Benedetto XVI

Discorsi al XXV Congresso eucaristico nazionale ad Ancona

Pubblichiamo i testi integrali dei discorsi pronunciati da Benedetto XVI in occasione della sua visita pastorale ad Ancona per la conclusione del XXV Congresso eucaristico nazionale, sul tema “Signore da chi andremo? L’Eucaristia per la vita quotidiana”.

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA A CONCLUSIONE DEL XXV CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE, NEL CANTIERE NAVALE DI ANCONACarissimi fratelli e sorelle!

Sei anni fa, il primo viaggio apostolico in Italia del mio pontificato mi condusse a Bari, per il 24° Congresso Eucaristico Nazionale. Oggi sono venuto a concludere solennemente il 25°, qui ad Ancona. Ringrazio il Signore per questi intensi momenti ecclesiali che rafforzano il nostro amore all’Eucaristia e ci vedono uniti attorno all’Eucaristia! Bari e Ancona, due città affacciate sul mare Adriatico; due città ricche di storia e di vita cristiana; due città aperte all’Oriente, alla sua cultura e alla sua spiritualità; due città che i temi dei Congressi Eucaristici hanno contribuito ad avvicinare: a Bari abbiamo fatto memoria di come “senza la Domenica non possiamo vivereEucaristia per la vita quotidiana“.

Prima di offrivi qualche pensiero, vorrei ringraziarvi per questa vostra corale partecipazione: in voi abbraccio spiritualmente tutta la Chiesa che è in Italia. Rivolgo un saluto riconoscente al Presidente della Conferenza Episcopale, Cardinale Angelo Bagnasco, per le cordiali parole che mi ha rivolto anche a nome di tutti voi; al mio Legato a questo Congresso, Cardinale Giovanni Battista Re; all’Arcivescovo di Ancona-Osimo, Mons. Edoardo Menichelli, ai Vescovi della Metropolìa, delle Marche e a quelli convenuti numerosi da ogni parte del Paese. Insieme con loro, saluto i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, e i fedeli laici, fra i quali vedo molte famiglie e molti giovani. La mia gratitudine va anche alle Autorità civili e militari e a quanti, a vario titolo, hanno contribuito al buon esito di questo evento.

“Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (Gv 6,60). Davanti al discorso di Gesù sul pane della vita, nella Sinagoga di Cafarnao, la reazione dei discepoli, molti dei quali abbandonarono Gesù, non è molto lontana dalle nostre resistenze davanti al dono totale che Egli fa di se stesso. Perché accogliere veramente questo dono vuol dire perdere se stessi, lasciarsi coinvolgere e trasformare, fino a vivere di Lui, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella seconda Lettura: “Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore” (Rm 14,8).

“Questa parola è dura!”; è dura perché spesso confondiamo la libertà con l’assenza di vincoli, con la convinzione di poter fare da soli, senza Dio, visto come un limite alla libertà. E’ questa un’illusione che non tarda a volgersi in delusione, generando inquietudine e paura e portando, paradossalmente, a rimpiangere le catene del passato: “Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto…” – dicevano gli ebrei nel deserto (Es 16,3), come abbiamo ascoltato. In realtà, solo nell’apertura a Dio, nell’accoglienza del suo dono, diventiamo veramente liberi, liberi dalla schiavitù del peccato che sfigura il volto dell’uomo e capaci di servire al vero bene dei fratelli.

“Questa parola è dura!”; è dura perché l’uomo cade spesso nell’illusione di poter “trasformare le pietre in pane”. Dopo aver messo da parte Dio, o averlo tollerato come una scelta privata che non deve interferire con la vita pubblica, certe ideologie hanno puntato a organizzare la società con la forza del potere e dell’economia. La storia ci dimostra, drammaticamente, come l’obiettivo di assicurare a tutti sviluppo, benessere materiale e pace prescindendo da Dio e dalla sua rivelazione si sia risolto in un dare agli uomini pietre al posto del pane. Il pane, cari fratelli e sorelle, è “frutto del lavoro dell’uomo”, e in questa verità è racchiusa tutta la responsabilità affidata alle nostre mani e alla nostra ingegnosità; ma il pane è anche, e prima ancora, “frutto della terra”, che riceve dall’alto sole e pioggia: è dono da chiedere, che ci toglie ogni superbia e ci fa invocare con la fiducia degli umili: “Padre (…), dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11).

L’uomo è incapace di darsi la vita da se stesso, egli si comprende solo a partire da Dio: è la relazione con Lui a dare consistenza alla nostra umanità e a rendere buona e giusta la nostra vita. Nel Padre nostro chiediamo che sia santificato il Suo nome, che venga il Suo regno, che si compia la Sua volontà. E’ anzitutto il primato di Dio che dobbiamo recuperare nel nostro mondo e nella nostra vita, perché è questo primato a permetterci di ritrovare la verità di ciò che siamo, ed è nel conoscere e seguire la volontà di Dio che troviamo il nostro vero bene. Dare tempo e spazio a Dio, perché sia il centro vitale della nostra esistenza.

Da dove partire, come dalla sorgente, per recuperare e riaffermare il primato di Dio? Dall’Eucaristia: qui Dio si fa così vicino da farsi nostro cibo, qui Egli si fa forza nel cammino spesso difficile, qui si fa presenza amica che trasforma. Già la Legge data per mezzo di Mosè veniva considerata come “pane del cielo”, grazie al quale Israele divenne il popolo di Dio, ma in Gesù la parola ultima e definitiva di Dio si fa carne, ci viene incontro come Persona. Egli, Parola eterna, è la vera manna, è il pane della vita (cfr Gv 6,32-35) e compiere le opere di Dio è credere in Lui (cfr Gv 6,28-29). Nell’Ultima Cena Gesù riassume tutta la sua esistenza in un gesto che si inscrive nella grande benedizione pasquale a Dio, gesto che Egli vive da Figlio come rendimento di grazie al Padre per il suo immenso amore. Gesù spezza il pane e lo condivide, ma con una profondità nuova, perché Egli dona se stesso. Prende il calice e lo condivide perché tutti ne possano bere, ma con questo gesto Egli dona la “nuova alleanza nel suo sangue”, dona se stesso. Gesù anticipa l’atto di amore supremo, in obbedienza alla volontà del Padre: il sacrificio della Croce. La vita gli sarà tolta sulla Croce, ma già ora Egli la offre da se stesso. Così la morte di Cristo non è ridotta ad un’esecuzione violenta, ma è trasformata da Lui in un libero atto d’amore, di auto-donazione, che attraversa vittoriosamente la stessa morte e ribadisce la bontà della creazione uscita dalle mani di Dio, umiliata dal peccato e finalmente redenta. Questo immenso dono è a noi accessibile nel Sacramento dell’Eucaristia: Dio si dona a noi, per aprire la nostra esistenza a Lui, per coinvolgerla nel mistero di amore della Croce, per renderla partecipe del mistero eterno da cui proveniamo e per anticipare la nuova condizione della vita piena in Dio, in attesa della quale viviamo.

Ma che cosa comporta per la nostra vita quotidiana questo partire dall’Eucaristia per riaffermare il primato di Dio? La comunione eucaristica, cari amici, ci strappa dal nostro individualismo, ci comunica lo spirito del Cristo morto e risorto, ci conforma a Lui; ci unisce intimamente ai fratelli in quel mistero di comunione che è la Chiesa, dove l’unico Pane fa dei molti un solo corpo (cfr 1 Cor 10,17), realizzando la preghiera della comunità cristiana delle origini riportata nel libro della Didaché: “Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così la tua Chiesa dai confini della terra venga radunata nel tuo Regno” (IX, 4). L’Eucaristia sostiene e trasforma l’intera vita quotidiana. Come ricordavo nella mia prima Enciclica, “nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri”, per cui “un’Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata” (Deus caritas est, 14).

La bimillenaria storia della Chiesa è costellata di santi e sante, la cui esistenza è segno eloquente di come proprio dalla comunione con il Signore, dall’Eucaristia nasca una nuova e intensa assunzione di responsabilità a tutti i livelli della vita comunitaria, nasca quindi uno sviluppo sociale positivo, che ha al centro la persona, specie quella povera, malata o disagiata. Nutrirsi di Cristo è la via per non restare estranei o indifferenti alle sorti dei fratelli, ma entrare nella stessa logica di amore e di dono del sacrificio della Croce; chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, chi riceve il corpo del Signore non può non essere attento, nella trama ordinaria dei giorni, alle situazioni indegne dell’uomo, e sa piegarsi in prima persona sul bisognoso, sa spezzare il proprio pane con l’affamato, condividere l’acqua con l’assetato, rivestire chi è nudo, visitare l’ammalato e il carcerato (cfr Mt 25,34-36). In ogni persona saprà vedere quello stesso Signore che non ha esitato a dare tutto se stesso per noi e per la nostra salvezza. Una spiritualità eucaristica, allora, è vero antidoto all’individualismo e all’egoismo che spesso caratterizzano la vita quotidiana, porta alla riscoperta della gratuità, della centralità delle relazioni, a partire dalla famiglia, con particolare attenzione a lenire le ferite di quelle disgregate. Una spiritualità eucaristica è anima di una comunità ecclesiale che supera divisioni e contrapposizioni e valorizza le diversità di carismi e ministeri ponendoli a servizio dell’unità della Chiesa, della sua vitalità e della sua missione. Una spiritualità eucaristica è via per restituire dignità ai giorni dell’uomo e quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione. Una spiritualità eucaristica ci aiuterà anche ad accostare le diverse forme di fragilità umana consapevoli che esse non offuscano il valore della persona, ma richiedono prossimità, accoglienza e aiuto. Dal Pane della vita trarrà vigore una rinnovata capacità educativa, attenta a testimoniare i valori fondamentali dell’esistenza, del sapere, del patrimonio spirituale e culturale; la sua vitalità ci farà abitare la città degli uomini con la disponibilità a spenderci nell’orizzonte del bene comune per la costruzione di una società più equa e fraterna.

Cari amici, ripartiamo da questa terra marchigiana con la forza dell’Eucaristia in una costante osmosi tra il mistero che celebriamo e gli ambiti del nostro quotidiano. Non c’è nulla di autenticamente umano che non trovi nell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza: la vita quotidiana diventi dunque luogo del culto spirituale, per vivere in tutte le circostanze il primato di Dio, all’interno del rapporto con Cristo e come offerta al Padre (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 71). Sì, “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4): noi viviamo dell’obbedienza a questa parola, che è pane vivo, fino a consegnarci, come Pietro, con l’intelligenza dell’amore: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69).

Come la Vergine Maria, diventiamo anche noi “grembo” disponibile ad offrire Gesù all’uomo del nostro tempo, risvegliando il desiderio profondo di quella salvezza che viene soltanto da Lui. Buon cammino, con Cristo Pane di vita, a tutta la Chiesa che è in Italia!

RECITA DELL’ANGELUSCari fratelli e sorelle, prima di concludere questa solenne Celebrazione eucaristica, la preghiera dell’Angelus ci invita a rispecchiarci in Maria Santissima, per contemplare l’abisso d’amore da cui proviene il Sacramento dell’Eucaristia. Grazie al “fiat” della Vergine, il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Meditando il mistero dell’Incarnazione, ci rivolgiamo tutti, con la mente ed il cuore, verso il Santuario della Santa Casa di Loreto, dal quale ci separano solo pochi chilometri. La terra marchigiana è tutta illuminata dalla spirituale presenza di Maria nel suo storico Santuario, che rende ancora più belle e più dolci queste colline! A Lei affido in questo momento la città di Ancona, la Diocesi, le Marche e l’Italia intera, affinché nel popolo italiano sia sempre viva la fede nel Mistero eucaristico, che in ogni città e in ogni paese, dalle Alpi alla Sicilia, rende presente Cristo Risorto, sorgente di speranza e di conforto per la vita quotidiana, specie nei momenti difficili.Oggi il nostro pensiero va anche all’11 settembre di dieci anni fa. Nel ricordare al Signore della Vita le vittime degli attentati compiuti in quel giorno e i loro familiari, invito i responsabili delle Nazioni e gli uomini di buona volontà a rifiutare sempre la violenza come soluzione dei problemi, a resistere alla tentazione dell’odio e a operare nella società, ispirandosi ai principi della solidarietà, della giustizia e della pace.Per intercessione di Maria Santissima, prego, infine, il Signore di ricompensare tutti coloro che hanno lavorato per la preparazione e l’organizzazione di questo Congresso Eucaristico Nazionale, e ad essi rivolgo di cuore il mio più vivo ringraziamento! INCONTRO CON GLI SPOSI E CON I SACERDOTI NELLA CATTEDRALE SAN CIRIACO DI ANCONA Cari sacerdoti e cari sposi!

Il colle su cui è costruita questa Cattedrale ci ha consentito un bellissimo sguardo sulla città e sul mare; ma nel varcare il maestoso portale l’animo rimane affascinato dall’armonia dello stile romanico, arricchito da un intreccio di influssi bizantini e di elementi gotici. Anche nella vostra presenza – sacerdoti e sposi provenienti dalle diverse diocesi italiane – si coglie la bellezza dell’armonia e della complementarità delle vostre differenti vocazioni. La mutua conoscenza e la stima vicendevole, nella condivisione della stessa fede, portano ad apprezzare il carisma altrui e a riconoscersi all’interno dell’unico “edificio spirituale” (1 Pt 2,5) che, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù, cresce ben ordinato per essere tempio santo nel Signore (cfr Ef 2,20-21). Grazie, dunque, per questo incontro: al caro Arcivescovo, Mons. Edoardo Menichelli – anche per le espressioni con cui lo ha introdotto – e a ciascuno di voi.

Vorrei soffermarmi brevemente sulla necessità di ricondurre Ordine sacro e Matrimonio all’unica sorgente eucaristica. Entrambi questi stati di vita hanno, infatti, nell’amore di Cristo, che dona se stesso per la salvezza dell’umanità, la medesima radice; sono chiamati ad una missione comune: quella di testimoniare e rendere presente questo amore a servizio della comunità, per l’edificazione del Popolo di Dio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1534). Questa prospettiva consente anzitutto di superare una visione riduttiva della famiglia, che la considera come mera destinataria dell’azione pastorale. È vero che, in questa stagione difficile, essa necessita di particolari attenzioni. Non per questo, però, ne va sminuita l’identità e mortificata la specifica responsabilità. La famiglia è ricchezza per gli sposi, bene insostituibile per i figli, fondamento indispensabile della società, comunità vitale per il cammino della Chiesa.

A livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la rilevanza nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal Sacramento del Matrimonio è importante per la vita della Chiesa: la famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale; essa è un dono prezioso per l’edificazione della comunità. La vicinanza del sacerdote alla famiglia, a sua volta, l’aiuta a prendere coscienza della propria realtà profonda e della propria missione, favorendo lo sviluppo di una forte sensibilità ecclesiale. Nessuna vocazione è una questione privata, tantomeno quella al matrimonio, perché il suo orizzonte è la Chiesa intera. Si tratta, dunque, di saper integrare ed armonizzare, nell’azione pastorale, il ministero sacerdotale con “l’autentico Vangelo del matrimonio e della famiglia” (Enc. Familiaris consortio, 8) per una comunione fattiva e fraterna. E l’Eucaristia è il centro e la sorgente di questa unità che anima tutta l’azione della Chiesa.

Cari sacerdoti, per il dono che avete ricevuto nell’Ordinazione, siete chiamati a servire come Pastori la comunità ecclesiale, che è “famiglia di famiglie”, e quindi ad amare ciascuno con cuore paterno, con autentico distacco da voi stessi, con dedizione piena, continua e fedele: voi siete segno vivo che rimanda a Cristo Gesù, l’unico Buon Pastore. Conformatevi a Lui, al suo stile di vita, con quel servizio totale ed esclusivo di cui il celibato è espressione. Anche il sacerdote ha una dimensione sponsale; è immedesimarsi con il cuore di Cristo Sposo, che dà la vita per la Chiesa sua sposa (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 24). Coltivate una profonda familiarità con la Parola di Dio, luce nel vostro cammino. La celebrazione quotidiana e fedele dell’Eucaristia sia il luogo dove attingere la forza per donare voi stessi ogni giorno nel ministero e vivere costantemente alla presenza di Dio: è Lui la vostra dimora e la vostra eredità. Di questo dovete essere testimoni per la famiglia e per ogni persona che il Signore pone sulla vostra strada, anche nelle circostanze più difficili (cfr ibid., 80). Incoraggiate i coniugi, condividetene le responsabilità educative, aiutateli a rinnovare continuamente la grazia del loro matrimonio. Rendete protagonista la famiglia nell’azione pastorale. Siate accoglienti e misericordiosi, anche con quanti fanno più fatica ad adempiere gli impegni assunti con il vincolo matrimoniale e con quanti, purtroppo, vi sono venuti meno.

Cari sposi, il vostro Matrimonio si radica nella fede che “Dio è amore” (1Gv 4,8) e che seguire Cristo significa “rimanere nell’amore” (cfr Gv 15,9-10). La vostra unione – come insegna san Paolo – è segno sacramentale dell’amore di Cristo per la Chiesa (cfr Ef 5,32), amore che culmina nella Croce e che è “significato e attuato nell’Eucaristia” (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 29). Il Mistero eucaristico incida sempre più profondamente nella vostra vita quotidiana: traete ispirazione e forza da questo Sacramento per il vostro rapporto coniugale e per la missione educativa a cui siete chiamati; costruite le vostre famiglie nell’unità, dono che viene dall’alto e che alimenta il vostro impegno nella Chiesa e nel promuovere un mondo giusto e fraterno. Amate i vostri sacerdoti, esprimete loro l’apprezzamento per il generoso servizio che svolgono. Sappiate sopportarne anche i limiti, senza mai rinunciare a chiedere loro che siano fra voi ministri esemplari che vi parlano di Dio e che vi conducono a Dio. La vostra fraternità è per loro un prezioso aiuto spirituale e un sostegno nelle prove della vita.

Cari sacerdoti e cari sposi, sappiate trovare sempre nella santa Messa la forza per vivere l’appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa, nel perdono, nel dono di sé stessi e nella gratitudine. Il vostro agire quotidiano abbia nella comunione sacramentale la sua origine e il suo centro, perché tutto sia fatto a gloria di Dio. In questo modo, il sacrificio di amore di Cristo vi trasformerà, fino a rendervi in Lui “un solo corpo e un solo spirito” (cfr Ef 4,4-6). L’educazione alla fede delle nuove generazioni passa anche attraverso la vostra coerenza. Testimoniate loro la bellezza esigente della vita cristiana, con la fiducia e la pazienza di chi conosce la potenza del seme gettato nel terreno. Come nell’episodio evangelico che abbiamo ascoltato (Mc 5,21-24.35-43), siate, per quanti sono affidati alla vostra responsabilità, segno della benevolenza e della tenerezza di Gesù: in Lui si rende visibile come il Dio che ama la vita non è estraneo o lontano dalle vicende umane, ma è l’Amico che mai abbandona. E nei momenti in cui si insinuasse la tentazione che ogni impegno educativo sia vano, attingete dall’Eucaristia la luce per rafforzare la fede, sicuri che la grazia e la potenza di Gesù Cristo possono raggiungere l’uomo in ogni situazione, anche la più difficile.

Cari amici, vi affido tutti alla protezione di Maria, venerata in questa Cattedrale con il titolo di “Regina di tutti i Santi”. La tradizione ne lega l’immagine all’ex voto di un marinaio, in ringraziamento per la salvezza del figlio, uscito indenne da una tempesta di mare. Lo sguardo materno della Madre accompagni anche i vostri passi nella santità verso un approdo di pace. Grazie.

INCONTRO CON I GIOVANI FIDANZATI IN PIAZZA DEL PLEBISCITO AD ANCONA Cari fidanzati!

Sono lieto di concludere questa intensa giornata, culmine del Congresso Eucaristico Nazionale, incontrando voi, quasi a voler affidare l’eredità di questo evento di grazia alle vostre giovani vite. Del resto, l’Eucaristia, dono di Cristo per la salvezza del mondo, indica e contiene l’orizzonte più vero dell’esperienza che state vivendo: l’amore di Cristo quale pienezza dell’amore umano. Ringrazio l’Arcivescovo di Ancona-Osimo, Mons. Edoardo Menichelli, per il suo cordiale e profondo saluto, e tutti voi per questa vivace partecipazione; grazie anche per le domande che mi avete rivolto e che io accolgo confidando nella presenza in mezzo a noi del Signore Gesù: Lui solo ha parole di vita eterna, parole di vita per voi e per il vostro futuro!

Quelli che ponete sono interrogativi che, nell’attuale contesto sociale, assumono un peso ancora maggiore. Vorrei offrirvi solo qualche orientamento per una risposta. Per certi aspetti, il nostro è un tempo non facile, soprattutto per voi giovani. La tavola è imbandita di tante cose prelibate, ma, come nell’episodio evangelico delle nozze di Cana, sembra che sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto la difficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sull’avvenire. Questa condizione contribuisce a rimandare l’assunzione di decisioni definitive, e incide in modo negativo sulla crescita della società, che non riesce a valorizzare appieno la ricchezza di energie, di competenze e di creatività della vostra generazione.

Manca il vino della festa anche a una cultura che tende a prescindere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno è spinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perimetro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sensazioni, di stati d’animo e di emozioni sembra più importante della condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora diventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la carenza. Appartiene a una cultura priva del vino della festa anche l’apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d’amore.

Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non perdete mai la speranza. Abbiate coraggio, anche nelle difficoltà, rimanendo saldi nella fede. Siate certi che, in ogni circostanza, siete amati e custoditi dall’amore di Dio, che è la nostra forza. Dio è buono. Per questo è importante che l’incontro con Dio, soprattutto nella preghiera personale e comunitaria, sia costante, fedele, proprio come è il cammino del vostro amore: amare Dio e sentire che Lui mi ama. Nulla ci può separare dall’amore di Dio! Siate certi, poi, che anche la Chiesa vi è vicina, vi sostiene, non cessa di guardare a voi con grande fiducia. Essa sa che avete sete di valori, quelli veri, su cui vale la pena di costruire la vostra casa! Il valore della fede, della persona, della famiglia, delle relazioni umane, della giustizia. Non scoraggiatevi davanti alle carenze che sembrano spegnere la gioia sulla mensa della vita. Alle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino, Maria invitò i servi a rivolgersi a Gesù e diede loro un’indicazione precisa: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Fate tesoro di queste parole, le ultime di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa!

Come fidanzati vi trovate a vivere una stagione unica, che apre alla meraviglia dell’incontro e fa scoprire la bellezza di esistere e di essere preziosi per qualcuno, di potervi dire reciprocamente: tu sei importante per me. Vivete con intensità, gradualità e verità questo cammino. Non rinunciate a perseguire un ideale alto di amore, riflesso e testimonianza dell’amore di Dio! Ma come vivere questa fase della vostra vita, testimoniare l’amore nella comunità? Vorrei dirvi anzitutto di evitare di chiudervi in rapporti intimistici, falsamente rassicuranti; fate piuttosto che la vostra relazione diventi lievito di una presenza attiva e responsabile nella comunità. Non dimenticate, poi, che, per essere autentico, anche l’amore richiede un cammino di maturazione: a partire dall’attrazione iniziale e dal “sentirsi bene” con l’altro, educatevi a “volere bene” all’altro, a “volere il bene” dell’altro. L’amore vive di gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell’altro.

Cari amici, ogni amore umano è segno dell’Amore eterno che ci ha creati, e la cui grazia santifica la scelta di un uomo e di una donna di consegnarsi reciprocamente la vita nel matrimonio. Vivete questo tempo del fidanzamento nell’attesa fiduciosa di tale dono, che va accolto percorrendo una strada di conoscenza, di rispetto, di attenzioni che non dovete mai smarrire: solo a questa condizione il linguaggio dell’amore rimarrà significativo anche nello scorrere degli anni. Educatevi, poi, sin da ora alla libertà della fedeltà, che porta a custodirsi reciprocamente, fino a vivere l’uno per l’altro. Preparatevi a scegliere con convinzione il “per sempre” che connota l’amore: l’indissolubilità, prima che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissuto, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro. Bruciare le tappe finisce per “bruciare” l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile. La fedeltà e la continuità del vostro volervi bene vi renderanno capaci anche di essere aperti alla vita, di essere genitori: la stabilità della vostra unione nel Sacramento del Matrimonio permetterà ai figli che Dio vorrà donarvi di crescere fiduciosi nella bontà della vita. Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per l’intera società. Fin d’ora, fondate su di essi il vostro cammino verso il matrimonio e testimoniatelo anche ai vostri coetanei: è un servizio prezioso! Siate grati a quanti con impegno, competenza e disponibilità vi accompagnano nella formazione: sono segno dell’attenzione e della cura che la comunità cristiana vi riserva. Non siete soli: ricercate e accogliete per primi la compagnia della Chiesa.

Vorrei tornare ancora su un punto essenziale: l’esperienza dell’amore ha al suo interno la tensione verso Dio. Il vero amore promette l’infinito! Fate, dunque, di questo vostro tempo di preparazione al matrimonio un itinerario di fede: riscoprite per la vostra vita di coppia la centralità di Gesù Cristo e del camminare nella Chiesa. Maria ci insegna che il bene di ciascuno dipende dall’ascoltare con docilità la parola del Figlio. In chi si fida di Lui, l’acqua della vita quotidiana si muta nel vino di un amore che rende buona, bella e feconda la vita. Cana, infatti, è annuncio e anticipazione del dono del vino nuovo dell’Eucaristia, sacrificio e banchetto nel quale il Signore ci raggiunge, ci rinnova e trasforma. E non smarrite l’importanza vitale di questo incontro: l’assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi: dall’Eucaristia scaturisce il senso cristiano dell’esistenza e un nuovo modo di vivere (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 72-73). Non avrete, allora, paura nell’assumere l’impegnativa responsabilità della scelta coniugale; non temerete di entrare in questo “grande mistero”, nel quale due persone diventano una sola carne (cfr Ef 5,31-32).

Carissimi giovani, vi affido alla protezione di San Giuseppe e di Maria Santissima; seguendo l’invito della Vergine Madre – “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” – non vi mancherà il gusto della vera festa e saprete portare il “vino” migliore, quello che Cristo dona per la Chiesa e per il mondo. Vorrei dirvi che anch’io sono vicino a voi e a tutti coloro che, come voi, vivono questo meraviglioso cammino  di amore. Vi benedico con tutto il  cuore!