Prato

Kosovo, dove ancora la pace è da costruire

di Maria Cristina Caputi«Sono molto contento di aver conosciuto questa realtà» ci ha detto il vescovo, mons. Gastone Simoni, al rientro dal suo breve soggiorno in Kosovo, dove, domenica 27 febbraio, nella chiesa di Zlocukane, presso Klina, ha concelebrato la S. Messa con il Vescovo della comunità locale. Insieme a don Santino Brunetti, responsabile della Caritas diocesana, aveva raggiunto la delegazione pratese, partita con un volo militare il 25 febbraio scorso. Della delegazione, rientrata in Italia martedì 1 marzo, oltre ad un rappresentante della Misericordia di Antella e ad un delegato regionale della Caritas umbra, facevano parte Idalia Venco e Rodolfo Giusti della Caritas di Prato e l’assessore alla Cultura e alla Pace del Comune di Prato, Andrea Mazzoni .Anche quest’ultimo si è detto «soddisfatto per il contributo offerto ai giovani e al futuro del paese», attraverso la realizzazione di una scuola elementare a Resnik, costruita con un finanziamento di 52mila euro raccolti dal «Comitato pro emergenze città di Prato» e dalla Caritas diocesana di Prato.«Il viaggio – ha affermato Mazzoni – è stato caratterizzato da momenti di grande emozione. Abbiamo visto i segni della pulizia etnica, le fosse comuni e interi villaggi abbandonati dai serbi di cui restano solo gli scheletri delle case. Per me, come assessore alla Pace, è stata una conferma della necessità di trovare sempre nuovi percorsi di pacificazione». Inaugurata nel 2003, oggi la scuola è costituita da tre classi e accoglie circa un centinaio di bambini che, provenendo dai villaggi montani vicini a Klina, in passato, erano costretti a percorrere a piedi dieci chilometri per raggiungere la scuola elementare più vicina. Sentimenti di gratitudine per questa realizzazione sono stati espressi anche dal vice-presidente della Municipalità di Klina, Prenke Gjaj, dal direttore didattico e dai tre insegnanti della scuola, che hanno voluto consegnare alla delegazione pratese un attestato di ringraziamento, citando un proverbio popolare: «Chi apre una scuola chiude una prigione», a conferma delle nuove prospettive che scaturiscono dall’istruzione in un contesto in cui le violenze e la guerra hanno devastato il paese e colpito in vario modo tanti bambini.La delegazione pratese ha incontrato anche la comunità di giovani volontari del campo permanente della Caritas umbra che si trova a Radulok, dove sono ospitati quindici bambini, dai cinque ai quattordici anni, provenienti da famiglie che vivono situazioni di grave disagio economico. Dopo la visita ad alcune famiglie, la delegazione ha incontrato il reparto dei Carabinieri presso il comando interforze a Pristina e il Villaggio Italia di Peja, dove si trova il contingente dell’esercito italiano.«La tragedia della povertà e le conseguenze della guerra, la miseria, le tensioni fra etnie, le complicazioni politiche e le tante contraddizioni di quella terra – ci ha detto mons. Simoni – non possono non colpire: molto è stato fatto, ma la zona non è ancora pacificata». Accanto a tanta sofferenza, però, il Vescovo di Prato ha notato alcuni aspetti positivi: le opere realizzate in questi anni, il valore del lavoro svolto nel campo permanente della Caritas umbra, l’attenta collaborazione da parte dell’esercito italiano e dei carabinieri, «persone intelligenti, umane e disponibili, – ha aggiunto – che hanno la coscienza di svolgere un delicato compito di sicurezza per la pace».