Prato

Liberi ma non dispersi…a confronto

di Gianni Rossi«Liberi ma non dispersi». Sono i cattolici in politica, così come li vede (o vedrebbe) mons. Simoni, nel suo libro fresco di stampa. A questo «input» abbiamo chiesto di rispondere a due esponenti di punta della politica locale, entrambi di ispirazione cristiana, formatisi nelle file dell’associazionismo e di altre esperienze ecclesiali pratesi: Goffredo Borchi, capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale, e Luca Roti, che ha analogo incarico per laMargherita. Il titolo del libro del Vescovo è emblematico: «Liberi ma non dispersi. Cattolici, società e politica oggi». Secondo voi i cattolici oggi in politica sono più liberi o più dispersi rispetto al passato?BORCHI: «Forse più liberi, sicuramente dispersi, ma anche troppo contrapposti. Un altro titolo della pubblicazione sarebbe potuto essere a mio parere: “Liberi ma non contrapposti”. Ormai da anni assistiamo ad una contrapposizione che spesso è del tutto artificiale, imposta dagli altri e dalla logica di coalizione, che ci troviamo a subire passivamente. Così succede che troppo spesso siamo portati a difendere più le posizioni dello schieramento che non quelle che ci stanno più a cuore. Lo vediamo in modo evidente in questa campagna elettorale, e lo scontro totale lascerà segni duraturi. Il problema, comunque, a mio avviso, è che un laico cristiano che vuole impegnarsi in politica non ha né luoghi di formazione né luoghi di incontro e diconfronto». ROTI: «I laici liberi? Non direi, ad essere sincero, perché non vedo un laicato davvero maturo. Condivido l’analisi di Borchi sulla mancanza di luoghi di formazione: è oggi una delle carenze più vistose del nostro laicato, che ancora non ha raggiunto una sua maturità. Anche perché, dopo l’implosione della Dc, la Conferenza Episcopale Italiana ha scelto di sostituirsi spesso ai laici – anche per colpa nostra – intervenendo direttamente in ambito politico per indicare percorsi e sollecitare provvedimenti. Il rischio evidente è, da una parte, di togliere gli spazi propri del laicato, dall’altra, di concentrarsi solo su alcuni valori, che magari attengono più direttamente agli interessi della Chiesa in quanto istituzione. A questo proposito ho giudicato molto positivamente la riflessione di mons. Simonisulle elezioni (pubblicata nel numero 11 del 19 marzo del nostrosettimanale,ndr): un discorso organico, che ricorda che i Comandamenti sono dieci e non due o tre soltanto. Certo, la responsabilità è anche nostra: io vorrei dei laici che fossero meno clericali nella Chiesa e più cristiani nella società. Sicuramente sono – siamo – molto dispersi».Borchi ha introdotto il tema della campagna elettorale. È indubitabile il disagio nel mondo cattolico. C’è un passaggio di uno dei testi di mons. Simoni raccolti nel libro che è piuttosto emblematico al riguardo: «Se alcuni si battono in favore della pace e della liberazione degli oppressi e dei poveri, ma non altrettanto per la famiglia e la vita nei suoi inizi e al suo tramonto, e se altri si impegnano fortemente contro l’aborto e lo sfascio della famiglia, ma non altrettanto contro la guerra e l’ingiustizia interna e internazionale, allora vince la “parzialità” e non ci può essere un effettivo movimento corale se pur composto di diverse voci» (v. pag. 51). Non ritenete che questa sia una delle maggiori difficoltà avvertite dall’elettorato cattolico?ROTI: «I cattolici hanno dimostrato, anche in occasione del referendum sulla procreazione medicalmente assistita, di sapersi smarcare, pur con difficoltà, dalle posizioni diverse presenti nelle rispettive coalizioni: è il segno che l’unità sui valori si può costruire. A me pare, però, che il problema di fondo sia il venir meno di una sentita unità nazionale, di un’etica condivisa, di cui anche il comune riferimento alla Costituzione rappresentava un’espressione fondamentale. La contrapposizione totale, che travolge anche le istituzioni più importanti e “terze”, fa saltare ogni riferimento. Per questo credo che la sfida principale della cultura e della politica sia di trovare un’eticacondivisa».BORCHI: «Il problema evidenziato dal Vescovo nasce dalla diffusione del relativismo, che è uno dei grandi problemi della società moderna. Sono convinto che sia un errore confinare certi valori – pensiamo alla famiglia – nella sfera della libertà di coscienza, sottraendoli dal programma politico proprio di un partito. Eppure troppo spesso come cattolici in politica abbiamo il timore di esporci, per evitare di danneggiare l’interesse della coalizione. Il disagio quindi non solo lo avverto, ma lo comprendo».ROTI: «Oggi, però, praticamente tutti i grandi partiti – la mia Margherita, come la tua Forza Italia, ma pensiamo anche ad Alleanza Nazionale e agli stessi Ds – si configurano come “plurali”: vi confluiscono filoni culturali e ideali diversi. Non credo sia possibile tornare, almeno nel breve periodo, ad una ricomposizione politica. L’obiettivo da perseguire è invece quello di una ricomposizione sociale e culturale, pre-politica, insomma: c’è – lo ribadisco – grande necessità di spazi di incontro, confronto e soprattutto di formazione. Troppo spesso oggi parrocchie e aggregazioni sono ripiegate su loro stesse e non scelgono più come compito principale la formazione ad un cristianesimo integrale».BORCHI: «È vero, ma purtroppo il rischio del bipolarismo – che pure ha grandi meriti per quanto riguarda, per esempio, la governabilità, porta all’annacquamento delle identità. Per questo – e non sembri piaggeria verso l’autore del libro – riflessioni come quella di mons. Simoni aiutano a confrontarsi per capire fino a che punto siamo capaci di portare avanti un discorso comune, pur nelle diverse posizioni».Andiamo al voto con una legge elettorale proporzionale, a dire il vero criticatissima ora anche da chi l’ha promossa (vedi Calderoli). Dopo le elezioni potrebbero aprirsi nuovi scenari?ROTI: «La legge elettorale è un grave errore. Credo, in ogni caso, che la consapevolezza del bipolarismo sia diffusa tra la gente; da questa, qualunque sia l’esito del voto, non si tornerà indietro».BORCHI: «Non sono d’accordo, d’altronde io non sono mai stato un fautore del maggioritario, che del bipolarismo è stato la premessa. Il proporzionale, per quanto sia stato declinato pessimamente da questa legge, porterà ad un recupero di consapevolezza e di autonomia dei partiti, che a sua volta potrebbe diventare la molla di un cambiamento». Per concludere, quale aspetto sottolineereste del libro di mons. Simoni? BORCHI: «L’impegno a preservare e promuovere l’ispirazione cristiana nella politica. Un messaggio tanto più importante in questo passaggio così difficile. È un messaggio positivo, che ci ricorda che la politica non è soltanto ricerca del consenso o ragioneria, che dimentica i valori di fondo. Perché se un cattolico dà il voto alla Margherita nel centrosinistra o, nel centrodestra all’Udc e, nelle elezioni in cui ci sono le preferenze, a certi candidati di Forza Italia, lo fa perché crede in certi valori».ROTI: «Mi sembra da sottolineare l’invito del Vescovo rivolto a tutti i laici di recuperare la nobilità dell’impegno politico come vero servizio di carità».