Benedetto XVI

Papa in Turchia, ecco perché bisogna pregare

«Il Papa ha bisogno di essere sostenuto non solo dall’affetto e dalla solidarietà di tutti i cristiani, ma dalla loro preghiera. Dobbiamo credere che è la preghiera che sostiene il mondo, perché solo alla preghiera Gesù ha promesso efficacia. E la nostra preghiera deve ottenere da Dio non tanto che il Papa salvi la propria vita, ma che porti a compimento la propria missione, ossia che si realizzi la motivazione che lo ha spinto ad andare in Turchia». Così padre Serafino Tognetti, successore di don Divo Barsotti, dall’eremo di Settignano casa madre della Comunità dei figli di Dio, risponde alla domanda se sia giusto pregare per un viaggio del Papa: «Anzi – ribadisce –, è giustissimo! Nel libro degli Atti degli Apostoli si dice che mentre Pietro (il Papa della Chiesa primitiva) era in prigione, una preghiera incessante saliva al Cielo per lui da parte di tutta la Chiesa».

Nel caso specifico della visita di Benedetto XVI in Turchia, cosa può ottenere in concreto la nostra preghiera?

«Che il Papa raggiunga lo scopo della propria missione, che è quella di farsi presente. La sua presenza è più importante di quello che dirà. Don Divo Barsotti sosteneva che un parroco nella propria parrocchia è la presenza del Cristo per tutti, anche per quelli che non vanno mai in chiesa, per gli adulteri, per i bestemmiatori, per gli atei… il parroco è chiamato da Dio a salvare tutti, con la propria preghiera, con il proprio esempio, con il proprio esserci. I peccatori in qualche maniera trovano salvezza nel parroco santo, che si sacrifica per loro (basta leggere la vita del Santo Curato d’Ars per trovare pagine meravigliose a questo proposito). Alla stessa maniera il Papa fa presente la salvezza, che sia accolto o meno. Il suo ruolo è proporre Uno più grande di sé, al di là delle parole che dirà o del successo o insuccesso apparente. Gesù ha salvato il mondo con la morte di croce, e la salvezza continua a farsi presente così: con la presenza umile, ma certa, del Cristo. E il Papa è la visibilità, il “sacramento” vivente del Signore Gesù».

Prima diceva che non si deve pregare tanto per la vita del Papa quanto per la sua missione. Non potrebbe sembrare una contraddizione?

«Assolutamente no. Dobbiamo anzi ringraziare il Signore per il coraggio di Benedetto XVI. Egli non teme della propria vita, perché la testimonianza del Salvatore vale più della propria vita. Il Papa in questo viaggio è esempio di coraggio a tutti noi cristiani».

Ma la preghiera, più in generale, è davvero così importante?

«La preghiera è l’opera più importante della Chiesa. Non a caso esistono Ordini contemplativi nella Chiesa, il cui lavoro e attività è proprio la preghiera. Gesù ha promesso ogni efficacia alla preghiera, mentre alle opere non ha promesso altrettanta efficacia. Nella preghiera noi facciamo nostra la volontà di Dio, e la volontà di Dio è che noi uomini siamo tutti “un solo gregge con un unico pastore”. Il Papa va a fare presente questa esigenza proprio dove questa volontà è negata».

A suo giudizio, avrà successo questa visita del Papa?

«La visita di Benedetto XVI in Turchia è già un successo prima ancora che avvenga. Certo, se misuriamo il successo con criteri umani o di diplomazia, può darsi che la visita del Papa in Turchia non lasci alcuna traccia. Ma Dio ragiona in modo diverso: la presenza del Papa è già di per sé un annuncio, perché egli non porta se stesso, non ragiona secondo logiche mondane, non va a fare gli interessi di uno Stato, ma gli interessi dell’uomo. E l’unico interesse dell’uomo è la carità, la conoscenza dell’Amore di Dio. La “visita” di san Francesco in Terra Santa non ottenne la liberazione dei territori occupati, non si risolse in una vittoria politica, ma tutti rimasero ammirati del coraggio e della santità di questo umile pover’uomo. Egli portava Dio, e in questo senso la sua missione fu un successo davanti a Dio e davanti agli uomini. E poi, se non vi sarà alcuna traccia in Turchia della visita del Papa, questa vi sarà qui da noi. Abbiamo un Pietro che non si arresta, che affronta con mansuetudine, ma con la forza della fede, coloro che non vogliono accogliere Gesù come Salvatore. Il suo esempio deve essere norma per tutti, anche nella nostra società che, se pur non apertamente osteggia il Cristo, di fatto lo esonera dalla vita di tutti i giorni. Il coraggio della testimonianza cristiana in questo caso è l’esempio che il Papa dà a tutti noi cristiani».

Il Papa in Turchia: il piccolo gregge si stringe attorno al suo Pastore