Prato

Il questore Savi: «Il centro non è insicuro»

di Giacomo CocchiContrordine, il centro cittadino non è la zona di Prato dove c’è più microcriminalità. A sostenerlo è il questore Domenico Savi, che nei prossimi mesi presenterà alcuni dati che si preannunciano molto interessanti: l’elenco degli interventi della Polizia di Stato, derivanti da denunce, segnalazioni e azioni sul territorio, divisi per circoscrizione. «Ancora non siamo in possesso dei dati definitivi, – dice il questore Savi – ma posso affermare che la fotografia di Prato divisa per circoscrizione appare diversa da quella percepita dai cittadini». Originario di San Benedetto del Tronto, ma bergamasco di adozione, Domenico Savi dallo scorso settembre ha sostituito Giacomo Dentici come capo della Polizia di Prato. In occasione della festa per il 156° anniversario della fondazione della polizia, che si tiene questo sabato 17 maggio, alle 10, al teatro Metastasio, il questore illustra la realtà pratese in un momento in cui, anche a livello nazionale, il tema della sicurezza è al centro dell’opinione pubblica e politica.Lei dunque sta dicendo che il centro cittadino non è la zona «a rischio» di Prato, per quanto riguarda la microcriminalità?«A torto il centro di Prato viene visto come il Bronx della città o la casbah, ma in realtà per quanto riguarda le incidenze delle manifestazioni microcriminali abbiamo una realtà opposta rispetto alla percezione che viene segnalata».La percezione della insicurezza dei pratesi è in linea con la tendenza nazionale. A suo avviso da cosa nasce questa situazione di preoccupazione diffusa?«A Prato, in particolare in centro, tutto nasce da un problema di concentrazione di presenze straniere in alcuni punti come via Magnolfi, via Cironi e via Tintori. Per molte persone vedere ogni giorno una quindicina di nigeriani lungo via Magnolfi crea una sensazione di disagio e preoccupazione. Ma ripeto, i dati che abbiamo vanno in controtendenza rispetto a questa percezione di insicurezza».Per esempio?«La situazione dei reati compiuti in città nel complesso è stabile, anzi se confrontiamo il secondo semestre del 2006 con quello del 2007 notiamo che il numero dei reati è in calo. Pochissime le rapine in senso classico, come quelle alle banche o alle gioiellerie, solo 6 in un anno. Non diminuisce il numero dei reati più temuti come furti e scippi, però dobbiamo notare che rubrichiamo come tali anche un banale taccheggio o un furto di bicicletta».Come risponde la Polizia alla domanda di sicurezza?«In due modi: per prima cosa dobbiamo lavorare sul fronte della comunicazione con i cittadini. In questo momento la gente sente le istituzioni lontane, per questo penso sia fondamentale avere un contatto diretto con i cittadini attraverso la collaborazione con le circoscrizioni. A gennaio abbiamo lanciato un progetto in questo senso, la rete di relazione con i singoli presidenti e con la Polizia municipale è già in atto, manca ancora, ma siamo a buon punto, la realizzazione di uno sportello a cui rivolgersi per qualsiasi tipo di segnalazione».Notate una mancanza di comunicazione diretta cittadino-questura?«Sembrerà strano, ma è così. La maggior parte degli esposti che riceviamo proviene, ad esempio, da amministratori di condominio che segnalano situazioni di disagio; poche volte sono i singoli cittadini a cercarci. L’idea di creare uno sportello sul territorio, aumentare la presenza anche nelle piccole frazioni in cui è composta Prato, va in questa direzione».E l’altro modo?«Rafforzare la nostra presenza sul territorio. Una cosa che abbiamo già fatto implementando la turnazione delle pattuglie che operano per strada in vario modo. Il poliziotto di quartiere è stato reso più dinamico: senza perdere il contatto con la gente ora è in grado di fare un accertamento immediato delle segnalazioni senza passare prima dall’ufficio. Ogni giorno, in città, ci sono poliziotti in abiti civili  che svolgono un servizio a metà tra la prevenzione e l’investigazione, per incidere sui fatti tipici della strada come lo spaccio e il danneggiamento. Nella fascia dalle 8 alle 20, mettiamo in campo 6 equipaggi al giorno in funzione di prevenzione generale».E a Chinatown…

«Il nostro obiettivo è quello di monitorare continuamente la zona cinese di Prato, facendo controlli serrati per la garanzia e il rispetto delle norme. Purtroppo però facciamo molta fatica a comunicare. I cinesi non si rivolgono a noi, neanche per denunciare fatti gravi che li riguardano, come lo sfruttamento e l’estorsione. La lingua è una barriera pesantissima. Una soluzione, suggerita anche da un nostro collaboratore cinese, potrebbe essere quella di legare la conoscenza della lingua italiana al rinnovo del permesso di soggiorno».

(dal numero 19 del 18 maggio 2008)