Prato

Prato, scioperi e presidi di operai pachistani davanti alle aziende cinesi

L’accusa dei dipendenti nei confronti dei «padroni» è quella di essere impiegati con contratti part time a quattro ore giornaliere a fronte di otto o più ore lavorate con pagamenti in nero, ferie, riposi e malattie negate. Una condizione simile a quella vissuta in questi anni da tantissimi operai cinesi con la sola differenza che questi ultimi mai si sono organizzati per protestare e rendere pubbliche le terribili condizioni di lavoro nelle quali si trovavano ad operare. Le stesse che il primo dicembre 2013 hanno causato la morte di sette operai nel tragico rogo di via Toscana, citato anche da papa Francesco quando, due anni dopo, venne in visita a Prato.

In questi ultimi tempi stiamo assistendo ad uno scontro interetnico, con i pachistani che hanno cominciato a pretendere il rispetto dei loro diritti, sanciti e garantiti dalle leggi italiane. Ad intercettare questo malcontento e a dare voce al loro disagio è intervenuto il sindacato Si Cobas, rappresentato a Prato dai battaglieri Luca Toscano e Sarah Caudiero. Ultimi episodio in ordine di tempo, nel settore tessile, la protesta ad alta tensione avvenuta il 6 luglio davanti all’ingresso della tintoria e stamperia Superlativa di via Inghirami, dove la polizia è intervenuta a più riprese per sgomberare settanta operai in sciopero.

«Anche qui i lavoratori denunciano lo sfruttamento, con turni di 12 ore al giorno per sette giorni la settimana, lavoro nero e utilizzo di finti contratti part-time per paghe da 1000 euro al mese», ha spiegato Luca Toscano. Gli operai, afferma il sindacalista, «chiedono la regolarizzazione di tutti i contratti. Già nel 2016 e nel 2018 l’azienda era stata pizzicata dai controlli che avevano rilevato un uso massiccio di lavoro nero». Lavoratori e sindacato hanno denunciato di essere stati allontanati con il manganello dai poliziotti, intervenuti per impedire ai manifestanti di bloccare l’ingresso e l’uscita dei mezzi dalla ditta. Una parte degli operai ha poi cercato di bloccare la vicina tangenziale e anche in questo caso sono intervenuti gli agenti. «Non ci sono state cariche né frizioni», ha fatto sapere la Questura.

A metà giugno è avvenuto l’episodio più grave e violento. Davanti alla Gruccia Creations, azienda cinese che produce grucce in plastica in via dello Sprone, è nato un tafferuglio che ha coinvolto pachistani e cinesi. Sul posto sono dovute intervenire delle ambulanze del 118 per portare in ospedale i feriti, tutti pachistani, con lesioni alla testa e agli arti. Tra loro anche una ragazzina di 14 anni. Secondo Si Cobas i manifestanti sono stati picchiati da «una squadretta messa su dal titolare». Anche in questo caso i lavoratori rivendicavano un contratto regolare e la fine dei turni di dodici ore al giorno senza riposo settimanale. Il fatto ha avuto una forte eco e sono arrivate anche reazioni politiche, come quella del presidente della regione Enrico Rossi: «Nel caso in cui tutto questo fosse confermato si tratterebbe di un fatto molto grave e di un’ulteriore conferma dell’esistenza di una catena di sfruttamento intollerabile per una regione civile come la Toscana, dove i diritti devono essere rispettati. Auspico che gli eventuali responsabili siano puniti in modo fermo ed esemplare».

Risale invece alla fine di maggio la decisione della Questura di Prato di vietare a Luca Toscano e Sarah Caudiero l’ingresso a Prato, se non per svolgere attività sindacale e solo dopo averlo previamente comunicato. Il questore Alessio Cesareo ha firmato il foglio di via obbligatorio dopo aver esaminato le notizie della sezione anticrimine sulla pericolosità dei due sindacalisti.

Mentre l’8 luglio c’è stato uno sciopero con picchettaggio, sempre di Si Cobas, al Panificio Toscano. Anche in questo caso i manifestanti sono stati allontanati dalla polizia e Luca Toscano è stato denunciato per resistenza e violenza a pubblico ufficiale insieme a un operaio che ha riportato un trauma cranico lieve e alcune contusioni. Il manifestante ferito – fanno sapere dal Si Cobas – è lo stesso ritratto in un video diffuso sui social mentre, immobilizzato a terra, viene colpito con un pugno alla testa da un agente.

Il documento della Chiesa di Prato in difesa del lavoro degno contro lo sfruttamento degli operai pachistani