A Bientina il culto di san Valentino si perde nei secoli. Antichi documenti ci dicono che i suoi resti furono riesumati dalle catacombe di San Callisto, sulla via Appia Antica, il 9 novembre 1681 e consegnati alla nobildonna romana Laura Grozzi. Fu lei a donare le spoglie di Valentino martire alla comunità di Bientina, dove arrivarono il giorno di Pentecoste del 1699 grazie a Giovan Maria Maestrini, provinciale dei frati minori osservanti. La fama di taumaturgo di questo santo è nota in tutta la regione e anche oltre. Fin dal suo ingresso nella terra di Bientina san Valentino fece parlare di sé per i miracoli, talvolta strepitosi, che uomini, donne e bambini, in particolare ossessi o indemoniati, «ottennero» grazie alla sua intercessione: tanto da meritare l’appellativo di san Valentino degli indemoniati. Persino il principe Gian Gastone dei Medici, nel 1717 si sarebbe recato al santuario per rendere omaggio al santo. All’interno della cappellina dove sono conservate le reliquie di san Valentino, diverse immagini raccontano la storia del santo: l’Apoteosi di San Valentino di Pietro Dandini (1702-03), la Condanna a morte di San Valentino di Tommaso Redi (1704), il Martirio del santo di Antonio Puglieschi (1704), mentre la fastosa cerimonia della traslazione è ricordata da sei dipinti sul muro del corpo centrale della pieve: la Traslazione del corpo di San Valentino ed alcuni miracoli, dipinti del fiorentino Giuseppe Romei (1782-83).