SAN RANIERI? UN CONVERTITO AL SERVIZIO DI DIONostra intervista all’agiografo Gabriele Zaccagnini intorno alla figura del santo patrono della diocesidi Andrea Bernardini
San Ranieri? Un San Francesco ante litteram. Ne è convinto il professor Gabriele Zaccagnini, 49 anni, pisano, agiografo, docente al dipartimento di storia dell’Università di Pisa. «Ranieri – osserva il professor Zaccagnini – è una figura di grande rilievo nella storia della Chiesa medievale, perché nella sua esperienza spirituale troviamo la testimonianza precocissima di molte delle tematiche – la povertà, la carità, il valore del lavoro, l’apostolato dei laici, limitazione di Cristo, il ritorno al Vangelo – che saranno ulteriormente elaborate e poi portate alla ribalta da personaggi ben più illustri, ma posteriori, come appunto san Francesco d’Assisi, nato una ventina di anni dopo la morte di Ranieri. Come Francesco, anche Ranieri è un santo convertito. Nato a Pisa fra il 1115 ed il 1116, figlio di un mercante, Gandolfo, e di una nobildonna, Mingarda, dopo una giovinezza vissuta negli agi e nella spensieratezza – l’agiografo Benincasa, autore della sua Vita, ricorda che amava suonare la cetra e cantare – attraversò improvvisamente una crisi spirituale che lo portò in poco tempo ad abbandonare tutto per seguire Cristo, nudus nudum Christum sequi».Un grande laico figlio del suo tempo…«Nell’età comunale la società pisana era particolarmente viva in campo politico, culturale e religioso. In questo periodo si possono osservare, con dovizia di testimonianze e spesso con significativo anticipo rispetto ad altre città, i segni della nascita e dello sviluppo di idee, valori, modelli e forme di vita religiosa scaturiti dalle ‘umanità di Cristo e la riscoperta degli ideali evangelici. Ma la vera e propria rivoluzione in campo spirituale fu determinata dal coinvolgimento dei laici, specialmente delle donne, nella vita della Chiesa. Pisa fu tra le prime città ad elevare ben tre laici agli onori degli altari, tra cui due donne: Ranieri, Ubaldesca e Bona, tutti vissuti nel secolo XII».Quali sono le fonti che ricordano la sua vita?«La fonte principale è la Vita scritta subito dopo la morte dal canonico Benincasa, amico del santo, che ci è pervenuta in due redazioni. La più antica è sicuramente quella testimoniata dal codice C 181 dell’Archivio Capitolare di Pisa; un rifacimento di poco posteriore, ottenuto attraverso una selezione dei miracoli e un loro diverso ordinamento, ci è stato tramandato da un manoscritto conservato presso la Biblioteca conventuale dei Cappuccini di Livorno. Attualmente disponiamo solo dell’edizione critica del manoscritto livornese, edita nel 1990 da Reginald Grégoire. Personalmente sto preparando l’edizione della redazione ‘pisana’, fino ad oggi disponibile solo nell’edizione curata dai Bollandisti per il terzo volume di Giugno degli Acta Sanctorum, pubblicata ad Anversa nel 1701. Io ritengo questo un lavoro importante: ogni ricerca infatti deve partire dalle fonti, dai documenti, dalle testimonianze, mentre spesso non si fa altro che riferire ciò che altri hanno scritto, senza verificarne lattendibilità. Quanti ancora credono alla storia di Ranieri ladro di formaggio?».Torniamo alla storia di Ranieri degli Scacceri. Galeotto fu l’incontro con l’eremita Alberto’ avvenne a Cisanello, come ci narra una tela collocata nella chiesa della Sacra Famiglia?«L’incontro avvenne in loco quod dicitur Arsicium, cioè probabilmente nella zona di Cisanello. Alberto è una figura molto importante, tanto che Benincasa gli dedica un lungo capitolo, una vera Vita nella Vita. Lui, predicatore itinerante, nobile còrso che aveva abbandonato il secolo per condurre vita ascetica. La santità, le parole e lo stile di vita di Alberto influenzarono profondamente Ranieri che, dopo la conversione, decise di seguirne l’esempio, partendo per la Terrasanta, dove rimase fino al 1153».In Terra Santa Ranieri partì come mercante o già come penitente?«Il viaggio ebbe formalmente una motivazione commerciale (‘mercandi lucrique faciendi causa, si legge nella Vita). In realtà, in cuor suo, Ranieri desiderava che quella navigatio fosse linizio di una vita nuova. Durante tutto il lungo viaggio, infatti, ‘animus eius ad Deum semper erat intentus».In occasione della recente ricognizione delle ossa, il paleontologo Mallegni ha riscontrato in San Ranieri una ferita al cranio. Come si giustifica? Era il periodo della seconda Crociata. Secondo lei Ranieri ha combattuto?«No. Secondo la Vita, unica fonte a nostra disposizione, Ranieri non ha mai combattuto dopo la sua conversione. Né sarebbe stato compatibile con i tratti caratteristici della sua spiritualità. In Terrasanta Ranieri ha fatto semplicemente lasceta e leremita. Nulla della sua spiritualità è compatibile con gli ideali della Crociata. La ferita da taglio rilevata dal professor Mallegni sul cranio di Ranieri, se ricondotta a un fatto darmi, deve necessariamente essere anteriore, a meno che non si tratti dellesito di unaggressione subita dopo la conversione, ma in questo caso difficilmente Benincasa avrebbe mancato di ricordarla».Di ritorno a Pisa Ranieri fu accolto con grande onore. Ma come si era diffusa la fama di santità, a così tanti km di distanza?«In agiografia la diffusione della fama sanctitatis è un luogo comune, un passaggio quasi obbligato del racconto. Nella Vita di Ranieri, tuttavia, non c’è nel testo alcun riferimento esplicito alla fama che l’avrebbe preceduto al rientro dalla Terrasanta. Non è però impossibile che i pisani sapessero del soggiorno palestinese del santo, dei lunghi anni di vita ascetica, come pure di un miracolo compiuto durante il viaggio di ritorno. In effetti, giunto a Pisa, Ranieri fu subito accolto e ospitato dai Canonici di Santa Maria, segno evidente che già lo si riteneva degno di rispetto e venerazione. Successivamente si stabilì presso la chiesa di Sant’ Andrea in Kinzica e infine presso il monastero di S.Vito, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita, sempre nello status di penitente laico, e dove morì il 17 giugno 1160».Quanti sono i miracoli che si attribuiscono alla sua intercessione?«Secondo la Vita Ranieri ha compiuto numerosissimi miracoli a beneficio dei suoi concittadini, sia in vita sia dopo la morte: guarigioni fisiche e spirituali, liberazioni di prigionieri, esorcismi, miracoli esornativi, predizioni e pure miracoli punitivi». Dove sono diffuse le sue reliquie e dove il suo culto?«La reliquia principale è il corpo, che si trova in Cattedrale. Numerose altre reliquie sono diffuse un po ovunque: a Messina, Palermo, Firenze, Bologna, Roma, perfino a Bamberga. Altre reliquie si trovano in alcune chiese di Pisa e delle zone limitrofe: a Riparbella, Crespina, Cevoli, Livorno, Pietrasanta. Il culto di Ranieri, nel Medioevo, era legato alla presenza di comunità pisane, che allora si potevano incontrare ovunque, dalla Sicilia alle Fiandre; la devozione al santo che condivideva il patronato sulla città con la Madonna era fattore di coesione, di identità cittadina, il più forte dei richiami alla patria lontana».