Pisa

Il Concilio Vaticano II quarant’anni dopo

di Anna Catarsi

Non possiamo tacere ciò che abbiamo visto ed udito». In questa «urgenza» stava l’obbiettivo dell’incontro, voluto dall’Azione Cattolica diocesana e tenutosi nei giorni scorsi al Concetto Marchesi, a 40 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II.Alla presenza dei soci, riuniti per la festa dell’adesione, ha introdotto i lavori il nostro arcivescovo.Due sono stati i testimoni di eccezione: i teologi don Severino Dianich e monsignor Giordano Frosini che hanno centrato il loro intervento su due costituzioni: la «Lumen Gentium» e la «Gaudium et Spes». Don Dianich ha tracciato un percorso di lettura delle principali intuizioni della Lumen Gentium. Costituzione dogmatica sulla chiesa, la Lumen Gentium è riuscita a rompere il cerchio nel quale essa si era racchiusa rifiutando il dialogo con le altre religioni e con la modernità.La chiesa – scrissero i padri conciliari nella prima parte del documento – nasce direttamente dal rapporto d’amore fra Gesù e Dio. Rapporto mutuato dallo Spirito Santo e che ha portato Cristo a salire sulla Croce per la salvezza degli uomini, di tutti gli uomini. Dal sacrificio di Cristo nasce la chiesa che è sacramento, strumento e mezzo per realizzare la volontà del Padre. Una chiesa fatta da tutti i battezzati, tutti chiamati ad essere popolo messianico, annunciatore ed anticipatore del Regno di Dio. Ma nel documento conciliare si legge anche: «Allora (riferendosi alla fine dei tempi) tutti i giusti, a partire da Adamo, dal giusto Abele fino all’ultimo eletto saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa Universale». E qui si introduce un concetto che va oltre quello di chiesa intesa come comunità di battezzati: il Padre ha eletto i giusti a far parte del Regno, indipendentemente dal loro appartenere alla chiesa visibile, qui, oggi, nel mondo.In questa intuizione dei Padri Conciliari sta la novità di una chiesa che come segno e strumento si mette in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, a prescindere dal loro credo o dalle loro convinzioni filosofiche.Il modello, in questo, è Cristo stesso che non ha voluto essere un capo politico che si impone con la spada, ma ha «atteso» che il suo messaggio crescesse nell’amore per rendere così testimonianza al Padre. Tutto questo è «ricco di insegnamento per chi, oggi, ha nostalgia della spada che invece Gesù non ha voluto», ha sottolineato don Dianich.Di una chiesa in dialogo con il mondo, attenta alle «istanze di tutti gli uomini» ha parlato monsignor Giordano Frosini ripercorrendo i punti salienti della «Gaudium et Spes». Il documento è stato l’ultimo ad essere approvato, il giorno precedente la chiusura ufficiale del Concilio. Ha conosciuto diverse stesure ed è stato a lungo dibattuto. Infine i Padri hanno compreso che il punto nodale era l’uomo e la sua dignità che lo rende «oggetto» di rispetto e soggetto portatore di diritti. Proprio sul concetto di persona poteva essere trovato il punto di giuntura fra la visione cristiana dei valori e quella laica. Ed è la ragione il terreno su cui il confronto è possibile: e il documento conciliare parla, appunto, il linguaggio della ragione.Nella terza parte il documento si riferisce alle attività umane e forse, sostiene monsignor Frosini, raggiunge il suo apice. Il mondo, dono per l’uomo, è anche luogo della corresponsabilità umana con Dio creatore. Il lavoro umano prepara il Regno ed in questo ruolo si eternizza.Infine, Chiesa e mondo, dove il servizio al bene comune nella politica diventa carità. La chiesa conciliare, fedele al Vangelo di Cristo, sceglie i poveri, va oltre la beneficienza e l’assistenza e chiede ai laici di abitare i luoghi della responsabilità civile e della politica per contribuire ad un mondo di giustizia, cambiare quelle strutture che oggi, con la nostra opulenza, «ci fanno essere in grave peccato».