Mucche e tori, maiali e cavalli, e poi pecore, capre e cani da pastore: insomma, gli animali della fattoria di Nonna Papera accompagneranno la mattina di giovedì 17 gennaio circa diecimila allevatori in piazza San Pietro a Roma per ricevere dal cardinale Angelo Comastri, vicario del papa per la Santa Sede, una particolare benedizione.Gli allevatori celebrano in grande stile il patrono Sant’Antonio abate. Il giorno precedente alla festa patronale, i rappresentanti delle associazioni di categoria si incontreranno, in sala Nervi, con Benedetto XVI; poi il grande happenning in piazza San Pietro.Anche da Pisa – dalla sede dell’Associazione allevatori a Ospedaletto (per prenotazioni telefonare all’Apa di Pisa telefono 050. 980162) – partirà una nutrita delegazione di allevatori. Fulvio Salvadori, pisano, presidente regionale dell’Associazione allevatori, un’azienda agricola di 300 ettari a Coltano, 250 capi tra mucche pisane e limousine: «Gli allevamenti sono in crisi. E il futuro, se si ragiona con i parametri dell’uomo, non promette bene ma con il buon Dio».Il numero degli allevamenti è in calo «Vero. Negli ultimi quindici anni un allevatore su tre ha lasciato l’attività. Altre aziende chiuderanno, forse, per decorso naturale: i figli non hanno intenzione di fare sacrifici come i loro padri. Il numero dei capi, però – e per fortuna - non si è contratto in maniera così vistosa».Quali sono i motivi della crisi? «I costi eccessivi sostenuti dalle aziende zootecniche per l’acquisto delle materie prime e del gasolio. E poi la burocrazia: un allevatore impegna quasi più tempo a star dietro a documenti e pratiche che ai suoi animali».Da tempo l’associazione allevatori parla dell’utilità di una filiera più corta «Ne godrebbero non solo i produttori, ma anche i consumatori. Quando un consumatore acquista un prodotto, dovrebbe sapere che la materia prima incide non oltre il 25% sul prezzo finale tutto il resto si perde nei passaggi. Un esempio su tutti? Il latte di pecora: al produttore i caseifici corrispondono ancora 70/75 centesimi a litro, più o meno quanto quindici anni fa. Intanto, però, il prezzo del formaggio è lievitato eccome. Il problema è che se un produttore intende trasformare all’interno della sua azienda il latte in formaggio, si perde in un labirinto di autorizzazioni e forse solo suo figlio – se lo vorrà – potrà portare a termine quelle richieste».I mattatoi sono sufficienti? «Sono pochi e lontani dagli allevamenti. Per macellare una pecora o una capra occorre recarsi a Cecina, San Vincenzo o Volterra (dove però il mattatoio non è ancora operativo). Da tempo proponiamo la realizzazione di un mattatoio mobile, per venire incontro alle esigenze delle aziende».Parliamo dei cavalli «Anche la filiera dei cavalli va ricostruita. Mancano, soprattutto, iniziative di gruppo e strutture per l’addestramento dei cavalli. Anche l’Istituto Incremento ippico costa molto ma non offre grandi benefici al settore».Gli strumenti per una inversione di tendenza ci sono? «Allo Stato chiediamo il costante controllo della normativa sulla tracciabilità dei prodotti e sull’importazione. E poi il piano di sviluppo rurale emanato dalla Regione, alcune politiche da concertare con gli enti locali. Ad esempio, grazie al sostegno della provincia di Pisa, è partita l’esperienza dei mercatini in città, dove il produttore può incontrare direttamente il consumatore. Anche gli allevatori devono fare la loro parte: dal 2013, con la riforma della Politica agricola comunitaria (Pac), saranno premiate solo le imprese che saranno capaci di ben orientarsi sul mercato sono finiti i tempi dell’assistenzialismo».Ottimista o pessimista per il futuro? «Qualche pensiero ce l’ho quello che mi conforta è che noi allevatori anche nei tempi più bui abbiamo saputo stringere i denti e venirne fuori. Ci riusciremo, con l’aiuto del buon Dio, anche nel futuro. Ma abbiamo bisogno di una speciale benedizione».