Vescovi Toscani

Betori, lettera alle famiglie 2010

Pubblichiamo il testo integrale della Lettera Pasquale alle famiglie scritta dall’Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori e che verrà distribuita dai parroci durante la benedizione pasquale. Il tema è la figura del presbitero in occasione dell’anno sacerdotale indetto dal Papa Benedetto XVI, un anno dedicato a sostenere i sacerdoti nel loro ministero e a invitare tutti i fedeli a riscoprire l’importanza del sacerdozio nella Chiesa.

Carissimi fratelli e carissime sorelle nel Signore,torno volentieri nelle vostre case in occasione della visita alle famiglie che le parrocchie svolgono di norma nei mesi che precedono la Pasqua e vi ringrazio per l’accoglienza che riservate a queste parole, scritte per crescere insieme come Chiesa fiorentina. Quest’anno prendo a tema la figura del sacerdote, seguendo l’indicazione del Papa Benedetto XVI, che da giugno 2009 a giugno 2010 ha voluto un “anno sacerdotale”, un anno dedicato a sostenere i sacerdoti nel loro ministero e a invitare tutti i fedeli a riscoprire l’importanza del sacerdozio nella Chiesa. Scrivo queste pagine guardando non solo alla dottrina ma facendo tesoro anche della mia esperienza di sacerdote. E le scrivo con fiducia, perché immagino che la maggior parte di voi abbia potuto sperimentare nella propria vita la vicinanza di un prete come un dono di grazia del Signore, orientamento e sostegno per la vostra vita. Nella vicinanza dei preti alla gente registriamo uno delle note più positive dell’esperienza di Chiesa nel nostro Paese. Preti in risposta a una chiamata del SignoreA questo un prete giunge dopo un lungo cammino, che inizia con la generosa risposta a una chiamata che viene da Dio. Ed è nella famiglia che matura l’ascolto della voce del Signore che porta un ragazzo, un giovane a scoprire che proprio questo egli vuole da lui: farsi suo servitore come pastore del popolo di Dio. Il prete non si pone tra la gente come un qualsiasi leader di un gruppo, né si sceglie da solo questo ruolo nella vita, come fosse un mestiere qualsiasi: preti si diventa per chiamata di Dio, in risposta a un suo disegno, a una sua vocazione. Che la vita sia risposta a una vocazione vale certamente per ogni persona; anche il matrimonio è frutto di un progetto di Dio sulla vita di un uomo e di una donna; la stessa attività lavorativa, in quanto collaborazione all’opera creatrice di Dio, dovrebbe poter corrispondere a una specifica inclinazione, mediante la quale ciascuno trova il posto che Dio gli ha affidato nel mondo.

È perciò importante che le nostre famiglie siano grembo accogliente delle vocazioni sacerdotali. Questo già nell’aprirsi alla vita, con la disponibilità a non limitarsi ad avere uno o al massimo due figli, e poi nel non sentire i figli come un possesso bensì come un dono di Dio, di cui i genitori sono custodi e non padroni. Di questa accoglienza fa parte anche educare alla fede nella vita familiare, cooperando alle proposte della parrocchia. È più facile che la voce di Dio venga percepita da un giovane se nelle nostre famiglie l’aria è purificata dall’ammorbante materialismo che invade la società e i valori dello spirito sono rispettati ed esaltati, valorizzando la libertà e la responsabilità personale, per aprirsi a scelte anche coraggiose, come quella appunto di seguire una chiamata così alternativa rispetto alla cultura diffusa.

Chi è il prete?Leggiamo nel vangelo che Gesù scelse i suoi apostoli “perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni” (Mc 3,14-15). Nel legame intimo con Gesù risiede la grandezza del sacerdote e la sorgente del suo ministero, della potenza della sua parola e dei gesti di grazia con cui ci libera dal male e ci fa partecipi della vita di Cristo. Se ci si domanda chi è un prete, occorre ribadire con forza che egli, prima ancora che in rapporto agli altri fedeli o alla società, si definisce in rapporto a Dio.

Il prete è anzitutto un uomo di Dio, un uomo che “sta” con Gesù. Un compito non facile nel nostro tempo così pieno di distrazioni e stimoli, che spingono a uscire da se stessi e a perdersi nelle mille cose del mondo. Di qui un’urgenza per i nostri preti a ricentrarsi sulla propria dimensione interiore, sul loro rapporto con Gesù Cristo, sulla loro vita di fede anzitutto. Più che operatori del sacro o animatori di comunità, i preti sono infatti segni del mistero di Dio. E anche qui c’è bisogno che le nostre famiglie favoriscano la dimensione spirituale dei nostri preti, rispettandone il mistero e rimanendo esigenti nel chiedere ai preti, prima ancora che un sostegno umano, questa testimonianza di trascendenza che ci aiuti a percepire il cielo in terra, l’orientamento verso l’eterno nei nostri giorni quotidiani. Ogni prete sa che questo è ciò che qualifica il suo servizio tra le gente, in specie tra i giovani, nelle varie forme di animazione di cui tutti abbiamo esperienza.

Il legame del sacerdote con Dio si esprime poi nella dimensione specifica di segno di Cristo Pastore tra noi. Dio non ha voluto abbandonare l’umanità al suo destino, ma come un pastore con il suo gregge ha voluto radunare i suoi figli nel suo amore. Segno supremo di questo amore è il suo stesso Figlio fatto uomo, quel Gesù che i vangeli ci presentano come il buon Pastore che “dà la propria vita per le pecore” (Gv 10,11). È il volto di Gesù pastore del suo popolo che i sacerdoti sono chiamati a perpetuare nel tempo, assimilandosi a Cristo e facendosi mediatori della grazia con l’annuncio della Parola e la celebrazione dei Sacramenti. Questo ministero va esercitato nella dedizione umile e generosa nei confronti del popolo di Dio, con la carità stessa di Cristo. È essenziale per una serena vita pastorale saper guardare a un sacerdote non fermandosi alle sue attitudini umane, ma vedendo in trasparenza nel suo agire l’amore stesso di Gesù. Egli è solo un segno; la realtà cui rimanda è il nostro Pastore e Salvatore. Questo ci permette anche uno sguardo di comprensione e di perdono verso i limiti dei nostri sacerdoti, anche verso le loro eventuali mancanze, sapendo che la loro umanità e la loro fragilità non è cancellata. Come in una famiglia, anche nella comunità cristiana senza comprensione e perdono non si va avanti.

Il servizio del sacerdote Qual è il compito di un sacerdote? Al primo posto c’è l’annuncio della Parola. La fede nasce infatti dall’ascolto: primo dovere della Chiesa è annunciare il vangelo della salvezza di Gesù, e a questo compito è anzitutto destinato il sacerdote, che deve divulgare con fedeltà la verità del vangelo, annunciandola e istruendo in essa quanti gli sono affidati. Predicazione, catechesi, esortazione, insegnamento spirituale: ciascuno di noi ha potuto sperimentare nella propria vita come attraverso la Parola proclamata una luce di verità e di speranza è stata proiettata sulle vicende della nostra famiglia e dei suoi componenti, magari in momenti di particolare difficoltà. In un mondo oggi assai lontano da un contesto culturale conforme alle istanze evangeliche, sempre più preda della mutevolezza e della varietà delle opinioni, vittima della rinuncia alla verità, la missione dell’annuncio diventa sempre più gravosa per i nostri preti, cui non deve mancare pertanto il sostegno di quanti, diaconi e fedeli laici, religiosi e religiose, nella comunità cristiana possono apportare in aiuto competenze culturali e anche teologiche. Un aiuto specifico all’evangelizzazione lo si attende dalle famiglie, per l’unicità di un’esperienza d’amore a immagine stessa della Trinità, ma anche come ambiente fraterno per il sacerdote, che rinunciando a una propria famiglia deve sentirsi da esse accolto e sostenuto.

La Parola chiama alla fede, ma la fede è frutto del dono della grazia, che si comunica nella forma ordinaria dei Sacramenti. E qui ritroviamo il sacerdote, che ci ha generato e genera i nostri figli alla vita divina mediante il Battesimo; conduce alla pienezza del dono dello Spirito preparandoci alla Confermazione; spezza il pane e dispensa il vino della presenza di Cristo fatto carne e sangue per noi nell’Eucaristia dove si fa memoria reale del suo sacrificio d’amore; diventa il tramite del perdono del Padre quando nella Riconciliazione ci guarisce dalle colpe; è ancora lui a benedire il Matrimonio nel sacramento di cui gli sposi sono ministri; a lui affidiamo gli istanti gravosi della malattia e quelli ultimi dell’esistenza nel gesto dell’Unzione. Tutte le stagioni della vita sono segnate dalla presenza del sacerdote, dalle cui mani rifluisce su di noi il dono della grazia divina: da soli non possiamo farci cristiani e crescere come figli di Dio. In modo particolare è nel ministero del sacerdote la sorgente del sacramento che è fonte e culmine della vita della Chiesa, l’Eucaristia: dalla mensa del sacrificio di Cristo si alimentano le mense delle nostre case con l’amore che non viene mai meno, quello di cui necessitano le nostre famiglie per non perdersi nel tempo e disgregarsi nel conflitto degli egoismi.

La parola di verità e la grazia sacramentale che il sacerdote trasmette in forza del sacramento dell’Ordine sono costitutivi della comunità cristiana. Il prete è il promotore della comunione nella comunità cristiana, vivendo egli stesso per primo in questo orizzonte. Non si è infatti preti da soli, ma dentro un presbiterio, con vincoli di fraternità e di cooperazione pastorale. Cosicché è importante non sentire le nostre singole comunità legate esclusivamente a questo o a quel prete, ma affidate insieme al presbiterio di una diocesi e quindi pronte ad accogliere ogni sacerdote che verrà loro destinato secondo le necessità pastorali cui il vescovo deve provvedere nell’interesse di tutto il popolo di Dio del territorio. Promotore di comunione nella comunità, al sacerdote è chiesto anche di animare i doni e i carismi di cui ogni comunità è dotata dal Signore, creando unità e servizio reciproco. Tra questi doni c’è anche il ministero dei coniugi, che dal servizio del sacerdote riceve sostegno e alimento di fedeltà.

Presenza nel territorio e tra la genteNell’esperienza delle nostre comunità la presenza dei sacerdoti si contraddistingue per una stretta prossimità alla vita della gente, tramite una diffusa presenza nelle comunità umane disseminate nel territorio e condizioni di esistenza vicine a quelle della popolazione. In questa vicinanza matura anche l’attenzione dei preti ai problemi concreti della gente e delle comunità, diventando essi promotori non solo di vita religiosa ma anche culturale e sociale. I preti sono presenti sul versante educativo, animando la crescita dei nostri ragazzi, come pure su quello sociale, promuovendo momenti aggregativi che danno identità a paesi e quartieri. Sono vicini anche alle tante povertà diffuse tra noi, alle solitudini da riempire con generosa accoglienza senza nessuno escludere, ai momenti della fragilità nelle malattie e nelle sofferenze che ogni famiglia sa di dover attraversare. Di questa prossimità non saremo mai abbastanza grati ai nostri preti e ad essa dobbiamo sentire il dovere di dare sostegno e cooperazione. Pregare con e per i pretiConcludo queste mie righe ricordando la funzione che i sacerdoti hanno nel sostenere la nostra preghiera, nell’educarci al dialogo con Dio. Se le prime preghiere si apprendono nella casa, è nella chiesa che si sviluppa la nostra capacità di colloquio spirituale, alimentandosi alla pratiche di pietà e nutrendosi della parola di Dio. Grati per questa iniziazione alla preghiera, dobbiamo sentire il dovere di ricambiare con la nostra preghiera per i sacerdoti, così che essa li sostenga nella fedeltà alla loro vocazione e nella generosità nel loro servizio. Alla vostra preghiera, care famiglie, affido i sacerdoti della nostra arcidiocesi fiorentina. È una preghiera che chiedo sia particolarmente intensa per le vocazioni sacerdotali, perché sia sorretto il coraggio della risposta nei giovani che il Signore chiama a questo sacro ministero. Firenze, 6 gennaio 2010, Epifania del SignoreGiuseppe Betori, arcivescovo di Firenze