delle dichiarazioni: ‘Non la prendo, sono libero dalla droga’. Vi chiedo come padre: siate fedeli a questa parola. Qui si tratta della vostra vita e della vostra libertà. Non lasciatevi soggiogare dalle illusioni di questo mondo”.

LA FATICA DEI VIANDANTI. Sulla terra da viandanti. E’ questo il messaggio che Benedetto XVI ha affidato ai polacchi nella messa conclusiva della sua visita nella terra di Giovanni Paolo II. “La verità fondamentale sulla vita e sul destino dell’uomo” è racchiusa nella risposta alla domanda contenuta negli Atti degli Apostoli, quando Gesù ascende al cielo: “Perché state a guardare il cielo?”. “La domanda – ha chiarito il Papa – si riferisce a due atteggiamenti connessi con le due realtà, nelle quali è inscritta la vita dell’uomo: quella terrena e quella celeste. Da un lato, “stiamo sulla terra”, qui “operiamo il bene sugli estesi campi dell’esistenza quotidiana, nell’ambito della sfera materiale, ed anche nell’ambito di quella spirituale: nelle reciproche relazioni, nell’edificazione della comunità umana, nella cultura”. È qui che “sperimentiamo la fatica dei viandanti in cammino verso la meta lungo strade intricate, tra esitazioni, tensioni, incertezze, ma anche nella profonda consapevolezza che prima o poi questo cammino giungerà al termine”. La terra non è, però, il nostro destino definitivo. “Siamo chiamati, rimanendo in terra, a fissare il cielo, ad orientare l’attenzione, il pensiero e il cuore verso l’ineffabile mistero di Dio”.

L’ORRORE DI AUSCHWITZ-BIRKENAU. “Quasi impossibile”, anzi “particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania” parlare in un “luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia”, come il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Con queste parole Benedetto XVI ha iniziato il suo discorso in memoria delle vittime al campo di concentramento di Birkenau dove si è recato prima del suo ritorno in Vaticano. Di fronte “alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte”, prevale un “a tteggiamento di silenzio”, che, tuttavia, “diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa”. Come Giovanni Paolo II visitò lo stesso campo, il 7 giugno 1979, da “figlio del popolo polacco”, così Benedetto XVI ha sentito il dovere di andare: un dovere “di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco”. Un popolo sul quale “un gruppo di criminali raggiunse il potere mediante promesse bugiarde, in nome di prospettive di grandezza, di ricupero dell’onore della nazione e della sua rilevanza, con previsioni di benessere e anche con la forza del terrore e dell’intimidazione, cosicché il nostro popolo poté essere usato ed abusato come strumento della loro smania di distruzione e di dominio”. Poco prima del discorso del Papa, nel quale Benedetto XVI ha citato due volte, la shoah, erano state lette preghiere in diverse lingue mentre il rabbino capo di Polonia Michael Schudrich, aggredito qualche ora prima a Varsavia, ha cantato il Kaddish, il canto ebraico dei morti.

IL MANDATO. “Voglio concludere questa mia visita con le parole dell’apostolo Paolo che hanno accompagnato il mio pellegrinaggio in terra polacca: ‘Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti. Tutto si faccia tra voi nella carità”.

I discorsi pronunciati da Benedetto XVI nel corso del suo viaggio apostolico in Polonia (25-28 maggio 2006).1. All’aeroporto di Warszawa/Okęcie2. Incontro con il clero nella cattedrale di Warsazwa3. Incontro ecumenico nella chiesa Luterana di Warszawa4. Omelia nella Messa sulla Piazza Piłsudski a Warszawa5. Incontro con i religiosi, le religiose, i seminaristi e i movimenti ecclesiali al santuario di Jasna Góra6. Saluto ai giovani dal palazzo arcivescovile di Kraków7. A Wadowice, sulle orme di Giovanni Paolo II, testimone della fede8. Incontro con i giovani nel parco di Błonie9. Saluto dal Palazzo arcivescovile di Kraków10. Santa Messa nel parco di Błonie a Kraków11. Regina Caeli nel parco di Błonie a Kraków12. Nel campo di sterminio di Auschwitz13. Cerimonia di congedo all’aeroporto di Kraków/Balice

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