Prato

E con la nuova cattedra il duomo ritrova sé stesso

di Gianni RossiLa cattedrale ritrova sé stessa. Da qualche giorno, infatti, è stata posta in duomo la nuova cattedra del Vescovo, sede fisica e simbolica del magistero episcopale, da cui la chiesa madre della Diocesi prende il nome.

Un evento che si carica di ulteriori significati: la collocazione del nuovo altare di Robert Morris – dove si rinnova il sacrificio eucaristico, presenza viva del Cristo incarnato – avvenne per il Giubileo del duemila; la sistemazione della cattedra avviene invece in occasione del 350° dell’istituzione della diocesi e quindi dell’elevazione della chiesa di S. Stefano a cattedrale.

L’effetto, per chi entra in duomo, è di grande suggestione, anche perché l’installazione della sede episcopale è stata accompagnata dalla messa a punto dell’illuminazione. L’opera, disegnata dall’architetto Paolo Bedogni di Reggio Emilia, a cui la Diocesi si è affidata per il completamento dello spazio presbiterale, è posta davanti all’altare antico, dove già si trovava una poltrona provvisoria. La base, che funge da seduta, è di marmo bianco, con un evidente richiamo all’altare; lo schienale, originalissimo, è di vetro di Murano, sostenuto da una intelaiatura di bronzo; gli ampi braccioli sono anch’essi di bronzo, e si ricollegano, per colore e materiale, all’ambone di Morris. Così, grazie soprattutto al vetro, la cattedra si colloca davanti all’altare antico evitando un grosso impatto, ma al tempo stesso si staglia evidente in cima alle scale, sottolineata anche dai braccioli che danno sostanza materica all’opera. Proprio quest’ultimi, da accessori diventano elementi espressivi, comunicando, con la loro vigorìa, la forza del Magistero episcopale.

Se questi sono gli elementi materiali dell’opera, è la luce a infondere un «supplemento d’anima», andando a creare quasi due versioni del medesimo manufatto: quando non presiede il vescovo una luce lieve lascia trasparire il vetro, lasciando «a riposo» la cattedra; quando invece è il Pastore a celebrare, il vetro dello schienale si illumina d’oro, come presenza imaginifica. Più attenuato l’effetto è comunque visibile anche fuori dalle liturgie. «È una cattedra – afferma l’architetto Bedogni – che sembra attendere il Vescovo, che comunica anche quando è assente». L’originale effetto è ottenuto grazie a minuscole foglie d’oro zecchino fuse nei cristalli di vetro.

Accanto alla cattedra sono posti due sgabelli di marmo bianco. Completano – e non in modo accessorio – l’opera tre cuscini che richiamano felicemente i colori dell’altare antico. Il progettista-artista ha provveduto non soltanto alla nuova sede, ma al completamento dell’intero spazio presbiterale, avviato con la collocazione dell’altare, poi dell’ambone e del candeliere di Robert Morris, il maggiore esponente della Minimal art americana. Intorno all’altare, a delimitare l’area, sono state infatti collocate, a foggia di panche, le nuove sedi per i concelebranti e quella per il presidente in assenza del Vescovo.

«L’incarico che mi fu affidato – racconta Bedogni – mi preoccupò fin da subito, perché si trattava di intervenire in un luogo sacro carico di storia e di tesori d’arte e di dialogare con due grandi opere contemporanee. Lo studio che ho curato preliminarmente ha confermato che il nuovo spazio presbiterale è coerente con la storia della chiesa. Il mio obiettivo è stato il recupero del valore dello spazio, attraverso un nuovo equilibrio di pieni – l’ambone, l’altare antico – e di vuoti – l’altare nuovo, la cattedra -».La luce, curata anch’essa da Bedogni, è un elemento fondamentale del progetto. L’impianto di illuminazione attuale, donato dall’Enel nel 1999 e pensato soprattutto per valorizzare il disegno architettonico della chiesa, è stato corretto e integrato in funzione del nuova spazio liturgico. Grande è la suggestione quando si entra nella chiesa, fuori dagli orari dei riti: nella penombra tipica del nostro duomo colpiscono immediatamente il visitatore, grazie ad una sapiente regia di luci, i segni essenziali di ogni chiesa e della cattedrale in particolare: l’ambone, il nuovo altare – evidenziato da una sottile linea di luce sulla mensa – la cattedra, il volto del Crocifisso. Senza dimenticare il vicino pulpito interno del Rossellino e di Mino da Fiesole – splendido per arte e pregnanza teologica – anch’esso valorizzato da nuova luce. Spiega bene Bedogni, al quale la diocesi ha affidato anche l’incarico di un adeguamento complessivo del duomo: «È un nuovo posizionamento poetico-espressivo e liturgico, direi quasi mistagogico, perché capace di far vedere l’invisibile».Il sito dell’architetto Paolo Bedogni