Vescovi Toscani
Mons. Benotto, comunicato sulle vicende della Misericordia di Pisa
Comunicato dell’Arcivescovo
Sulle vicende della Arciconfraternita di Misericordia di Pisa si chiede una parola da parte dell’arcivescovo, anche se fino ad ora, all’arcivescovo ci si è rivolti con accuse del tutto gratuite ed offensive, alle quali non si può che rispondere con il silenzio.
Le attuali vicende della Misericordia di Pisa hanno avuto una lunga incubazione in una gestione in cui si era pensato che il volontariato avesse fatto il suo tempo e che ormai ci si doveva muovere con stile e modalità imprenditoriali.
Ciò aveva comportato una crescita inarrestabile di dipendenti e una progressiva riduzione di volontari. In una lettera del 2010 rivolta all’allora governatore, 42 dipendenti contestavano “le scelte di una dirigenza che, per egocentrismo ha tentato in questi anni di trasformare l’associazione in azienda, trasformando i volontari in dipendenti, ma senza trasformare al tempo stesso, i proventi da convenzioni in profitto”. I firmatari della lettera che dicevano pure: “è mancato il principio fondamentale dell’economia: non ci può essere una azienda senza un profitto”, in qualche modo avevano colto nel segno. Infatti le Misericordie non sono delle aziende.
C’è anche da ricordare che dal 2007 al 2008, in un anno, i dipendenti aumentarono di 15 unità fino a raggiungere il totale di 67, nel momento stesso in cui venivano meno 26 obiettori di coscienza con la scomparsa del servizio di leva obbligatorio.
Le Misericordie, come del resto le Pubbliche Assistenze, non erano e non sono aziende, ma Associazioni di volontariato regolate da norme di legge assolutamente diverse da quelle che regolano qualsiasi azienda e sono amministrate e gestite non da autorità esterne, ma da organi statutari propri eletti dai soci.
Il Governatore Bonaccorsi nella sua relazione del 10 febbraio 2009 dopo aver evidenziato che la Misericordia ereditava un debito dalla precedente gestione (dal marzo 2008 al febbraio 2009 la Misericordia era stata senza governatore), denunciava altresì il “problema della onerosità delle rate di ammortamento dei finanziamenti” ottenuti dalle banche; problemi congiunturali nei servizi tradizionali con il “timore di dover perdere alcune possibilità di lavoro per effetto dei risparmi imposti dallo Stato alla spesa sociale”; “l’allungamento delle riscossioni dei compensi per i servizi svolti” e ancora “il ritardo nella concessione per la costruzione del padiglione del nuovo Cimitero” da parte della Amministrazione Comunale di Pisa; infine “il pericolo che la dismissione patrimoniale sia consumata per pagare costi di esercizio”.
Purtroppo chi avrebbe dovuto capire l’allarme del governatore non capì; anzi, per i meccanismi di automatismo inerenti al lavoro dipendente, il numero degli addetti aumentò ben oltre i 70 dipendenti.
In un contesto di smarrimento circa la natura e il fine della Misericordia, nel febbraio 2011 il governatore Bonaccorsi dette le dimissioni. A quel punto, allertato dalla palese confusione presente nella associazione, l’arcivescovo scrisse ai membri del Magistrato richiamando tutti allo spirito cristiano della Misericordia e ad una umile saggezza.
L’Associazione elesse il 26 giugno 2011 un nuovo governatore nella persona del dott. Antonio Strambi che però si dimise nella seduta del 23 novembre dello stesso anno per le forti tensioni che non permettevano un lavoro sereno e per il bisogno di una dirigenza che avesse valide cognizioni amministrative.
Da qui tutta una serie di dimissioni a catena degli organi statutari che determinò il Collegio dei Probiviri, il 5 dicembre 2011, a chiedere all’arcivescovo, a norma di Statuto, la nomina di un Commissario con il compito di preparare nuove elezioni entro sei mesi. Il 17 dicembre 2011 l’arcivescovo nominò il dott. Stefano Ragghianti dopo una serie di consultazioni con la Conferenza delle Misericordie della Toscana.
Nel Comunicato dell’arcivescovo del 17 dicembre 2011 si diceva: “la speranza è che questo provvedimento serva a recuperare un clima più sereno che permetta di affrontare con lucidità e con determinazione le problematiche che hanno provocato le attuali difficoltà e superarle. Ciò richiederà la disponibilità generosa di tutti, quale banco di prova dell’attaccamento ad una Istituzione che ha bisogno di modellarsi sempre più sui valori cristiani di servizio e di carità che sono sempre stati il contenuto più autentico e il motivo portante della sua secolare esistenza”.
Dopo sei mesi, il 17 giugno 2012 si svolsero le elezioni con la nomina a governatore del dott. Luigi Marchetti. Le puntuali e scrupolose verifiche amministrative dell’attuale Magistrato hanno evidenziato in maniera ancora più drammatica lo stato di dissesto economico della Misericordia che non lascia nessuno spazio di alternativa tra la chiusura dell’Ente con la sua messa in liquidazione o la ancora possibile salvaguardia di una parte dei posti di lavoro, oltre ad un massiccio rilancio della attività di volontariato.
E qui è davvero giusto e doveroso esprimere solidarietà – che non è mai mancata da parte dell’arcivescovo – sia ai dipendenti, vittime di una tragica situazione della quale forse non era stata capita la pericolosità, ma anche a chi si trova a dover fare i conti con una situazione fallimentare che non ha certo creato e che, come già detto, non ha altra alternativa tra la messa in liquidazione della Misericordia stessa e il licenziamento di tutti i dipendenti e un ulteriore tentativo di dare continuità alla Misericordia, salvaguardandone almeno una parte degli addetti.
Nessuno prova gioia nel prendere decisioni così tremende che comunque feriscono la vita di persone e di famiglie; ma non ci si deve dimenticare che è segno di coraggio non abbandonare la nave mentre sta affondando, continuando a tenere in mano il timone.
Solidarietà non è e non può essere solo una parola con cui ci si riempie la bocca, lasciando poi che ciascuno vada al suo destino.
Per questo l’arcivescovo rivolge un forte e deciso appello a tutte le Istituzioni locali, regionali e nazionali, perché chi si dovesse trovare a perdere il proprio posto di lavoro, non rimanga in mezzo alla strada. E’ vero che la situazione generale è difficile e grave, ma possono esserci contesti in cui è ancora possibile dare futuro a chi oggi trova il suo domani sbarrato alla speranza.
L’arcivescovo, da parte sua, come ha sempre fatto fino ad ora, nel rispetto della indipendenza della Misericordia sulla quale, a norma di Statuto, non ha alcun potere decisionale, non mancherà di fare tutto il possibile, non tanto con le parole, ma con una azione fattiva, anche se silenziosa.