Fa discutere nella vicina Campi Bisenzio l’intervento di alcuni parroci di quel Vicariato contro il progetto di costruzione del termovalorizzatore. Progetto che va ad intrecciarsi con un’analoga ipotesi nel territorio provinciale di Prato. Sul tappeto ci sono due ipotesi: o la realizzazione di due impianti diversi (che potrebbero capitare vicini), o un accordo tra i diversi enti locali per giungere ad un impianto comune.Oltre a rilevare come la piana fiorentina stia ormai collassando, i parroci firmatari senza giri di parole dicono no all’impianto. In un passaggio del documento – che ha raccolto alcuni consensi ma soprattutto critiche – si afferma tra l’altro: «Il termovalorizzatore non ci sembra sia uno stimolatore di educazione alla cittadinanza che porti alla riduzione dei rifiuti e allo loro differenziazione e selezione; crediamo che su questa cultura del non-spreco, del riutilizzo e del riciclaggio debbano essere investiti i tanti soldi ad oggi stanziati per costruire il nuovo inceneritore. Come uomini di chiesa e del vangelo – si afferma – esprimiamo la nostra inquietudine e il nostro disaccordo».Il Coordinamento dei Comitati per la salute della Piana, che si oppone ai termovalorizzatori, non si è lasciato sfuggire l’occasione: Visto l’intervento dei sacerdoti di Campi, «Con un no deciso all’inceneritore, il coordinamento si rivolge alla Curia pratese domandandole se prenderà una presa di posizione o se restà a guadare le decisioni della maggioranza politica pratese e dei suoi affaristi».La risposta, indirettamente, giunge non dalla Curia pratese, ma da un’intervista a don Giovanni Momigli, parroco di San Donnino a Campi Bisenzio nonché responsabile della pastorale sociale dell’Arcidiocesi di Firenze, che appare in questo numero di Toscanaggi, nelle pagine fiorentine. «La Dottrina sociale della Chiesa, – ricorda don Momigli – ci dice che dobbiamo sempre tenere insieme la persona e il bene comune, la razionalità e la scienza, gli aspetti oggettivi e quelli soggettivi, i principi e la concretezza storica». Nel caso concreto, per don Momigli significa «saper impostare nel lungo periodo una vera azione educativa in merito agli stili di vita, la produzione e lo smaltimento differenziato dei rifiuti, ma anche saper guardare alle necessità immediate con realismo, valutando sul piano tecnicoscientifico quello che, per il territorio e la salute delle persone, può essere il reale impatto di un determinato impianto e dei vari interventi di risanamento e valorizzazione previsti».Quanto ai sacerdoti del suo Vicariato – non appunto tutti i sacerdoti del Vicariato – che hanno firmato il documento, don Momigli ritiene legittima la presa di posizione, ma, afferma, «non si può non rilevare che interventi come questo contribuiscono ad alimentare l’ambiguità culturale e pastorale nella quale ci troviamo». Tre i motivi: «Primo: posizioni su problemi di questa natura non possono essere prese in quanto uomini di fede e preti, quasi a dire che essere uomini di fede e preti deve portare necessariamente a quell’unica valutazione. Secondo: non appare in piena sintonia con la necessità di educare le persone ad assumere una decisione solo dopo aver correttamente approfondito e valutato i vari aspetti della questione. Così facendo in che cosa si differenzia l’azione del prete da quella del rappresentante di un partito o di un esponente di un comitato? Con una posizione già espressa, come rapportarsi alle persone per aiutarle a riflettere? Come si possono promuovere incontri di riflessione che siano e appaiano il più possibile obbiettivi? Terzo. La richiesta del Vescovo di dar vita ai Gruppi di Impegno socioculturale sul territorio, ancora non pienamente accolta a livello diffuso, rappresenta anche una modalità di intervento da parte della comunità ecclesiale che valorizza i laici nel loro specifico ruolo. Se a Campi fosse attivo e funzionante un Gruppo ecclesiale di impegno socioculturale, sarebbe questo gruppo, e non i parroci, a esprimere una posizione, a svolgere quella che è una specifica diaconia dei laici».G.R.