Prato

«Fateci vivere esperienze forti». Forum in redazione su Chiesa e giovani

I partecipanti al nostro forum sono tre maschi e tre femmine, dai 17 ai 24 anni, tutti animatori in gruppi parrocchiali e assidui frequentatori delle iniziative proposte a livello diocesano. Li abbiamo chiamati per capire cosa si aspettano dalla Chiesa di Prato in questo cammino intrapreso verso il Sinodo dei Giovani indetto da papa Francesco per il 2018. Siamo certi che le loro parole, pur personali e chiaramente non indicative del comune sentire di tutto il mondo giovanile pratese, possano essere uno spunto utile per tutte le nostre parrocchie, ma anche per i movimenti e le associazioni di ispirazione cristiana.

Ecco chi sono i nostri interlocutori. Fabiola Corchia, 24 anni, studentessa di teologia e Alessio Giannotti, studente di ingegneria di 22 anni sono della parrocchia di San Pietro a Iolo. Matteo Corradi, 17 anni, studia in un istituto tecnico di Firenze e Sara Blotto, 24 anni, operatore socio sanitario sono animatori dell’oratorio cittadino di Sant’Anna. Cosimo Lunetti, 18 anni, studente del Gramsci e Irene Vacirca, 17 anni, studentessa al Liceo Cicognini, vengono da Mezzana dove frequentano il gruppo dell’Azione Cattolica.

Per prima cosa vi chiediamo: condividete la scelta del vescovo Franco di aprire una pagina Facebook? È una scelta giovanilistica oppure è la strada giusta per arrivare ai vostri coetanei che solitamente non frequentano la Chiesa?Matteo. Io ho accolto bene questa decisione, secondo me è una buona cosa.Fabiola. Non poteva fare a meno di essere su Facebook! Se vuole capire e sapere cosa pensano i giovani deve frequentare questi ambienti.Alessio. È una buona modalità per far passare messaggi ma ha detto bene: la sua presenza in rete deve essere funzionale ad un incontro nella vita reale. Voi siete giovani e frequentate da tempo le vostre realtà di provenienza. Perché a venti anni si è ancora in un gruppo parrocchiale? Cosa ci trovate?Sara. Sì, io sono «nata» nel cortile di Sant’Anna. Frequentando questo ambiente ho avuto modo di conoscere persone significative che mi hanno dato tanto e quando sono diventata grande mi sono sentita chiamata a dare qualcosa di mio. Diciamo che si tratta di una restituzione.Matteo. Io sono arrivato all’oratorio grazie ai miei amici, mi hanno convinto a venire e mi è piaciuto molto quello che ho trovato. Lo frequento per le persone che ci sono.Fabiola. L’oratorio, il gruppo parrocchiale, ti offrono un cammino, accanto a te ci sono persone che ti fanno crescere a livello umano e spirituale. Da ragazza ci andavo per gli amici, poi è nato in me il desiderio «di camminare».Alessio. In parrocchia c’è un modo di vivere diverso da quello che si trova fuori. Non troviamo le stesse cose degli altri ambienti, altrimenti non ci verremmo.Cosimo. Da bambino pensavo: ma chi glielo fa fare agli animatori di stare con noi? Poi cresci e arrivi a un bivio, devi scegliere se impegnarti oppure no. Io mi sono sentito cercato, voluto.Irene. Dopo la Cresima il mio gruppo si è decimato, siamo rimaste in due. Però avevo la possibilità di entrare in un gruppo giovani formato e rodato. Lo frequento perché insieme viviamo esperienze significative.

Cosa pensano di voi gli amici che non frequentano… vi giudicano? Avete mai provato ad invitarli in parrocchia?Fabiola. Una persona credente al giorno d’oggi s’interroga continuamente. Io mi dico: se credo in Gesù devo essere un testimone credibile. Nei miei amici non c’è un giudizio su di me, ma la curiosità di capire perché io sia credente. Chi crede veramente non ha paura e non vuole nascondersi.Alessio. Alle superiori «noi» eravamo minoranza. Invece all’università riesco a venire in contatto con altri ragazzi credenti. Non mi sento uno che deve convertire, io frequento la mia facoltà cercando di essere me stesso e cerco di esserlo anche quando vado a ballare o a divertirmi la sera.Sara. Tante volte ci confrontiamo nel gruppo se abbiamo paura a dirci cristiani. Io ho sempre avuto accanto a me persone non credenti però si sono interessate perché raccontavo loro le mie esperienze, come ad esempio l’ultima Gmg. Questo tipo di iniziative suscitano interesse.Irene. I miei amici si stupiscono perché pensano che frequentare la chiesa sia una «palla». Mi chiedono chi me lo faccia fare. Però sono curiosi, perché mi vedono felice, io faccio esperienze di vita e loro si incuriosiscono. Parliamo della lettera del Vescovo, che dice di volersi fermare ad ascoltarvi e di vuoler conoscere ciò che vi sta a cuore. Quali sono i vostri sogni?Alessio. Banalmente posso dire che il mio sogno e il mio cruccio è sapere cosa farò da grande. Mi sta a cuore l’università, lo studio prende il 90% del mio tempo. E quindi vorrei fare un cammino di crescita anche in questo ambiente.Irene. È una domanda difficile. Ammetto di avere delle paure: quelle di non riuscire a realizzare i miei sogni, soprattutto quello lavorativo. Mi chiedo se le relazioni che sto instaurando dureranno. Sara. Anche io in questa fase della vita penso al lavoro. Ho scelto di fare l’operatore sanitario e vorrei testimoniare la mia fede anche in questo ambito. Ho il desiderio di fare una esperienza missionaria e questa estate sarò esaudita, con il gruppo andremo in Albania. Conosceremo nuove realtà ed è una cosa importante, non ci siamo solo noi al mondo.Cosimo. Il mio pensiero è quello di sistemarmi. Il mio babbo ha iniziato a lavorare alla mia età, a 18 anni, si mise in proprio ed è riuscito a trovare la propria strada. Oggi mi sembra molto più difficile.Matteo. Io mi chiedo: quando lavorerò riuscirò a portare la testimonianza fatta in oratorio o diventerò uno come tutti gli altri?

Cosa dovrebbe fare per voi la Chiesa di Prato? Cosa chiedete?Fabiola. Che ci sia un accompagnamento per i giovani adulti.Sara. Sì, giusto!Fabiola. Servirebbe una pastorale universitaria diocesana fatta di incontri significativi che ti fanno crescere a livello umano, nelle relazioni, negli affetti, nell’amore e nella vocazione. Si parla tanto di vocazioni ma poi nel concreto nessuno ci aiuta a scoprirla. Io sono andata ad Assisi a un incontro vocazionale. Bellissimo. Mi piacerebbe viverlo anche qui. E poi vorrei che chi mi parla conoscesse il mondo dei giovani, quindi non si dovrebbe scandalizzare se si vivono determinate esperienze.Alessio. Ho letto con attenzione il messaggio del Vescovo, dentro ci trovo un cambio di passo: l’ascolto. Quindi mi aspetto poche «lezioni al di là del tavolo». È una bella novità dire: «non voglio farvi prediche». Se si vuole conquistare un giovane ci vogliono poche chiacchiere, non si può impartire l’ennesima lezione dopo la scuola e la palestra. Però attenzione, poi ci ascolti davvero.Matteo. Sarebbe bello che la Chiesa organizzasse per noi eventi per «attirare» anche giovani che non frequentano. E poi ho saputo dell’idea di consegnare la lettera del Vescovo il sabato sera in centro. Mi piace.Irene. Si devono trovare metodi coinvolgenti, i ragazzi vanno stimolati. E per dare stimoli e motivare servono i coetanei. Se da noi viene una persona di una certa età a dirci com’erano belli i suoi tempi a nessuno interessa. Noi vogliamo vivere i nostri! Quando vengo invitata a partecipare da qualcuno della mia età aderisco volentieri.Fabiola. Vogliamo fare esperienze forti! Ma soprattutto bisogna accogliere i ragazzi per quello che sono, con i loro difetti, dobbiamo sapere che faranno cavolate. È una cosa normale. E poi si deve dire: ti accolgo anche se la pensi così, ma ti faccio capire qual è la strada giusta.Sara. La penso come Fabiola, vorrei che ci fosse un bel gruppo di giovani universitari che si ritrovano, discutono, agiscono. Chiedo che vengano organizzate iniziative diocesane dove si possa parlare tra di noi e che ci sia qualcuno in grado di rispondere alle nostre domande. Cosa chiedete ai nostri sacerdoti?Alessio. I sacerdoti, penso a quelli giovani, dovrebbero stare di più in parrocchia, anche durante la formazione del Seminario. Ma attenzione, in parrocchia, non in sacrestia. Devono stare in mezzo alla gente senza scandalizzarsi. Lo ripeto, il Vescovo ha fatto bene ad andare su Facebook, si è avvicinato alle persone.Matteo. Più preti su Facebook!Sara. I preti sono su Facebook ma non penso sia quello che dobbiamo chiedergli. Io sto cercando un padre spirituale. Quando frequento gli eventi vorrei che fossero presenti, così avrei modo di conoscerli.Irene. A me piace il prete che, finita la messa, si ferma, non quello che saluta e va via. A me piace quando al termine della funzione resta lì e poi stiamo a chiacchierare per mezz’ora. Lo so, hanno tanti impegni ma per noi dovrebbero avere sempre tempo. E poi con un sacerdote vorrei parlare non solo del «Padre Nostro», ma anche della mia vita, di quello che faccio la mattina a scuola.Fabiola. Ma anche di quello che faccio il sabato sera! Lo ripeto: noi ci siamo, parliamoci, dialoghiamo. Coltiviamo le relazioni. Infine una domanda da un milione di dollari: come possiamo fare per coinvolgere maggiormente i vostri coetanei? Voi cosa direste ai vostri amici per farli partecipare alla vita della Chiesa?Matteo. Facciamo eventi che attirano, come ad esempio un concerto in piazza Duomo.Fabiola. A me piacerebbero degli aperitivi a tema dove poter incontrarsi, chiacchierare e conoscersi. Magari con qualche sacerdote che si presenta, parla con i ragazzi e li invita in parrocchia. Anche queste sono occasioni.Cosimo. Purtroppo molti ragazzi vedono la chiesa in modo stereotipato: andare in parrocchia vuol dire pregare. Invece non è così. Non è solo questo. Dobbiamo farlo capire.Alessio. Il Vescovo lo ha detto: i social servono a favorire l’incontro. Quindi incontriamoci.Fabiola. Giusto, ma se nell’evento il prete, l’educatore non sorride, non stringe mani, non parla, non è accogliente e magari giudica, i ragazzi poi non vengono.Irene. Però se ci sono gli stereotipi, tocca a noi dimostrare che non sono veri e invitare gli amici agli eventi. Tutto deve partire dai nostri racconti. Se un ragazzo vede che un coetaneo è felice di partecipare a un qualcosa, un evento, un cammino, diventa più facile incuriosirlo.Fabiola. E poi diciamolo… anche ai giovani cattolici piace fare l’aperitivo, ballare, divertirsi. Non c’è nulla di male.