Prato

Il dolore dei familiari per le esumazioni: “Poco rispettose”

di Giacomo Cocchi Si sentono impotenti di fronte a quella che ritengono una profonda ingiustizia e che li ha toccati nell’animo facendo riaffiorare un dolore passato. Sono i genitori che hanno perso un figlio prematuramente, e per voce di Michele Bolognese, anch’esso scosso dalla stessa sorte, chiedono al Comune di cambiare l’attuale regolamentazione delle esumazioni. La questione è spinosa e molto dolorosa: dopo 10 anni dalla data di sepoltura, la salma di un defunto viene riesumata per ordine dell’Amministrazione comunale e sottoposta a controllo; se il corpo rinvenuto è ancora integro (per considerarlo non integro devono rimanere solo le ossa), i familiari possono scegliere di far cremare i resti oppure inumarli di nuovo. Queste disposizioni sono contenute nel regolamento di polizia mortuaria del Comune di Prato, in ottemperanza alla normativa nazionale che disciplina a livello generale la materia. Dieci anni è la durata ordinaria per la sepoltura; spetta poi ad ogni Comune, in base alla capacità di contenimento dei propri cimiteri, gestire e regolamentare le procedure di servizio. La questione è particolarmente sensibile per i genitori che hanno perso un figlio giovane, ma riguarda ovviamente tutte le esumazioni, indipendentemente dall’età della morte. Più in generale molte persone lamentano che, sia in occasione delle esumazioni che delle sepolture, gli operatori cimiteriali lavorino con poco rispetto per le salme e per il luogo, di preghiera e silenzio, in cui si trovano ad operare. Basti pensare agli escavatori meccanici che entrano immediatamente in funzione appena terminati i riti della sepoltura.

Da questi punti partono una serie di situazioni e problematiche contestate dal signor Bolognese: «Dieci anni di permanenza sottoterra per la prima sepoltura sono pochi, – afferma il “portavoce” del malcontento – con questi tempi di esumazione, a noi genitori di ragazzi sfortunati, viene tolta la possibilità di continuare a ricordare in pace i nostri figli». Il figlio di Bolognese, si chiamava Francesco, era un ragazzo di 19 anni; è morto a Cuba, due anni fa, durante le vacanze estive fatte con gli amici per festeggiare gli esami di maturità appena sostenuti.

«L’esumazione del corpo di mio figlio è un fatto ancora da venire, – spiega Bolognese – ma mi sento già in ansia al pensiero di dover affrontare questa dura prova». Chi invece questa esperienza l’ha vissuta e ne è rimasta profondamente turbata è Sandra Cecchini, madre di Andrea, un ragazzone alto un metro e novanta, morto tredici anni fa per un’aritmia fulminante, detta «morte elettrica». «Quando dal Comune mi comunicarono che avrebbero riesumato il corpo di Andrea, – racconta la donna – sono andata subito a chiedere se era possibile rinviare la cosa, ma non ebbi risposta». Per la signora Cecchini quel momento fu una terribile odissea: «La rimozione della tomba fu a carico nostro, altrimenti sarebbe stata distrutta dagli operai che gestiscono questo servizio. Nessuno, né il marmista, né al cimitero volevano custodirmela fino alla nuova inumazione. Non sapevo come fare, fortunatamente un amico mi ha dato la possibilità di usare il suo garage». Poi la parte più dolorosa della vicenda: «Gli operai scavarono con le ruspe per portare la bara in superficie – dice la Cecchini – e poi iniziarono ad aprirla a picconate, di fronte a noi, vi lascio immaginare il dolore che provammo».

La Cecchini racconta che su trenta corpi esumati, ben 27 erano ancora perfettamente integri. «Ho rivisto mio figlio così come l’avevo lasciato, nessun segno di decomposizione. Poi hanno preso i corpi dei defunti e li hanno messi in sacchi neri, simili a quelli della spazzatura, accatastandoli uno sopra l’altro, senza rispetto – aggiunge affranta la madre – come se contenessero della terra e non i resti di un defunto. È come se mio figlio fosse morto un’altra volta». «Ovviamente potevamo esimerci dall’assistere a questa scena, – ammette la Cecchini – ma quale genitore, anche il più debole di cuore, rinuncerebbe a vedere le sorti del figlio, anche se si tratta solo di un corpo privo di vita?».

Con queste testimonianze, i due genitori si chiedono se non sia il caso di cambiare le procedure: «Se la quasi totalità dei corpi esumati non si è decomposta, che senso ha compiere questa operazione?» si domanda Michele Bolognese, e ancora: «Se ad una salma nuovamente inumata vengono dati degli enzimi per far accelerare il processo di decomposizione, perché non farlo prima? Chiediamo solo di trovare soluzioni diverse da quelle attuali, in modo da evitare ai familiari questo strazio». Bolognese, tempo fa, si è recato dal sindaco Romagnoli e dall’assessore competente, Enrico Giardi, con in mano una petizione firmata da quattrocento persone, tutte concordi nella richiesta di aumentare gli anni di permanenza dei defunti sepolti in terra. «Sindaco e assessore mi hanno assicurato una risposta; – dice Bolognese – tutti noi firmatari siamo in attesa, spero che le nostre richieste non cadano nel dimenticatoio».

(dal numero 28 del 22 luglio 2007)