Prato
La Diocesi compie 350 anni Il Vescovo: Memoria e impegno
Eccellenza, la Diocesi festeggia lunedì 22 il 350° della sua istituzione. Di anniversari se ne celebrano tanti. Questo che significato può avere per i cristiani pratesi?
«Posso dare una risposta valida in generale: non ci rendiamo conto pienamente chi siamo se non sappiamo da dove veniamo. La storia e la memoria sono essenziali per la nostra identità. Ovviamente non si vive di sola memoria ed è per questo che noi abbiamo pensato queste celebrazioni come un aiuto per capire e affrontare meglio i problemi e le responsabilità di oggi».
Cosa può dire la storia passata alla fede che si vive oggi a Prato?
«Molto. Uno degli aspetti negativi che si registrano tra i nostri cristiani (per non dire dei non credenti) è proprio l’ignoranza della storia della Chiesa».
La storia della Diocesi, come del resto quella di tutto il processo di autonomia del nostro territorio, è stata particolarmente difficile. Come leggerla con gli occhi di oggi?
«È una domanda difficile, ci vorrebbero persone più esperte di me. Mi pare di poter affermare che il lungo processo di autonomia vissuto nei secoli dai pratesi la dice lunga sulla vivacità di questo popolo. Il problema, a mio parere, è però quello di vedere se l’identità faticosamente costruita nei secoli, se il dinamismo che caratterizza così peculiarmente i pratesi, sono in fase di addormentamento o di crescita. A me, come Vescovo, interessa favorire un risveglio cristiano. Anche la memoria del nostro passato ecclesiale e civile ci può aiutare in proposito».
Il 26 ottobre del 1653 Prato ottenne il titolo di città. 350 anni fa la realtà pratese era niente più che un piccolo mondo di provincia. Oggi è un territorio tra i più dinamici e vivaci. Come vede Prato?
«Prato è un microcosmo. Una realtà dove si riflettono tutti gli aspetti salienti – i problemi culturali, sociali, economici – del mondo occidentale. Prato è un microcosmo speciale: sia perché la nostra città è in contatto da sempre con tutto il mondo, sia perché qui il fenomeno dell’immigrazione è particolarmente ampio e significativo».
In questi ultimi anni sono stati ripetuti i suoi appelli ai pratesi: dal risveglio della fede, al lavoro, al senso della domenica. In questa occasione di festa cosa le premerebbe ripetere?
«Mi premere ripetere che bisogna darci una scossa per essere comunità e persone fiduciose e impegnate. Fiduciose anche per quell’eredità di bene che abbiamo ricevuto. Non siamo certamente all’anno zero. Però è necessario rilanciare con entusiasmo il nostro impegno per un risveglio cristiano in terra di Prato. È un’impresa possibile se intanto, partendo dalla realtà più ordinarie, ci diamo da fare per superare gli aspetti più carenti delle nostre comunità, dalla Messa domenicale alla carità. Per questo, oltre che di preti, abbiamo bisogno di laici sempre più numerosi e capaci di assumersi responsabilità nell’ambito delle parrocchie, della Diocesi, della società».
In fondo, avendo scelto il libro degli Atti degli Apostoli sarà questo il programma dell’anno pastorale appena iniziato. Come viverlo nelle parrocchie e nelle altre realtà ecclesiali?
«Abbiamo scelto come testo di riferimento il libro degli Atti. Ci è sembrata una scelta giusta, giacché vi si racconta il cammino delle prime comunità cristiane. Se è vero, come sta scritto nel titolo del nostro recente convegno diocesano, che gli Atti sono lo specchio della Chiesa di tutti i tempi, allora abbiamo una bella possibilità meditando su questo libro di percepire i migliori ideali della nostra vita e di riceverne una spinta in più».
Il 350° sarà festeggiato fino a S. Stefano del 2004. Diocesi, Comune e Provincia insieme organizzano il cartellone degli eventi. Perché questa collaborazione?
«Sì, vorrei che quella di lunedì 22 fosse davvero una bella festa della nostra Chiesa, una festa popolare: tanta gente che accorre processionalmente alla Cattedrale e vi sosta per un grande momento di memoria cristiana e di preghiera».