Fa freddo. Una stufetta elettrica riscalda la cucina: qui, in pochi metri quadri, quattro pargoli e la loro mamma attendono il ritorno del papà. Salvatore, di origine meridionale, ha lavorato per un giorno intero nel giardino di una villa del quartiere: speriamo che porti a casa il segno della riconoscenza. Lavoretti occasionali, difficile arrivare a fine mese in quelle condizioni. Alla porta bussa qualcuno. Non è papà Salvatore, ma una coppia di volontari della San Vincenzo. Con una mano consegnano un pacco di alimenti: dentro ci sono latte e biscotti, pasta, riso e pelati; con l’altra accarezzano i bambini. Arriva anche Satò, la famiglia è al completo. È il momento dell’ascolto: pochi, ma significativi attimi, per prender nota delle necessità di quei figli di Dio. Il piccolo prende in mano i biscotti, ne offre un paio ai donatori: è il suo grazie per il dono di quei generi alimentari, guai a non accettarli. I vincenziani son così: non si accontentano di offrire solidarietà a chi la chiede, ma vogliono scovare i poveri del territorio. Una intuizione che ebbero già i fondatori, alcuni studenti della Sorbona, che salivano sulle soffitte dei palazzi popolari parigini per trovare i bisognosi che, altrimenti, mai avrebbero chiesto loro aiuto. Sì, perché non tutti i poveri sono uguali: alcuni affrontano persino con spavalderia i volontari, chiedendo, anzi pretendendo dai vincenziani cibo, denaro, vestiario; altri si avvicinano alla San Vincenzo conservando un senso di dignità.Lunedì pomeriggio: di fronte alla casa del consiglio centrale in via San Giovanni Bosco già da diverse ore si è formata una fila di extracomunitari, di nomadi, di homless, che di lì a poco ritireranno indumenti. Dietro dei cassonetti, quasi per non dare nell’occhio, troviamo però anche famiglie pisane, che attendono con pazienza il ritorno a casa della fiumana degli utenti abituali, per avvicinarsi e chiedere anch’esse qualcosa. A tutti questi la San Vincenzo cerca di dare una risposta. «È nella condivisione col povero che noi vincenziani percorriamo il nostro cammino spirituale verso la salvezza» osserva Leandro Casarosa, presidente del consiglio centrale. Duecento volontari riuniti nelle conferenze della diocesi, una miriade di simpatizzanti e sostenitori. Un piccolo esercito di pace al servizio del territorio. «Non si può entrare in dialogo coi poveri se non si è a nostra volta per qualche verso poveri – dice ancora il nostro – Lo spirito di povertà è innanzitutto uno spirito di partecipazione: la volontà di non trattenere le ricchezze senza farne buon uso. Questo spirito di partecipazione si esprime almeno nella volontà di spartire effettivamente qualcosa: uno dona il suo tempo e pratica la virtù della disponibilità, un altro dà il suo denaro; questi dona il suo sapere, quegli mette a disposizione la propria salute, un terzo dona il conforto che irradia dalla sua persona». La San Vincenzo in numeriLa San Vincenzo è a Pisa dal 1852. Oggi conta 22 conferenze in diocesi. Raccoglie e distribuisce indumenti a Pisa, Pontedera e nella Versilia (solo lo scorso anno ha vestito 4250 famiglie). Segue costantemente almeno trecento famiglie del territorio: fornendo alimenti o contribuendo a pagare bollette e affitti. Ha in comodato gratuito una casa di accoglienza, a Pisa in via Sant’Agostino, dove trovano alloggio temporaneo famiglie di detenuti o di ammalati ospiti dell’ospedale Santa Chiara di Pisa. Gestisce un centro di raccolta e distribuzione di mobili e suppellettili, che garantisce un arredamento essenziale a un centinaio di famiglie ogni anno. E poi l’ambulatorio dedicato a «Cesare Villani», a Pisa nei pressi degli ex istituti di ricovero, dove una dozzina di medici volontari offre gratuitamente la propria esperienza nella medicina di base e preventiva mettendola a disposizione di centinaia di immigrati (1200 solo nel 2006, con un incremento del 13% rispetto al 2005). In Largo del Parlascio si apre per qualche ora al dì una bottega, dove confluiscono donazioni di suppellettili, che vengono offerte al pubblico: è anche con il ricavato di queste attività che la San Vincenzo de’ Paoli può intervenire laddove c’è bisogno. Il lavoro «in rete» A Cascina, un padre di famiglia gravemente ammalato, ha necessità di cure e di assistenza continui. La conferenza di San Prospero e San Giorgio è inserita nel comitato che sostiene la famiglia, provvedendo a fornire generi alimentari e specifici per il malato. A Calci lui e lei, poco dopo aver contratto un mutuo con un istituto bancario, si ammalano di cancro e devono lasciare il lavoro: la San Vincenzo si impegna a pagare almeno le rate di quel mutuo da estinguere. In entrambi i casi le conferenze locali non avrebbero potuto, probabilmente, affrontare la questione da sole: lo hanno fatto grazie alla solidarietà delle consorelle della diocesi.Prezioso il lavoro «in rete» con la Caritas e con le associazioni del territorio, in particolare con il Centro di aiuto alla vita. La cappellania del carcere don Bosco di Pisa fa riferimento alla sede centrale per reperire indumenti per i detenuti. I cassonettiNon è più gestita ormai da anni dalla San Vincenzo de’ Paoli, bensì dalla cooperativa Ludovico Coccapani, la raccolta di indumenti dagli ormai noti cassonetti gialli che si trovano un po’ ovunque: tutto il materiale, pressato, sarà utilizzato dalle industrie tessili di Prato e contribuirà a mantenere in vita la cooperativa. La mole di indumenti che afferiscono direttamente nella sede centrale e in quelle periferiche della San Vincenzo è comunque enorme. A tutti la raccomandazione di portare abiti, pur usati, ma puliti.