Vescovi Toscani
Card. Betori, presentazione della lettera «La forza della parola»
Nel suo discorso a Barbiana, il 20 giugno dello scorso anno, Papa Francesco disse: «Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole. Questo vale a suo modo anche per i nostri tempi, in cui solo possedere la parola può permettere di discernere tra i tanti e spesso confusi messaggi che ci piovono addosso, e di dare espressione alle istanze profonde del proprio cuore, come pure alle attese di giustizia di tanti fratelli e sorelle che aspettano giustizia. Di quella umanizzazione che rivendichiamo per ogni persona su questa terra, accanto al pane, alla casa, al lavoro, alla famiglia, fa parte anche il possesso della parola come strumento di libertà e di fraternità».
Sono, queste, parole che aiutano a cogliere il senso profondo della testimonianza che don Lorenzo Milani ha lasciato alla Chiesa e alla società italiana. Come Vescovi delle Chiese di questa regione abbiamo sentito il dovere di raccogliere la lezione di questo sacerdote, nella cui vita, sempre Papa Francesco ha invitato a riconoscere «un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa». Con la Lettera che oggi viene presentata abbiamo voluto mostrare come la sua lezione sia ancora viva, capace di illuminare il cambiamento culturale che stiamo attraversando, affidando proprio alla purificazione della parola il ruolo decisivo della restituzione di significati e di ragioni per orientare il cammino dell’uomo nei nostri giorni.
Ponendo inoltre la questione della parola nella prospettiva della comunicazione e della formazione, si è inteso evidenziarne la centralità sia in ordine alla costruzione delle relazioni che costituiscono il tessuto della società, sia in funzione della responsabilità educativa come presa in carico dell’altro nella sua crescita. Una parola, dunque, come strumento di cammino della persona verso l’attuazione di sé e come terreno in cui una comunità, una società può trovare una identità di concordia e non di contese.
Da ultimo, non possiamo dimenticare che, nell’ottica della fede, la parola assume un valore imprescindibile, in quanto è in essa che, come ci viene detto in ogni pagina delle sacre Scritture che Dio si rivela, insieme con i gesti, e come ci invita a fare l’evangelista Giovanni, in essa scopriamo l’identità stessa del Figlio di Dio che si è fatto carne per noi. Siamo nel cuore stesso della fede e il confronto con questo cuore appartiene al dovere di ogni credente.
Termino ringraziando il prof. Affinati per aver accettato il nostro invito a presentare queste pagine e il dott. Ermini che si è reso disponibile a moderare il nostro incontro.