Prato

Il Vescovo: «Capire e servire il bene comune»

+ Gastone Simoni, Vescovo

Nonostante che politici d’ambo le parti in lizza, e altri del giro, facciano di tutto per renderlo tragicomico, l’appuntamento elettorale del 9 aprile mantiene senza dubbio un rilievo di primordine per la coscienza morale e civile di tutti noi. In merito, come vescovo, ho due doveri, anzi tre (e altrettanti ne hanno i miei confratelli).Primo: non compromettere la Chiesa nella competizione, o «lotta continua», tra i due schieramenti contrapposti. Secondo: ricordare alle coscienze, anzitutto alle coscienze dei fratelli e delle sorelle di fede, la piena visione cristiana delle cose e aiutarle così a compiere responsabilmente la propria scelta in questo concreto momento. Terzo: pregare e far pregare perché Dio abbia pietà della società italiana ed europea, che rischia sia la decadenza economico-sociale, sia quella, ben più grave, morale e spirituale.Ebbene, come valutare la posta in gioco alla luce della ragione (dico la ragione) sostenuta dalla fede? Come arrivare alla scelta elettorale più giusta, coerente ed efficace possibile? Non è facile la risposta, ma la domanda è seria: seria anche per coloro, certamente tantissimi, che hanno già preso la loro decisione. Giova sempre a tutti riflettere e confrontarsi.Il criterio di fondo da seguire è questo: cercare di capire e di servire, in queste precise circostanze, il bene comune nazionale e più generale: il bene comune «intero» e non «parziale», tenendo conto perciò, per quanto è possibile, di tutti i beni o valori «umani ed umanizzanti» che lo costituiscono (e non di alcuni soltanto). Capire e servire, insomma, «tutto l’uomo e tutti gli uomini» (Paolo VI e Giovanni Paolo II).

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Non c’è dubbio che la difesa della vita umana, dallo stato embrionale a quello terminale, è un’esigenza primaria. Ugualmente lo è la difesa e la promozione della famiglia fondata sul matrimonio, la quale deve essere assolutamente sostenuta e – salvi certamente i veri diritti e i doveri essenziali di ogni persona – non dev’essere socialmente e giuridicamente indebolita da altri tipi di unione. Ma come difendere e promuovere la vita e la famiglia se non in un quadro di libertà e di solidarietà effettiva e in un clima morale di responsabilità, di coesione sociale e di privilegiata attenzione educativa nei confronti delle nuove generazioni? In questa ottica si deve parlare di lavoro sicuro e non precario, di sicurezza socio-sanitaria, di vera giustizia fiscale, di concreta libertà sul piano economico, scolastico e culturale, di necessario (e faticoso) equilibrio tra economia ed ecologia, di amministrazione della giustizia sottratta all’arbitrio e ai condizionamenti dei più forti. Come è possibile però tutto questo se le istituzioni e i soggetti della società civile non riescono a regolare – per il bene comune – i poteri ideologici, finanziari e mass-mediali spesso prepotenti, subdoli, onni-invasivi e materialisti? Una vera democrazia deve sempre incoraggiare l’intraprendenza economico-sociale oltre al libero confronto delle idee e al tempo stesso vigilare sempre, proprio in nome dell’autentica libertà, di fronte alla potenza del denaro e delle sue illimitate e devastanti cupidigie.Non basta. Una scelta elettorale responsabile – e di ispirazione cristiana – terrà conto di un altro bene fondamentale, l’effettiva e sincera difesa e promozione della pace, inscindibile dall’impegno etico e politico per la giustizia internazionale. In poche parole, chi ascolta la voce più profonda della coscienza oltre che l’indefesso magistero sociale della Chiesa non può provare né i «signori della guerra», né i violenti di ogni specie, né l’ipocrisia e (a dir poco) l’inerzia sostanziale delle nazioni più ricche di fronte allo stato miserevole delle moltitudini del terzo mondo gravate da povertà, malattie, conflitti e sfruttamenti vari. Leggete bene la seconda parte della «Deus caritas est» di Papa Benedetto XVI. L’Occidente democratico, pur dotato di sicuri valori, ha bisogno di un serio esame di coscienza.

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Ma allora, in definitiva, cosa fare? Non posso tirare ora le conclusioni e le applicazioni concrete di quanto ho richiamato. Né mi posso sostituire alle singole coscienze. A me compete portare un po’ di luce; non risolvere tutti i dubbi in questa sede. Ciascuno pensi e preghi per essere illuminato. Sarebbe bello che la riflessione continuasse nei circoli e nei gruppi delle parrocchie e altrove (cercando di rispettare lo spirito di un dialogo sereno). Il fatto che molti cattolici, ormai da anni, sono spaesati e il rischio che la loro intera cultura sia logorata da tanti compromessi dimostra, secondo me, ancora una volta, la necessità di ricostruire intanto un forte collegamento sociale pre-partitico.Comunque il problema sta qui: far sì che la propria personale decisione elettorale si ispiri il più possibile a tutto l’arco di questi valori e non solo ad alcuni. Non si tratta di integralismo, ma di fedeltà. Le «mediazioni» politiche vengono dopo. E il dialogo fraterno fra di loro aiuterebbe assai i cristiani a farsi un’idea, a compiere la scelta più sensata possibile: mi riferisco ai cristiani che si trovano più o meno bene nel sistema politico ed elettorale di oggi e a quelli che invece non si ritrovano affatto in questo bipolarismo italiano. Ma ora vado troppo in lungo. È meglio passare dalla riflessione alla preghiera. Il Vangelo di Gesù è la fonte prima ed assoluta della nostra fiducia anche per ciò che riguarda questa fase incerta e confusa.