Prato

LA VOCE DEL VESCOVO – Gerusalemme e Roma, appunti dal Policlinico Gemelli

Il pellegrinaggio in Terra Santa dal 21 al 27 giugno (che non ho potuto guidare) e la solennità dei Santi Pietro e Paolo che si celebra martedì 29 mi suggeriscono di scrivere due parole, anzi tre, per i miei diocesani. La prima riguarda Gerusalemme, la seconda Roma, la terza ambedue queste città «eterne», città della fede e del cuore di noi cristiani e, insieme, proprio per questo, città universali.

1. GerusalemmeGerusalemme – e, più in generale, la Terra Santa – significa la fede cristiana vissuta e vista, allo «stato nascente»: la fede cristiana innestata su Israele e ramificata, lungo i secoli, fra tutte le genti. È bello ripetere, da un continente all’altro: «Tutti là siamo nati…» e «sono in te tutte le mie sorgenti» (cfr. Sal. 87).Là – con la Scrittura in mano e nella mente, e con l’aiuto della Tradizione scritta e orale e delle scoperte archeologiche – il nostro cuore di seguaci di Gesù sente un palpito speciale, sente la suggestione e il richiamo delle proprie origini, la viva e concretissima realtà, lontana nel tempo ma ancora tangibile ed eloquente, di Lui, Messia e Signore, di Maria, degli apostoli e della prima comunità apostolica. È in questa realtà che, come in uno specchio, siamo spinti a contemplare l’Avvenimento cristiano, il dato «irrefutabile» di Gesù Cristo e il suo mistero che non cessano e non cesseranno di stupirci e di invitare ognuno a farsi coinvolgere.A Gerusalemme, tra l’altro – là, in quella Terra al limite tra l’Occidente e l’Oriente, in quel punto cruciale del mondo, delle religioni e delle culture – mi pare di avvertire più sensibilmente tre aspetti dell’esperienza di fede. Anzitutto, Dio che nel Messia di Betlem, di Nazareth, della Galilea, del Getsemani, del Golgota e della tomba vuota, rivela nell’umiltà, nella piccolezza e nella sofferenza il mistero della «sapienza e potenza» di Dio salvatore della vita e della gioia.Poi, il Cristo come Segno – insieme – di contraddizione, di riconciliazione e di amore «unico», assoluto, universale. Infine, l’impulso – proprio dei discepoli – di passare, come Pietro, dalla quiete del lago di Galilea e dalla professione di fede a Cesarea di Filippo (cfr. Mt. 16) al mare aperto spalancato davanti al suo sguardo sulle sponde del Mediterraneo, tra Giaffa e Cesarea Marittima (cfr. At 9,36 – 42 e 10), al mare aperto alla missione verso Roma e l’intera umanità, la missione di cui Paolo sarà il protagonista speciale. 2. Roma La luce e la grazia di Gerusalemme si sono irradiate ovunque, dove è arrivata e vive la Chiesa, piccola o grande o più o meno luminosa o nascosta che sia. Ma tutto è avvenuto sull’asse Gerusalemme-Roma. Roma è stata l’approdo di Pietro e di Paolo, l’approdo del movimento partito da Gerusalemme e il suo principale centro di espansione e di unità sulla terra. La testimonianza del «primo» degli apostoli e dell’apostolo e dottore delle genti, unita a quella dei loro discepoli e dei martiri di Cristo nella città imperiale e cosmopolita, ha segnato per sempre Roma e ha creato il suo fascino che nessuna sua decadenza lungo i secoli ha potuto spengere. La sede di Pietro e dei suoi successori, poggiata sul Vangelo, garantisce alla Chiesa, da allora, la fedeltà indefettibile alla Parola del Signore e la dinamicità missionaria, tipicamente paolina.Perciò la comunione con la cattedra di Pietro da parte degli altri successori degli apostoli, i vescovi, dei loro presbiteri e delle comunità affidate alla loro cura pastorale è un’esigenza fondamentale della piena «rettitudine» della fede, della vita e della missione cristiana.Come il primo cenacolo, l’immensa comunità cristiana nel mondo – che è l’unica Chiesa, di per sé «cattolica», vivente nelle varie Chiese particolari – è animata e guidata dallo Spirito Santo, che però non elimina ma anima, guida e sostiene anzitutto, nonostante la debolezza umana, il collegio apostolico, che fa capo alla sede di Pietro. Nei legittimi e inevitabili dibattiti all’interno della Chiesa l’ultima parola – ascoltati i fratelli – è quella di Pietro, come avvenne al primo concilio di Gerusalemme (cfr. At. 15). 3. Gerusalemme-RomaTali immensi tesori della rivelazione e della comunicazione divina per la nostra salvezza venuti da Gerusalemme sono custoditi, nella loro integrità e nel loro dinamismo, in primo luogo a Roma. Nulla abbiamo ricevuto se non da Gerusalemme, e nulla manteniamo e sviluppiamo autenticamente, nella linea del Vangelo «tutto intero», senza il suggello di Roma. Lo Spirito Santo ispira chiunque e dovunque, guidando i credenti alla «verità tutta intera» e alla «pienezza della carità», e Roma non sempre precede nell’individuare problemi, sviluppi e itinerari della fede, della vita e della missione, ma è pur sempre con Roma che si garantisce la giusta direzione del cammino e l’autenticità della tradizione e dell’innovazione.Roma, tuttavia, è tale perchè è in continuità ininterrotta e vitale con Gerusalemme, ossia con le origini, ossia con Gesù, definitiva Parola di Dio e Messia del suo amore liberante e divinizzante. Di qui viene, ad ogni Chiesa, ad ogni persona, un invito decisivo che, se non accolto, inaridisce la fede. È l’invito ad ascoltare e meditare, primariamente, le Scritture, tanto più comprese quanto più si ascoltano anche le voci e le testimonianze della Chiesa, degli apostoli, dei martiri, dei pastori, dei dottori, dei santi, e si è in comunione col Magistero apostolico. Dall’ascolto nasce la preghiera, pienamente cristiana, il cui vertice sta nell’esperienza delle celebrazioni sacramentali e in primo luogo nella celebrazione eucaristica, memoriale del sacrificio del Signore e della sua risurrezione, mensa della Parola e del Pane di Vita, convito dell’intimità con Lui e della fraternità cristiana, e motore silenzioso della missione. È in questo orizzonte, segnato dall’arcobaleno tra Gerusalemme e Roma, che ogni Diocesi, ogni parrocchia, ogni comunità o gruppo vive la propria fede, speranza e carità, la propria testimonianza, la propria vita di pensiero, di preghiera, d’azione e di presenza culturale, caritativa e sociale nel mondo.Ecco, in definitiva, il senso del pellegrinaggio in Terra Santa, che oggi, al tempo stesso, in questo momento di così dure prove, ha il «valore aggiunto» della vicinanza e della solidarietà con la comunità cristiana dei Luoghi Santi e del servizio alla pace di Abramo e di Gesù. Ed ecco, ugualmente, il significato del pellegrinaggio a Roma, presso la tomba dei Santi Apostoli e la sede di Pietro. + + + Gastone Simoni, Vescovo