Pisa

Emergenza casa, la Chiesa tende la mano

Presto alcune case canoniche, mini appartamenti o monolocali di proprietà della diocesi o degli enti parrocchia della Valle del Serchio saranno messi a disposizione di single o famiglie indigenti, emarginati o che vivono, comunque, una situazione di disagio sociale. Lo prevede un protocollo d’intesa tra diocesi e comune di San Giuliano Terme che arcivescovo Alessandro Plotti e sindaco Paolo Panattoni firmeranno nelle prossime settimane. L’accordo per adesso interessa soprattutto alcuni alloggi ricavati all’interno dell’ex scuola materna delle vincenziane (ora Casa Caritas) di Pontasserchio, ma in futuro potrebbe estendersi anche a quelle strutture parrocchiali che non sono (o non saranno) più utilizzate per attività pastorali.Ecco un buon esempio di come ente locale e Chiesa possono collaborare a servizio della comunità. A San Giuliano Terme questa sinergia è avviata da tempo. È don Tomasz Grzywacz, vicario zonale della Valdiserchio, a rivelarci questo aneddoto: «Il sindaco Paolo Panattoni, da poco insediato, visitò uno ad uno i parroci del comune». Toccò con mano le strutture di cui sono dotate le parrocchie, si rese conto delle attività che ruotano intorno ai campanili e agli oratori, tastò l’umore delle famiglie vecchie e nuove delle frazioni – almeno di quelle che bazzicano le chiese.Un gesto di un sindaco ateo e che pure diversi preti dicono di aver apprezzato.Lo scorso lunedì, in occasione della visita pastorale del nostro arcivescovo, il consiglio comunale di San Giuliano Terme si è aperto ai cittadini.Sono stati gli assessori Ida Niccolini (sport, cultura, pubblica istruzione) e Luca Barbuti (sociale) a raccontare all’arcivescovo quello che l’ente locale fa per i giovani, gli anziani, gli immigrati, le famiglie povere.La pubblica istruzione: sono 2.400 i bambini che gravitano intorno ai due nidi, alle nove scuole materne, alle 11 scuole primarie (di cui 3 a tempo pieno) e alle due scuole medie del comune. Strutture «in rete» dove dirigenti e docenti lavorano per rendere più facili i passaggi tra una scuola e l’altra e l’integrazione tra bambini immigrati e locali. E dove si sta cercando di migliorare la qualità dell’apprendimento, amche attraverso percorsi di educazione alla pace, alla solidarietà, alla memoria storica, all’inclusione. L’ultimo esempio: la prossima «adozione» di un albero di cachi proveniente da Hiroshima, sopravvissuto all’atomica.Lo sport: sono 14 le polisportive presenti sul territorio, 3500 i giovani e meno giovani che praticano nuoto, basket, ginnastica, pattinaggio. Lo sport di base – ha detto Ida Niccolini, un passato e un presente da preparatrice atletica – è scuola di vita: invita al confronto con se stessi e con gli altri, fa crescere il giovane nella fiducia, favorisce l’inclusione. Ma lo è solo se vi operano degli educatori preparati e motivati. È un modello di sport che va coltivato e difeso da pericolose derive: il doping, l’agonismo ed il tifo esasperati, il baby- calcio mercato. La cultura: intesa come opportunità di crescita. Ida Niccolini ha ricordato il «progetto zattera» portato avanti dalla cooperativa sociale Il Ponte: animazione di strada, microprogetti per rendere i bambini protagonisti. E poi lo sportello «informagiovani», tre progetti di residenze artistiche, laboratori musicali e ludoteca.Le fasce deboli: le iniziative per gli anziani (la festa, il soggiorno estivo marino, il soggiorno diurno al Parco di San Rossore), il servizio di consulenza allestito in comune per i migranti, l’emergenza abitativa, che non si risolve solo con alloggi di edilizia popolare o integrazioni all’affitto. Un paio d’ore di interventi – presidente del consiglio comunale, sindaco, assessori, consiglieri comunali del centro destra e del centro sinistra. Infine, l’intervento dell’arcivescovo, che ha espresso in cinque punti il suo pensiero. Intanto: la politica metta al centro l’uomo (specie quello che non ha voce), i suoi diritti e le sue potenzialità. Riconosca ad ogni fede (religiosa o in alti ideali) il diritto ad esprimersi, ad avere un impatto nella cosa pubblica.Lavoriamo per coltivare il senso della identità al paese, alla frazione a cui si appartiene. Ma non abbiamo paura ad aprirci a chi ha una cultura o una religione diversa dalla nostra. E poi: incoraggiamo la gente alla partecipazione: oggi le famiglie delegano l’istruzione alle scuole, l’educazione religiosa alle parrocchie, la politica a pochi che, anche a livello locale, decidono di candidarsi. Di qui l’utilità, ad esempio, di valorizzare i corpi intermedi: associazioni e movimenti, ad esempio.Infine, i giovani: non abituiamoci a giudicarli – ha commentato l’arcivescovo – ma cerchiamo di star loro vicini. Il pensiero corre anche alle nuove normative sulla droga: prima di pensare a reprimere i «tossici», pensiamo a far opera di prevenzione, rimuovendo le cause che portano un giovane a «sballare».