Pisa

Così i bambini incontrano Gesù nell’Eucaristia

di Andrea Bernardini

Partecipazioni e bomboniere, servizio fotografico e filmato, vestito elegante e gran buffet, persino una lista di regali. Il giorno della prima comunione è vissuto da molti come una cerimonia mondana e gli aspetti consumistici prevalgono, in alcuni casi, su quelli spirituali.A Pontedera la visita pastorale dell’arcivescovo ha sollecitato una seria riflessione sugli itinerari di iniziazione cristiana. Con quali risultati? Lo chiediamo a don Claudio Desii, co- parroco al Duomo e vicario zonale per Pontedera.«Al Duomo, da questo anno pastorale – commenta don Claudio – l’attenzione sarà spostata dal giorno della prima comunione all’incontro con Gesù nell’eucarestia. Un incontro che non avverrà la stessa domenica per tutti i bambini della comunità, come avveniva fino ad oggi. Sceglieremo insieme ai genitori e al bambino o alla bambina una domenica in cui la famiglia insieme ad altre famiglie della parrocchia inseriranno i loro bambini nella comunità, invitandoli con i parroci a celebrare e a partecipare al mistero dell’Eucarestia».Una domenica a turno, dunque, piccoli gruppi di bambini prepareranno e parteciperanno alla messa «da protagonisti»: a loro la comunità affiderà l’abito bianco, che sarà riconsegnato alla conclusione della celebrazione. «La preparazione alla celebrazione eucaristica coinvolgerà direttamente piccoli gruppi di famiglie. Saranno loro a riscoprire, insieme ai parroci ed ai catechisti, il sacramento della riconciliazione e dell’eucarestia. Gruppi di genitori, bambini e catechisti si ritroveranno quattro o cinque volte nel corso dell’anno per vivere, in amicizia, questo itinerario formativo. Mentre un cammino più articolato sulla domenica giorno del Signore sarà destinato, naturalmente, agli stessi ragazzi».Come è stata accolta la proposta?«Sono circa settanta le famiglie con bambini che si dispongono a celebrare il sacramento della riconciliazione o ad inserirsi nella celebrazione dell’eucarestia. E la proposta è stata accolta quasi unanimamente. Del resto la nostra proposta parte da una considerazione: le nostre parrocchie, oggi, dedicano tanta attenzione ai bambini, ma se non passiamo da una cura più diretta delle famiglie per sostenere la missione, il nostro lavoro potrebbe risultare inutile».Dunque?«Dunque il coinvolgimento della famiglia dovrebbe iniziare già prima dell’età scolare e la parrocchia dovrà offrire ai genitori gli elementi essenziali che li aiutino a fornire ai figli l’“alfabeto” cristiano».Ma la visita pastorale è servita anche per riflettere sul sacramento della cresima. «Una cresima – commenta don Claudio Desii – che rischia di diventare il sacramento dell’abbandono, più che quello dell’adesione personale, della maturità, della scelta personale dell’essere cristiani».Quali opinioni sono emerse dalla riflessione?«Uno dei nodi centrali è l’età. Su questo si confrontano due opinioni. Alcuni credono opportuno amministrare questo sacramento nell’età dell’adolescenza o pre-adolescenza, perché, come ogni altro sacramento, è un dono di Dio, che completa la grazia ricevuto nel battesimo e può aiutare a sostenere i ragazzi che vivono momenti di crisi tipici dell’età. Altri ritengono che la cresima richieda impegno, responsabilità e capacità di confermare la decisione di vivere da cristiani. In questo caso l’età della cresima dovrebbe essere innalzata e questo richiederebbe di ipotizzare itinerari diversi dagli attuali».Riepilogando: sposando la prima tesi, si proporrebbe di celebrare il sacramento in prima o seconda media: il sacramento è inteso come un dono, dunque possiamo pensarlo di donarlo anche ai bambini e ai ragazzi, anche se la loro umanità deve ancora formarsi e crescere “in statura e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Sposando la seconda tesi, la cresima dovrà essere celebrata in una età significativamente più adulta: perché il sacramento oltre ad essere un dono richiede impegno e quindi la cresima dovrà coincidere con la ferma intenzione di professare la fede e di testimoniarla. In questa prospettiva, la comunità dovrà elaborare un progetto missionario che veda coinvolti tutti i suoi figli, ma soprattutto i più giovani». La discussione è ancora aperta e l’arcivescovo ha chiesto ai parroci di provare vie di sperimentazione.Anche in questo caso «riteniamo necessario – commenta don Claudio Desii – lavorare con i genitori e gli adulti per coinvolgerli in un progetto educativo. Per studiare un progetto che abbia come obiettivo camminare verso una fede matura e ricca, capace di coinvolgere tutta la vita».Quali gli elementi principali di questo percorso formativo?«Intanto il gruppo, luogo significativo per la condivisione, il confronto, l’amicizia, la crescita, come modo per vivere e sperimentare la comunità, la Chiesa. E poi il confronto con adulti significativi (gli animatori) e testimoni. Sarà necessario, nel discernimento, individuare persone adatte per essere animatori e fornire loro cammini di formazione. Quanto al metodo, si ritiene opportuno scegliere le esperienze, lo sperimentare, il vivere… non cammini teorici, né tanto meno il modello delle lezioni sclastiche. Ma cammini esperenziali e vitali. Infine, a partire dalla vita, la rielaborazione, la riflessione e la preghiera, nell’ascolto della Parola e nella celebrazione del giorno del Signore».