Pisa

«LAVOREREMO PER IL BENE COMUNE»

di Giovanni Paolo Benotto

Ringrazio la dottoressa Maria Laura Simonetti Commissario prefettizio al Comune di Pisa e il dottor Pieroni Presidente della Provincia di Pisa per le cortesi e significative parole che mi hanno rivolto, così come ringrazio tutte le autorità civili, accademiche e militari che quest’oggi mi porgono il saluto delle Istituzioni Regionali Toscane, Provinciali, della Città di Pisa e dei Comuni che compongono il vasto territorio dell’Arcidiocesi pisana.Ringrazio i Prefetti di Pisa, Lucca e Livorno, i Sindaci e i rappresentanti dei numerosi Comuni che formano la variegata e composita geografia della diocesi, dal territorio intorno a Pisa, fino alla Versilia storica, al Barghigiano, alle Colline Pisane e all’entroterra livornese.Ringrazio le Autorità militari presenti, le Forze dell’ordine, i Carabinieri, la Polizia e tutti coloro che istituzionalmente presiedono all’ordine pubblico e alla sicurezza dei cittadini.Non posso non ricordare e salutare cordialmente quanti hanno la responsabilità delle prestigiose istituzioni accademiche della nostra Città, che rendono noto e apprezzato il nome di Pisa nel mondo culturale italiano e internazionale.Un saluto cordiale desidero poi rivolgerlo al mondo del lavoro in tutte le sue componenti, dagli operai agli imprenditori, così come a quanti tutelano i diritti e i doveri di chi presta la propria opera al servizio del bene comune.E sarà proprio il bene comune l’obiettivo che mi guiderà nel mio servizio episcopale in rapporto alle Istituzioni pubbliche e alla complessa realtà della cultura, della scuola, del lavoro e del vivere sociale e civile del nostro territorio diocesano.Nello scorso mese di ottobre Pisa ha ospitato lo svolgimento della Settimana Sociale dei Cattolici italiani, sul tema del bene comune, a cento anni dalla prima edizione ispirata e guidata fra gli altri da quel grande uomo di cultura che fu il Servo di Dio Giuseppe Toniolo, di cui speriamo di celebrare al più presto la beatificazione.Il bene comune è sempre bene della persona nella sua singolare dignità e irripetibilità, ma è bene che non si ferma mai soltanto all’individuo, bensì è bene della persona in quanto segnata indelebilmente dal suo essere in relazione con gli altri in quel contesto che è la vita sociale in cui valori umani, culturali, economici, spirituali e religiosi sono indissolubilmente legati tra di loro e riguardano ciascuno in quanto individuo e tutti insieme nell’ambito comunitario.La Chiesa pisana è sempre stata attenta alla promozione, alla difesa e al servizio di questa armoniosa correlazione; non mancherà di continuare su questa stessa strada che è poi la via indicata dal Vangelo quando dice di dare a Dio ciò che è di Dio e di dare a Cesare ciò che è di Cesare.Si tratta della strada del rispetto delle identità e delle competenze di ciascuno; ed insieme è la strada del buon Samaritano che non tira mai a diritto davanti ai dolori e alle sofferenze dell’uomo, qualunque sia l’uomo che soffre, e, guardando, si ferma; si avvicina e, per quanto può, cura le ferite del sofferente, stimolando pure chi può e chi deve, a fare la propria parte non solo nel venire incontro alle necessità, ma soprattutto aiutando a prevenire tali necessità perché possa essere messo in atto tutto ciò che assicura la piena realizzazione dell’autentico bene comune.La Chiesa non si è mai tirata indietro e non si tirerà mai indietro ogni volta che c’è bisogno di sostenere l’autentica crescita dell’uomo, perché sa che nel volto di ogni persona c’è il volto stesso di Cristo, il quale alla fine dei tempi giudicherà tutto e tutti sull’amore. “Ogni volta che avete fatto tutto questo ad uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (…) Ogni volta che non avrete fatto una di queste cose ad uno dei miei fratelli più piccoli non l’avete fatto a me”, dice Gesù nel Vangelo di Matteo, elencandoci i gesti di amore che consentono di incontrarlo sulle strade della vita, dando da bere agli assetati, da mangiare agli affamati; vestendo chi è nudo; ospitando i pellegrini, visitando i malati e i carcerati, donando a tutti quell’amore vero che sgorga sempre dal cuore stesso di Dio.E quando c’è da prestare la propria opera di carità e di amore la Chiesa è e deve essere sempre presente; e non per sostituire ciò che le Istituzioni sono chiamate a fare per dare attuazione concreta ai diritti inalienabili di ogni persona, ma sempre per concorrere a realizzare quel bene comune che ha il suo coronamento nel pieno compimento della vocazione di ogni uomo che sarà tale solo quando in ciascuno potrà risplendere ciò che lo fa somigliare a Dio suo Creatore e Redentore.È per questo che la Chiesa non si tira mai indietro anche se c’è da navigare contro la corrente delle mode mutevoli del momento, proprio perché consapevole e convinta che con il proprio contributo è possibile aiutare il nostro tempo a comprendere e ad apprezzare quei valori perenni e immutabili che unici permettono alla persona umana di poter salvaguardare la propria dignità e la propria più autentica identità.In questo senso posso assicurare tutti che la Chiesa pisana ci sarà sempre e non mancherà all’appuntamento della storia quando si tratterà di difendere, di far crescere e di far fruttificare la verità sulla vita, sulla persona umana, sulla sua identità personale, familiare e sociale e sulla sua vocazione soprannaturale all’incontro con l’assoluto. La Chiesa infatti è convinta che in questo suo «sì» aperto, rispettoso di chi la pensa diversamente da lei, e insieme convinto, coraggioso eppur mite ed umile, perché segno del suo amore all’uomo riconosciuto sempre e comunque come un fratello da amare, ha la possibilità di offrire a tutti il suo contributo più prezioso.Ed è con questa disponibilità d’amore che mi presento a tutti voi e dichiaro ed offro a tutti la mia disponibilità al servizio insieme alla disponibilità della Chiesa che è in Pisa; un servizio che vuol essere attenzione alla persona e alla comunità nella quale il Signore ci ha posti a condividere con chi ci sta accanto, la gioia e la fatica di un cammino comune teso a fare della nostra società non un coacervo di presenze contrastanti e di interessi contrapposti, ma una famiglia in cui tutti si riconoscano davvero come fratelli e sorelle, perché partecipi della stessa e identica umanità.Si tratta di una strada sulla quale tutti possiamo camminare insieme, pur nelle diverse responsabilità e magari animati da convinzioni differenti; una strada che i nostri antichi padri hanno percorso in tempi forse ancora più crudi e difficili dei nostri e che ha permesso loro, come fossero un cuor solo ed un’anima sola, di offrire al mondo le meraviglie straordinarie che si trovano oltre questa cinta muraria e che, patrimonio dell’umanità, sono prima di tutto i segni eloquenti e intramontabili di una civiltà cristiana che non è soltanto prezioso retaggio di un passato ormai lontano, bensì espressione di una bellezza sempre viva e vivificante, di una verità che sempre di nuovo si dona a quanti la cercano e di un amore sempre fresco e attuale a cui tutti aneliamo e che tutti cerchiamo nel profondo del nostro essere.Mi commuove e mi riempie di timore il fatto di essere stato chiamato in maniera imprevedibile ad essere custode e primo responsabile dei meravigliosi segni sacri che cantano la gloria di Dio sul nostro Prato dei miracoli, un arcivescovo pisano tra i pisani, ma insieme garante di una universalità che è aperta ad ogni cultura, ad ogni razza e ad ogni nazionalità; universalità che nel linguaggio cristiano è detta «cattolicità» e che è scritta in maniera indelebile nella nostra stessa professione di fede.È in questa prospettiva che di nuovo ringrazio e saluto di cuore tutti voi che mi avete accolto: non mancherò di raccomandarvi al Signore nella preghiera perché vi sostenga e vi aiuti nel vostro servizio al bene comune, assicurandovi della mia più cordiale e rispettosa collaborazione tesa sempre al vero bene della nostra gente. Grazie.