Ottocento anni fa – dunque nel 1207 – Alberto, patriarca di Gerusalemme, dette ai carmelitani una norma di vita.Si erano rivolti a lui alcuni eremiti (pellegrini in Terra Santa o ex crociati?) che avevano deciso di vivere in fraternità presso la fonte di Elia a 3 km dal mare vicino a Haifa, in Palestina.Quella norma di vita, fu il primo nucleo della regola carmelitana. La regola sarebbe stata approvata definitivamente nel 1247 dal Papa Innocenzo IV. Dei 40 anni di gestazione della regola, le uniche informazioni ci vengono dalle lettere che i papi Onorio III, Gregorio IX, Innocenzo IV scrissero ai carmelitani.Onorio III (nel 1226) risolse un problema posto dal Concilio Lateranense IV (1215) che proibiva la nascita di nuovi ordini. Il papa approvò la norma di Alberto obbligando tutti i gruppi carmelitani ad osservarla. Gregorio IX (1229) confermò l’approvazione di Onorio chiamando già regola la norma e proibì ai Carmelitani di avere delle proprietà: stabilì inoltre che nessuno potesse imporre un superiore che non fosse eletto dai sudditi. Le lettere di questo papa ci fanno capire che la «forma di vita» di Alberto non era osservata da tutte le comunità o che, quantomeno, non c’era uniformità nel modo di osservarla.Il 1238 è l’anno in cui i Carmelitani, perseguitati dai musulmani, decisero di emigrare in Europa: Cipro, Messina, Aylesford e Hulne in Inghilterra, Provenza, Pisa sono i primi luoghi dei loro insediamenti.Questo fatto produsse una crisi profonda di identità nel gruppo fondatore, diviso fra quelli che ritenevano giusto adottare lo stile di vita dei frati mendicanti di cui l’Europa era piena, e quelli, i più idealisti, rappresentati dal generale dell’ordine Nicola Gallico, che non volevano abbandonare lo stile della primitiva esperienza del Carmelo.Fu in questo periodo che si sviluppò l’ispirazione elianana dell’ordine e la devozione alla Madonna: i carmelitani ben presto furono conosciuti in Europa come fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Elia e Maria saranno per sempre modelli ispirativi dei carmelitani.Innocenzo IV fu il papa che, alle origini dell’ordine, favorì più di ogni altro gli insediamenti e la crescita dei carmelitani in Europa. Due delle quattro lettere da lui scritte ai carmelitani sono state lettere di raccomandazione: al popolo perché li accogliesse e li aiutasse con elemosine; ai vescovi perché permettessero loro di costruire conventi e chiese. Fu lui che approvò, come detto sopra, definitivamente la regola. Le piccole modifiche che vi furono introdotte non fecero dimenticare ai carmelitani l’origine eremitica e il primato della contemplazione.In seguito, il cambiamento delle condizioni di vita spinse i carmelitani a chiedere ai papi Enrico IV (1432), Pio II (1459), Sisto IV (1476) modifiche non sostanziali alla regola, passate alla storia con il nome di mitigazioni. Esse sono arrivate mentre nell’ordine cresceva l’interesse per il movimento delle riforme.La storia ne conosce due in particolare. La prima, la Mantovana, eretta in congregazione autonoma nel 1442, che ha avuto una delle guide spirituali migliori della famiglia carmelitana: Giovanni Soreth (1395-1471), sotto il cui generalato sono state accolte nell’ordine le donne ed è stato costituito il Terz’Ordine Carmelitano (Bolla papale «Cum Nulla» 1452). Ma la riforma più nota è quella promossa da Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce nel secolo XVI, da cui ha avuto origine l’Ordine dei Carmelitani Scalzi che oggi è presente nel mondo con centinaia di conventi e monasteri. I Carmelitani a PisaA Pisa i carmelitani dell’antica osservanza arrivarono nel 1249, costruendo il loro convento e la loro chiesa all’inizio del ‘300, in Corso Italia. Qui sono vissuti, tra gli altri, fra Guido, primo commentatore di Dante, Sant’Andrea Corsini, Giuliano Ristori, matematico, insegnante di astronomia all’università di Pisa e consigliere di Michelangelo nella costruzione delle difese di Firenze nel 1530; o Angelo Paoli che tutti a Roma all’inizio del ‘700 chiamavano il «Padre dei poveri» e che le nostre Caritas potrebbero scegliere come loro protettore. I carmelitani scalzi, invece (cfr pezzo in taglio basso) arrivarono a Pisa nel 1719, prima in Sant’Eufrasia e poi in San Torpé. I frutti del modello «carmelitano»Pensando ai frutti fatti maturare nella Chiesa dal modello di vita proposto dall’ordine carmelitano, il grande monaco trappista Thomas Merton ha potuto dire che «non c’è membro della Chiesa che non debba qualcosa al Carmelo». Il Carmelo infatti, ha dato alla Chiesa grandi maestri di vita spirituale: con i già ricordati Giovanni Soreth, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, ricordiamo la mistica fiorentina Maria Maddalena de’ Pazzi, Teresa di Lisieux, Elisabetta della Trinità e Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein). Ma poiché si ricordano gli otto secoli della storia carmelitana, è giusto, fra gli altri, ricordare anche Alberto di Trapani, il primo Santo venerato nell’Ordine, Andrea Corsini, vescovo riformatore di Fiesole e Pier Tommaso, appassionato apostolo dell’unità dei cristiani, tutti e due vissuti nel ‘300 e Tito Brandsma, martire del nazismo. Nel mondo i carmelitani diffondono la devozione alla Beata Vergine Maria, loro patrona, additandola come modello di preghiera, contemplazione e dedizione a Dio, che sono i valori essenziali al loro carisma.