Pisa

L’Europa è delusa? Pensiamoci noi cristiani a rimotivarla.

I cristiani? Uomini e donne carichi di speranza capaci di rimotivare un’Europa delusa. Ne è convinto padre Bartolomeo Sorge, gesuita, direttore della rivista «Civiltà cattolica», invitato nei giorni scorsi a Calci per la giornata di studio dedicata al prossimo convegno ecclesiale di Verona.L’Europa – osserva padre Sorge – è un continente deluso. Gli idoli con cui era cresciuta, sono andati in frantumi uno dopo l’altro. Ecco alcuni esempi: «il mito illuministico della dea ragione, che da sola avrebbe potuto ogni cosa, si è dissolto nel nichilismo contemporaneo, che nega perfino la possibilità di conoscere la verità»; quello del «progresso indefinito, nato dalla rivoluzione industriale, si è infranto contro le contraddizioni del capitalismo selvaggio»; ancora: «l’autosufficienza dei nazionalismi della prima metà del novecento e dei regimi nati dalla rivoluzione d’Ottobre ha condotto a forme disumane di totalitarismo e i dittatura»; il mito del primato dello «sviluppo economico ha finito col creare nuove forme di colonialismo e ci ha condotti sull’orlo della catastrofe ecologica»; infine anche «il miraggio ideologico della liberazione, secondo cui l’uomo si sarebbe sciolto da tutte le catene con le sue sole forze, è rimasto sepolto sotto le macerie del muro di Berlino».Ti guardi intorno e ti sembra di assistere ad una «lezione» universitaria: tutti, o quasi, i presenti, prendono appunti. Padre Sorge «regala» a preti, religiose, laici impegnati un contributo appassionato, equilibrata miscela tra analisi e ricordi personali. La speranza cristianaE adesso cosa ci rimane? Secondo il noto gesuita «il XXI secolo offre ai cristiani un’occasione propizia di far rinascere in Europa la “speranza che non delude” (Rom 5,5). Gli ideali di dignità umana, di libertà, di solidarietà, di giustizia e di pace, contenuti nel trattato costituzionale europeo, e ai quali aspirano le nuove generazioni, rendono possibile – come mai prima d’ora – l’incontro della speranza cristiana con le altre speranze dell’uomo».Per far questo, però, occorre «chiarirci su cosa sia la speranza umana. Essa non si fonda su una filosofia o su una ideologia, né sulle sole forze dell’uomo, ma poggia su Dio e sulla sua Parola». In altre parole «è una speranza trascendente, in quanto propone all’uomo il destino soprannaturale al quale è chiamato per dono gratuito di Dio»; ma comincia a realizzarsi nelle vicende umane. Perché siamo poco credibili e oggi l’annuncio e la testimonianza non risultano credibili alla gente, ciò è dovuto alla dicotomia che molti credenti stabiliscono tra fede e storia. «Molti credenti – ha osservato padre Bartolomeo Sorge – fuggono dal mondo, si rifugiano in una visione disincarnata e intimistica della fede, confinando ogni speranza di giustizia, di pace e di fraternità esclusivamente nel mondo futuro. Non si rendono conto che così facendo, paradossalmente, contribuiscono ad alimentare il secolarismo e le speranze atee». Ma molti altri, «insistendo doverosamente sul fatto che la speranza cristiana riguarda pure la costruzione di un mondo più umano e fraterno, finiscono però col ridurla a mera speranza di liberazione sociale e politica, lasciandone in ombra la dimensione religiosa e trascendente». C’è poi una terza difficolà, che oggi toglie credibilità all’annuncio della speranza che non delude: lo scoraggiamento e la tristezza da cui spesso si fanno prendere gli stessi cristiani di fronte alle prove e alle avversità.Ma quale rapporto stabilire tra la speranza cristiane e le speranze dell’uomo? Confronto o contrapposizione? Rottura o dialogo? Secondo Bartolomeo Sorge «se si tiene presente la natura religiosa della speranza cristiana, è possibile comprendere perché l’incontro con le altre speranze non solo è utile in sé, ma è anche necessario. Infatti la speranza cristiana, essendo nello stesso tempo “storica” e “trascendente”, non è alternativa, ma complementare nei confronti delle altre speranze. Essa è chiamata ad essere coscienza profetica e coscienza critica della società». Quarant’anni di cammino ecclesiale a Chiesa italiana da quarant’anni con i convegni ecclesiali si interroga su come portare Cristo tra la gente. Da Roma (1976), a Loreto (1985), a Palermo (1995) ha consolidato la scelta di un triplice impegno: «il primato della spiritualità come premessa di ogni rinnovamento interno e di ogni evangelizzazione; uno stile pastorale nuovo di missionarietà; un rinnovato impegno culturale, per offrire agli uomini di oggi un orizzonte di senso, insieme alla risposta agli interrogativi più profondi della vita personale e sociale». Ora il IV convegno di Verona intende stimolare i cristiani a portare la speranza cristiana all’interno di cinque ambiti concreti, ritenuti i più urgenti e i più bisognosi. «Si tratta – ha chiosato ancora padre Sorge – di sostenere con la speranza che non delude la vita affettiva, cioè come superare la emotività, la precarietà dei sentimenti, che è alla origine di tante crisi della famiglia e della vita di relazione; il lavoro e la festa: che cosa fare perché la necessaria flessibilità del lavoro non diventi precarietà e il riposo settimanale e le feste non siano “tempo vuoto” o di stordimento, ma facciano servire anche lo svago alla crescita spirituale e umana?; la fragilità umana: come accogliere i deboli, i nascituri e i bambini, i malati e i poveri, i senzatetto e gli immigrati, i carcerati e gli anziani?; la tradizione dei valori: come “trasmettere” ai giovani una formazione morale e intellettuale adeguata, non solo nelle aule scolastiche, ma anche attraverso un uso responsabile degli strumenti della comunicazione sociale?; infine, la cittadinanza: come educare a pensare in “globale”, mentre si agisce in “locale”, partecipando da cittadini del mondo alla soluzione dei problemi che affliggono la famiglia umana, come la fame, l’ingiustizia, l’emigrazione forzata, l’assenza di pace, il degrado ambientale?».