Prato

Caritas: ogni giorno un nuovo povero

di Damiano Fedeli

Ogni giorno, o quasi ne arriva uno nuovo. Sono sempre di più gli italiani in difficoltà economica o lavorativa che si presentano ai Centri di ascolto della Caritas pratese e delle parrocchie collegate in rete. Il loro numero è aumentato drammaticamente lo scorso anno: 865, ovvero 26% in più rispetto al 2005. La tendenza potrebbe addirittura aggravarsi quest’anno: solo nei primi tre mesi del 2007 sono già 457 le persone che si sono rivolte all’ente caritativo.

La preocupante fotografia emerge dall’annuale rapporto «Solidarietà Caritas», giunto con questa, relativa al 2006, alla terza edizione e presentato questa settimana. I dati sono stati raccolti nella rete diocesana di rilevamento che comprende il centro d’ascolto della Caritas diocesana di via del Seminario e cinque dei 26 centri d’ascolto parrocchiali, che si sono collegati in rete: Santa Maria delle Carceri e Sant’Agostino in centro, dove più massiccia è la presenza di persone disagiate, Resurrezione per la zona est, Maliseti per l’ovest, Tobbiana per il sud. Da qualche mese – dati che serviranno per la prossima rilevazione – si sono aggiunti i centri sperimentali interparrocchiali di Galciana e delle Fontanelle, oltre a quello della parrocchia di San Paolo.

Dal rapporto emerge che, rispetto a quella degli italiani che si rivolgono alla Caritas, la crescita degli stranieri è stata, complessivamente meno vistosa: gli immigrati – pur confermandosi la maggioranza numerica di quanti si presentano ai centri d’ascolto – sono aumentati nel 2006 del 6,5%, arrivando a un un numero di 2618 persone. Il ricambio fra gli immigrati è più rapido, se si considera che i nuovi arrivati a presentarsi alla Caritas lo scorso anno sono stati 1468, circa quattro al giorno. Drammatico il numero delle persone senza fissa dimora che dormono per strada, in auto, camper tenda o treno: 125 italiani, il 15% di quanti si sono rivolti alla Caritas (mentre gli stranieri sono 101, il 2,8%).

Chi sono le persone che si trovano costrette a rivolgersi alla Caritas? Mentre gli stranieri sono mediamente più giovani, fra i 25 e i 34 anni (com’è ovvio, per persone che si sottopongono al lungo viaggio di spostamento), il 31,4% degli italiani presi in carico dall’organismo pastorale ha più di 55 anni: 272 persone in tutto. Il 12,2% del totale è pensionato. Gli eventi traumatici che spingono verso una condizione di bisogno possono essere la perdita del lavoro, problemi di salute, o la morte del coniuge. Gli italiani si rivolgono alla Caritas per lo più (32,8% dei casi) per problemi economici. Uno su quattro (25,4%) lo fa per problemi di lavoro. Esattamente la situazione speculare per gli stranieri che vengono alla Caritas più per cercare lavoro (29,8%) che per problemi economici (18%). «C’è la percezione di un disagio diffuso – spiega Maria Elena Donghi, responsabile dell’Osservatorio Caritas diocesana – in cui diminuzione del lavoro e costi elevati delle abitazioni tendono a mettere in difficoltà le famiglie, soprattutto quelle monoreddito. Bisogna oltretutto mettere in conto che la crisi economica tende a inasprire i rapporti familiari, sia tra i coniugi sia tra genitori e figli, con conseguenze a volte decisamente pesanti».

Chi chiede aiuto alla Caritas lo fa per ricercare una casa a costi che siano accettabili o, in qualche caso, per richiedere aiuto nel pagamento di affitto o bollette. Più delicata, naturalmente, la condizione di chi ha acceso un mutuo. Il 31% degli italiani ascoltati e il 28,7% degli stranieri vive in affitto; il 10% degli italiani con i genitori, il 29,6% degli stranieri con familiari o amici. «Un tipo di difficoltà relativamente recente – sottolinea Idalia Venco, direttrice della Caritas diocesana – è quello di famiglie ‘ normali’, non note ai servizi sociali, che con la perdita del lavoro da parte di uno di due o di tutti e due gli adulti, si allontanano da una condizione di relativo benessere per approdare a quella che viene classificata come “povertà”. Si pensi alle difficoltà della terza e quarta settimana, ma anche a tutti i disagi di tipo relazionale che si sviluppano a livello familiare, per i quali il ricorso a supporti specialistici interviene spesso quando la situazione si è ormai deteriorata in maniera irrimediabile». «Spesso le persone italiane che si rivolgono ai centri di ascolto si trovano in difficoltà per la procedura di accesso ai servizi sociali, fortemente imbarazzate perché non abituate a certi percorsi, e necessitano di un periodo di accompagnamento per essere edotte sui loro diritti e introdotte ai meandri della burocrazia», sottolineano alla Caritas pratese. E spesso sono proprio le difficoltà burocratiche a rendere le situazioni ancora più complicate. Avviene ad esempio con la necessaria presentazione dell’Isee, il cosiddetto «redditometro» per richiedere prestazioni assistenziali e sociali. «L’Isee descrive la situazione economica della famiglia relativa all’anno precedente, molte volte radicalmente mutata dagli eventi. Il modulo che fotografa un precedente, relativo, benessere è, così, spesso di ostacolo a una possibilità di intervento da parte dei servizi sociali, per cui la Caritas è costretta a ricorrere, per sorreggere le famiglie fragili, a una rete di sostegno cui collaborano anche privati che portano le loro offerte». La Caritas pratese lavora in rete e collabora con i servizi sociali del Comune, con le parrocchie e con le associazioni del volontariato sociale. Spesso per i casi più delicati vengono studiati progetti ad personam con interventi mirati, condivisi e comuni. Sul fronte stranieri, un elemento che desta una qualche preoccupazione è quello del sovraffollamento. Sia nel caso in cui una famiglia con un’abitazione sufficientemente grande si ritiri in una sola stanza, subaffittando le altre, sia nel caso di gruppi di soli uomini che affittino posti letto ai connazionali. Si possono creare situazioni potenzialmente esplosive all’interno dei nuclei familiari sia con il vicinato.

(dal numero 18 del 13 maggio 2007)