Prato

Alzheimer, nascerà a Prato il centro di coordinamento regionale

di Fabio Barni

Convivere con una persona colpita da demenza, assisterla e accompagnarla verso la fine della sua vita è un cammino durissimo. Al punto che l’integrazione fra sanità e servizi sociali si rende sempre più necessaria. Perché i pazienti, quando un malato d’Alzheimer o di un’altra patologia involutiva viene preso in carico, sono di fatto due. Tanto è il peso sulle spalle del coniuge o, comunque, di colui che assiste. I dati parlano chiaro. Più del 70% dei care giver, di coloro che appunto si prendono direttamente e quotidianamente cura del malato, assume con regolarità psicofarmaci. Per gli specialisti, inoltre, la presenza in famiglia di una persona colpita da demenza è un fattore di rischio per alcune delle patologie psichiatriche più comuni, a cominciare dalla depressione, anche grave.

Situazioni, queste, tornate ora alla ribalta della cronaca in seguito alla tragedia accaduta sabato primo dicembre all’ospedale di Prato: Vitangelo Bini, che abitava da qualche anno alle Fontanelle, spara alla moglie ricoverata e la uccide. «Non volevo che soffrisse più», ha detto alla Polizia. Da anni la moglie Mara, più anziana di lui, era affetta dal morbo di Alzheimer.Per il dottor Antonio Bavazzano, fino a qualche mese fa apprezzato primario di Geriatra al Misericordia e Dolce, è necessario uno sforzo ulteriore per fornire alla famiglia sostegno, risposte concrete e servizi che ne allievino il carico. In tal senso si muoverà anche la commissione, formata di recente dalla Regione e coordinata dallo stesso Bavazzano, incaricata di individuare e sperimentare nuove strade. La Toscana, che in verità non parte da zero, si sta dunque attrezzando al meglio. Molto dipenderà, ovviamente, da quante risorse si renderanno disponibili e dalle scelte politiche che verranno compiute in futuro.Di sicuro, il tema non va sottovalutato, tanto più che le cifre parlano chiaro. Sono 52.000 le persone colpite da demenza in tutta la Toscana, dove si registrano circa 5.000 casi ogni anno. Una stima al ribasso, perché riguarda soltanto le persone intercettate dai servizi presenti sul territorio. Un’altra metà resta «coperta» più a lungo.Per il dottor Bavazzano è invece importante venire allo scoperto, presso i servizi territoriali, al più presto. «L’importante è arrivare quanto prima a una diagnosi – osserva Bavazzano – non tanto perché si possa giungere a una guarigione, che è impossibile, o a miglioramenti significativi. La sensazione di solitudine dei coiniugi e più in generale dei familiari deriva spesso dal non sapere a chi rivolgersi né che cosa fare». Essere certi che il paziente è seguito a casa e fuori e che si può contare sulla cosiddetta assistenza domiciliare integrata è un valido supporto, anche d’ordine morale. Di certo, al servizio pubblico si chiedono anche consigli pratici. Che possono realmente migliorare la vita del malato e di chi gli sta intorno. Per esempio, «un malato di Alzheimer – osserva Antonio Bavazzano – ha difficoltà ad alimentarsi se lo mettiamo davanti a un piatto bianco, con tovaglia d’indentico colore e normali forchette. Non riesce a distinguere gli oggetti che ha di fronte e mette le mani nel piatto. Diverso è il discorso se lo poniamo davanti a una tovaglia rossa e a forchettone belle grosse». Per quanto riguarda i casi e i momenti più difficili, in occasioni di crisi e peggioramenti, è inoltre possibile pensare a una task force in grado di intervenire 24 ore su 24, in maniera tale da dare la certezza di un supporto alle famiglie. Un’idea che è al vaglio degli esperti.«L’integrazione fra sanità e servizi sociali – riprende Bavazzano – è essenziale. Così come lo è la collaborazione dei medici di famiglia, visto che una diagnosi precoce, con relativa presa in carico, può permettere anche alle persone che assistono i malati di organizzarsi e di organizzare, sulla base delle indicazioni ricevute, spazi e tempi di vita».La nascita della commissione regionale coordinata dal dottor Bavazzano, intanto, non è l’unica novità. Sarà Prato, come sede operativa del Centro regionale di coordinamento della rete assistenziale delle persone con demenza, a vederla all’opera. Sulla scelta della Regione, che ha indicato l’Asl pratese, ha senza dubbio influito  l’esperienza maturata grazie al Centro diurno Alzheimer di Narnali dove tra il 1999 e il 2007 sono state accolte 111 persone di età media superiore ai 76 anni (55% femmine, 45% maschi) in un bacino di utenza che in 2300 casi di demenza, conta 900 malati di Alzheimer e 500 di tipo vascolare.

(dal numero 44 del 9 dicembre 2007)