Pisa

LA GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA

Religiose e religiosi pisani in festa: venerdì 2 febbraio, giornata mondiale della vita consacrata, parteciperanno ad una concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Alessandro Plotti in Cattedrale. Chi è il consacrato? Lo abbiamo chiesto a monsignor Enzo Lucchesini, vicario episcopale per la vita consacrata.«Il consacrato è l’uomo del deserto, perché chiamato a vivere un’esperienza di solitudine davanti a Dio, lottando con lui “faccia a faccia’ come Giacobbe e Mosè. Ma vive questa esperienza nel cuore della storia, in mezzo alle contraddizioni e ai conflitti del nostro mondo inquieto. “Il consacrato – per dirla con le parole del vescovo Bruno Forte – annuncia la gioia e la pace che sorpassa ogni conoscenza: non quella che dà il mondo, ma l’altra che viene soltanto da Dio. Col semplice fatto di esistere, attesta che passa la scienza di questo mondo e che Dio solo basta. Proprio così egli diventa la più radicale contestazione di questo mondo effimero, o meglio contesta tutti coloro che vogliono fare di questo mondo un assoluto’».Quanti sono i consacrati nel mondo?«I religiosi quasi duecentomila, suddivisi in circa 230 congregazioni; le suore quasi ottocentomila in quasi mille congregazioni; vanno poi aggiunti i monasteri di clausura. Gli uni e gli altri sono diffusi in modo capillare; sono in calo in occidente, mentre sono in crescita in Asia e in Africa. Stanno fiorendo nuove forme di vita comunitaria, più flessibili, sempre comunque basate sui voti di castità, povertà e obbedienza. L’agenzia Fides, nel 2003, dava questi numeri: religiosi 192.029, di cui 137.409 sacerdoti, religiose 776.269».Quali sono le forme codificate della vita consacrata?«Le più conosciute, anche perché hanno dietro di sé una storia secolare, a partire dal fenomeno del monachesimo, possono essere indicate negli ordini canonicali, gli ordini monastici, le congregazioni religiose. Ad esse hanno fatto seguito in tempi più recenti le società di vita comune, gli istituti secolari ed altre iniziative frutto di esperienze molto varie. Recentissima è la riscoperta del cosiddetto “ordo virginum’».E per l’avvenire?«Sembra di capire che siamo in un periodo di transizione. Del resto guardando il passato notiamo che i monaci sono stati sostituiti in gran parte dagli ordini mendicanti; questi ultimi hanno lasciato il posto ai chierici regolari. Forme antiche di vita religiosa rivivono in forme diverse, qualche volta potremmo dire “rinascono’ nelle nuove fondazioni, delle quali è difficile dire se avranno un futuro o dove lo avranno».Oggi si stenta a comprendere il significato di una scelta totale, di una consacrazione a Dio, secondo i voti di castità, povertà, obbedienza…«Forse il modo migliore per comprendere il senso della consacrazione è rifarsi ai grandi santi fondatori, come Antonio abate, Basilio, Benedetto, Francesco, Domenico, Ignazio di Lodola… persone che, insoddisfatte della loro risposta cristiana, hanno intrapreso una strada diversa. Sant’Antonio abate, ad esempio, per poter vivere solo con Dio, si è rifugiato nel deserto, scoprendo però che più vi si addentrava per allontanarsi dai luoghi abitati, più la gente accorreva a lui per averlo come guida. Oppure san Basilio che puntava alla vita comune, perché se non si vive insieme, non si può praticare la carità, imperativo base del cristiano. Analizzando a fondo la vita dei fondatori, scopriamo che ognuno ha sottolineato un aspetto particolare di questa ricerca, la quale ha un nocciolo comune: il celibato. Tentativi recenti di far entrare nel concetto di “vita consacrata’ anche gli sposati sono stati respinti, proprio perché sono un controsenso».Castità, povertà, obbedienza: sono consigli che valgono solo per la «vita consacrata»?«Rispondo citando padre Antonio Maria Sicari, autore molto conosciuto: “… i tre consigli di verginità, povertà, obbedienza’ – prima di dare origine ad uno stato di vita particolare (quello consacrato) – rivelano a tutti quale sia la bella struttura originaria dell’uomo: “rivelano l’uomo a se stesso’. Un’analisi teologica accurata dimostra che… riguardano ancor prima e alla radice la stessa antropologia cristiana: descrivono, cioè, la maniera in cui Dio ha immaginato l’uomo