Prato

Permessi, anche a Prato stranieri nel «limbo»

di Giacomo Cocchi Da mesi in tutta Italia, migliaia e migliaia di immigrati extracomunitari protestano a gran voce per le snervanti lungaggini nel disbrigo delle procedure per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno. In Italia a fronte di 900 mila domande presentate da dicembre a oggi, solo 60 mila hanno completato l’iter necessario, poco meno del 7%. Senza contare che il costo di queste operazioni burocratiche è esorbitante: quasi 80 euro, rispetto ai 15 che un extracomunitario doveva pagare col precedente sistema. Stime della situazione su Prato – stando sia al Comune che alla Questura – non sono ipotizzabili. Certo è che ogni giorno tante persone affollano gli uffici immigrazione del Comune, ma anche della Caritas diocesana, per avere notizie e spiegazioni del perché dopo sei mesi sono ancora in attesa di una risposta: col precedente sistema, almeno nella nostra città, ci volevano 15 giorni. Dove s’incaglia il procedimento? «Oggi la procedura per i permessi di soggiorno è una specie di gioco dell’oca – spiega Andrea Frattani, assessore alla città multietnica del Comune di Prato, di ritorno dalla riunione della consulta dell’Anci toscana sull’immigrazione – lo straniero dopo aver ritirato un kit deve compilarlo e consegnare le pratiche a Poste italiane, le quali in convenzione con lo Stato hanno assunto il compito di controllare la documentazione presentata e smistarla alle questure competenti». Questa procedura è nata per limitare problemi di front office (cioè lo sportello al pubblico), per cercare di eliminare le lunghe code di immigrati agli sportelli comunali e in questura, «ma – come sottolinea l’assessore – ora il problema si è spostato nel back office (il retrosportello) dove il gran numero di pratiche da verificare ha congestionato il sistema». Viene da chiedersi: cosa fa il cittadino straniero durante questa lunga attesa, con in mano solo una ricevuta postale e la copia del vecchio permesso? «Una circolare del ministero, per venire incontro alla situazione, ha sancito che la ricevuta di invio del kit valga come una specie di permesso temporaneo in attesa della conclusione del procedimento». Questa «concessione» statale non sana però una situazione che, secondo l’assessore, comporta due grosse difficoltà per l’immigrato. La prima: il migrante provvisto solamente della ricevuta difficilmente può tornare in patria. La Caritas toscana racconta di un migrante che durante un volo aereo che ha fatto scalo in Spagna, una volta atterrato è stato accolto da provvedimento di espulsione perché quella frontiera non riconosceva la ricevuta come documento. Il secondo problema riguarda il mondo del lavoro, «se è vero che con la ricevuta un cittadino straniero può mantenere il rapporto lavorativo, molti datori di lavoro non vogliono assumere un immigrato cui manca ancora il titolo definitivo, perché a questo soggetto in ultima analisi potrebbe essere anche negato il permesso di soggiorno». Con questa nuova procedura, approvata dal Governo Berlusconi e mantenuta dall’attuale esecutivo, Poste italiane, che funge da intermediario tra istituzioni e utente, incassa la bellezza di 27 milioni di euro all’anno. Un immigrato, che non ha ad esempio un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, deve fare ogni anno la richiesta del rinnovo del permesso di soggiorno e nei fatti si trova nell’assurdo di ricevere il documento richiesto quando quello che ha in mano è scaduto ed è già ora di richiedere quello per l’anno successivo. L’assessore Frattani avanza però una proposta di soluzione: «Occorre che si sposti la competenza ai Comuni, per questo abbiamo chiesto formalmente al Ministero dell’interno la possibilità di avviare una sperimentazione parallela che metta al centro il Comune ed i suoi uffici».

(dal numero 33 del 23 settembre 2007)