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Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (III)
63. “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”” (Gv 20,19-21). Il Signore mostra i segni della sua Passione: il Risorto è l’Agnello, che ha preso su di sé le nostre sofferenze, le nostre sconfitte, i nostri fallimenti, i nostri peccati, per mostrarci una via di luce nelle tenebre. Ora egli invia i suoi discepoli: la Chiesa è fin dall’inizio missionaria.
Ma ciò che è fondamentale, è quel “come” sulla bocca di Gesù: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Il Verbo ha compiuto la sua missione scendendo, calandosi in ogni nostra oscurità, con umiltà e con un profondo amore per gli uomini, per tutti noi peccatori. Anche la Chiesa, allora, non potrà seguire altra via che quella della kènosis per rivelare al mondo il Servo del Signore, l’Agnello di Dio che porta i peccati del mondo. Per questo san Paolo chiede a Tito di insegnare ai suoi fedeli a “esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini” (Tt 3,2).
Lo stesso san Paolo, proprio perché consapevole della sua condizione di peccatore perdonato, di “vaso di misericordia” (cf. Rm 9,23), a cui Dio ha mostrato la via della vita nella sua infinita misericordia, comprende che l’unico modo per rivolgersi agli uomini in maniera conforme alla grazia ricevuta è quello di parlare loro in ginocchio: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20). Per questo la Chiesa ha bisogno soprattutto di santi, di uomini che diffondano il buon profumo di Cristo con la loro mitezza, mostrando piena consapevolezza di essere servi della misericordia di Dio manifestatasi in Gesù Cristo.
64. È questa la via che porta alla fecondità: la Chiesa umile e serva, che scende accanto agli uomini, soffrendo con loro in ogni loro debolezza, può trasmettere davvero il Verbo della vita fino a far rinascere la speranza e la gioia nei cuori degli uomini. Per questo l’apostolo Paolo legge le sue sofferenze e umiliazioni apostoliche come le doglie necessarie perché Cristo sia formato nei suoi interlocutori (cf. Gal 4,19). Ma la Chiesa può essere realmente madre solo se compie la volontà del Padre, se ascolta la sua Parola e si lascia trasformare da essa giorno dopo giorno: “Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3,35), ha detto Gesù.
Per rinnovare il nostro apostolato, il nostro slancio missionario, che è servizio alla missione dell’Inviato del Padre, dovremo perciò essere sempre i primi ad ascoltare assiduamente la parola di Dio, a lasciarci permeare della sua grazia, a convertirci instancabilmente. In tutto questo trova fondamento la nostra esperienza di fede, fino all’ultimo giorno della nostra vita.
La Chiesa è casa, edificio, dimora ospitale che va costruita mediante l’educazione a una spiritualità di comunione. Questo significa far spazio costantemente al fratello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2). Ma ciò è possibile solo se, consapevoli di essere peccatori perdonati, guardiamo a tutta la comunità come alla comunione di coloro che il Signore santifica ogni giorno. L’altro non sarà più un nemico, né un peccatore da cui separarmi, bensì “uno che mi appartiene”. Con lui potrò rallegrarmi della comune misericordia, potrò condividere gioie e dolori, contraddizioni e speranze. Insieme, saremo a poco a poco spinti ad allargare il cerchio di questa condivisione, a farci annunciatori della gioia e della speranza che insieme abbiamo scoperto nelle nostre vite grazie al Verbo della vita.
Soltanto se sarà davvero “casa di comunione”, resa salda dal Signore e dalla Parola della sua grazia, che ha il potere di edificare (cf. At 20,32), la Chiesa potrà diventare anche “scuola di comunione”. È importante che ciò avvenga: in ogni luogo le nostre comunità sono chiamate a essere segni di unità, promotori di comunione, per additare umilmente ma con convinzione a tutti gli uomini la Gerusalemme celeste, che è al tempo stesso la loro “madre” (Gal 4,26) e la patria verso la quale sono incamminati. In essa, come ricorda l’Apocalisse, Dio “dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,3-4). Le differenze saranno accolte e riconciliate, le sofferenze troveranno senso e definitiva consolazione e la morte stessa perderà ogni suo potere di fronte alla comunione nell’amore, alla partecipazione estesa a ogni uomo della vita trinitaria.
Ma non dimentichiamo l’avvertimento di Giovanni Paolo II: “Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita”63.
66. Il Papa ha invitato tutte le Chiese particolari a “prendere il largo”: Duc in altum! (Lc 5,4), sono le parole di Gesù che egli sente risuonare nel suo cuore di Pastore della Chiesa universale. È l’invito più giusto per impostare nei prossimi anni il nostro cammino pastorale.
Certo, alcuni di noi, osservando alcuni fenomeni negativi, potrebbero lasciarsi andare a un certo pessimismo. Ma la Chiesa conosce un solo criterio per rinnovare ogni giorno la speranza: essa sa che “fedele è Dio”, dal quale siamo stati “chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!” (1Cor 1,9). Coloro che ascoltano davvero il loro Signore non si preoccupano nemmeno di possibili insuccessi. Dicono con Pietro: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5).
67. Nei prossimi anni compiremo dunque un cammino guidato da un costante riferimento al Concilio Vaticano II e dal suo messaggio. Alcuni passi saranno:
l’impegno per una pastorale della santità, perché la Chiesa sia la Sposa santa del Signore che viene;
la comunicazione del Vangelo ai fedeli, a quanti vivono nell’indifferenza e ai non cristiani, qui nelle nostre terre e nella missione ad gentes;
il rinnovamento della vita delle nostre comunità, attraverso la centralità data alla domenica, il primato dell’ascolto della Parola, anche nella lectio divina, e la vita liturgica che abbisogna di una conoscenza più approfondita;
il percorrere vie di comunione, perché la Chiesa, vera scuola di comunione, possa chiamare tutti gli uomini alla comunione con Cristo;
l’impegno dei fedeli laici alla testimonianza evangelica, all’assunzione di nuove forme ministeriali, soprattutto a essere, nella società e nei diversi ambienti di vita, capaci di vigilanza profetica e costruttori di una città terrena in cui regnino sempre di più la giustizia, la pace, l’amore.
Questo nostro cammino avviene sotto la sguardo di Maria, la madre del Signore, e conta sulla sua intercessione. Ella ha acconsentito al mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio, ha ascoltato e realizzato la parola di Dio, è figura della Chiesa santa, serva del Signore e madre dei credenti, è donna di fede obbediente, pronta a sperare contro ogni speranza, piena dell’amore di Dio e capace di carità senza confini. A lei affidiamo con piena fiducia il nostro cammino in attesa della venuta del Signore.
cogliere l’originalità e la ricchezza teologica e pedagogica della speranza, in un contesto culturale, come quello attuale, che ne è molto povero;
individuare atteggiamenti e scelte che rendano la Chiesa una comunità a servizio della speranza per ogni uomo.
coglierne l’originalità e le esigenze, in quanto comunicazione dell’evento del mistero cristiano;
sostare, con grande senso di responsabilità, sul capitolo delle comunicazione della fede ai giovani;
riflettere sul valore della comunicazione sociale, sulla situazione attuale e sulle iniziative che vanno sostenute o che attendono di essere avviate;
approfondire alcuni sentieri particolarmente significativi della comunicazione (ad es. comunicazione e arte, nuove tecnologie ).
garantire qualità formativa (nel senso dell’incontro con Cristo e della comunione con lui fino alla santità, del dare ragione della speranza che abbiamo nel cuore, dell’accrescere la nostra ricchezza di umanità) a ogni momento e incontro proposto alle nostre comunità: iniziazione cristiana, omelia, catechesi, colloqui personali, lavoro nei gruppi, ecc.;
dare spazio a momenti propriamente culturali, portando a livello di base (diocesi, vicariati, parrocchie, gruppi, ecc.) l’intento di cui è espressione, a livello di Chiesa italiana, il “progetto culturale orientato in senso cristiano”, con una forte attenzione alle domande antropologiche che ogni giorno il dibattito pubblico e la cronaca introducono nelle nostre case;
ripensare coraggiosamente il volto spirituale che è dato di incontrare, in questi anni, a chi osserva le nostre comunità: c’è forse una mediocrità da combattere e l’urgenza di pensare la vocazione universale alla santità, mirando a tradurla quotidianamente in pedagogia e pastorale della santità.
soffermarsi sulla fisionomia della comunità eucaristica domenicale per mettere a fuoco, in vario modo, la scelta di farla diventare una reale comunità di discepoli che si lasciano evangelizzare e che poi, uscendo dalla celebrazione, mostrano una crescente passione apostolica;
domandarsi quali passi concreti si possono e si debbono compiere perché le nostre comunità cristiane si facciano carico di tutti i battezzati, valorizzando le opportunità già esistenti e immaginandone di nuove;
rileggere dal punto di vista missionario la formazione degli operatori pastorali, nonché il lavoro dei consigli pastorali parrocchiali e delle commissioni impegnate in ambiti specifici, valutando i temi che vengono privilegiati e lo stile con cui sono affrontati;
assumere decisamente una prassi di comunione che, a partire da una costante educazione del sensus fidei, allena al “discernimento comunitario” cristiano, riconoscendo in tal modo tutti i doni che lo Spirito effonde e percorrendo insieme e corresponsabilmente, pastori e fedeli, i sentieri del Vangelo;
rilanciare e valorizzare la presenza e l’azione dei laici espressa dalle aggregazioni ecclesiali e dalle associazioni professionali di ispirazione cristiana nei vari ambienti di vita;
verificare le scelte formative di coloro che si preparano a diventare presbiteri e la formazione permanente dei sacerdoti, perché siano veramente padri nella fede e acquisiscano una mentalità missionaria;
dare tempo e spazio a un serio approfondimento del senso, dei modi e degli strumenti con cui mettere in atto un lavoro di “primo annuncio”, di accompagnamento al battesimo di persone che si convertono al cristianesimo, di approfondimento di un serio cammino di catecumenato, con l’aiuto delle indicazioni date in questi anni dalla Conferenza episcopale;
riflettere sulla creazione e valorizzazione di nuovi ministeri laicali di tipo missionario: visitatori delle famiglie, moderatori di gruppi di ascolto, responsabili di incontri con gli adulti, in particolare con i genitori che chiedono i sacramenti dell’iniziazione cristiana per i loro figli, ecc.