Pisa

ECCO IL GIUGNO PISANO

Un mese ricco di rievocazioni storiche, manifestazioni, concerti, fiere, feste in piazza ed iniziative culturali di vario genere. Storia e tradizione, fede e folclore si fondono nel «Giugno pisano».Gli eventi clou ruotano intorno alla festa patronale di San Ranieri. Sui lungarni e nel centro cittadino torna, alla vigilia di San Ranieri, la suggestiva «Luminaria». Era il 25 marzo 1688, nella cappella del Duomo di Pisa, intitolata all’Incoronata, quando venne solennemente collocata l’urna che contiene il corpo di Ranieri degli Scaccieri, patrono della città, morto in santità nel 1161. Cosimo III dei Medici aveva voluto che l’antica urna contenente la reliquia fosse sostituita con una più moderna e fastosa. La traslazione dell’urna fu l’occasione per una memorabile festa cittadina, dalla quale, secondo la tradizione, ebbe inizio la triennale illuminazione di Pisa che dapprima si chiamò illuminazione e poi, nell’Ottocento Luminara.Tuttavia l’idea di celebrare una festa illuminando la città con lampade ad olio non fu un’invenzione del momento, ma una consuetudine nata da tempo ed affermata gradualmente in occasione di avvenimenti particolarmente solenni o festosi e non necessariamente legati al culto del Santo patrono.Per la festa patronale, il 17 giugno, in Cattedrale il popolo si riunisce intorno al suo arcivescovo e ai preti che festeggiano quest’anno particolari anniversari di sacerdozio (il programma della festa religiosa nel prossimo numero del settimanale).Nel pomeriggio, le imbarcazioni dei quattro quartieri storici di Pisa si contendono invece – sulle acque dell’Arno – il «palio di San Ranieri».Questo evento riesce a coniugare la genuina passione sportiva, propria della competizione agonistica, con l’antico e diffuso costume di disputare palî remieri. Le imbarcazioni, a sedile fisso, con otto vogatori ed un timoniere, si ispirano alle tipiche fregate del mediceo Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano. Dopo millecinquecento metri di voga controcorrente avviene l’abbordaggio d’un barcone ancorato sulla linea del traguardo, ed il montatore che affianca l’equipaggio deve arrampicarsi su di un pennone alto dieci metri, per afferrare il palio simbolo della vittoria. Una coppia di paperi è il poco ambito riconoscimento riservato all’equipaggio classificatosi ultimo. L’ultimo evento che riunisce tutta insieme la città è il Gioco del Ponte, manifestazione storico rievocativa che si articola in due momenti distinti ma altrettanto significativi: il Corteo Storico sui Lungarni, una sorta di parata militare assai imponente, e la battaglia, ambientata sul Ponte di Mezzo, ove le squadre dei quartieri appartenenti alle due fazioni cittadine rivali danno prova della rispettiva potenza fisica, in un’atmosfera agonisticamente avvincente.Alcune fonti vogliono far risalire le origini del Gioco all’antichità classica. Non risultando certe tali ipotesi, si ritiene che abbia avuto origine dalla trasformazione locale del Gioco del Mazzascudo, che, dall’undicesimo al tredicesimo secolo veniva giocato come una battaglia simulata nell’antica Piazza degli Anziani, oggi dei Cavalieri.Il Mazzascudo si effettuava tra singoli giocatori, equipaggiati con corazze, mazze e scudi. Nel giorno finale gli scontri individuali lasciavano posto ad una battaglia generale con i combattenti suddivisi in due schiere “del Gallo” e “della Gazza”.La prima edizione del Gioco del Ponte conosciuta e certa porta la data del 22 febbraio 1568. Il Ponte, sede della Battaglia, era il Ponte Vecchio, corrispondente all’attuale Ponte di Mezzo, e scopo dello scontro era la conquista di una parte o di tutta la metà occupata dalla fazione avversaria. I giocatori di Tramontana e Mezzogiorno, erano suddivisi in squadre, di numero variabile, composte ciascuna da 50 o 60 soldati. Ogni squadra si distingueva per propri colori ed insegne.I protagonisti della Lotta, basata sullo scontro fisico diretto, erano equipaggiati con armatura, elmetto detto «morione» e «targone», una sorta di scudo in legno di tiglio o di pioppo – lungo oltre un metro e pesante più di due chili e mezzo – oblungo ed asimmetrico, con le estremità arrotondate, adoperato alquanto impropriamente anche come arma d’offesa. La violenza della lotta ha costituito una caratteristica costante di questi scontri. Il desiderio di autonomia dalla dominazione fiorentina, e l’esasperarsi dell’agonismo sul Ponte, resero il Gioco del Ponte poco gradito a Pietro Leopoldo, tanto che, dopo l’edizione del 1785, non concesse più il permesso di effettuare la Battaglia, che conoscerà così un periodo di interruzione fino al 1807, unica edizione del XIX secolo.Dopo un’interruzione di 128 anni, il Gioco rivive nell’era moderna, nel 1935, con le stesse modalità delle edizioni storiche. Nel dopoguerra, per evitare lo scontro diretto, fu ideato un mezzo meccanico, un “carrello” scorrevole su rotaia, sul quale viene esercitata la spinta dei combattenti.La manifestazione si svolge per consuetudine l’ultima domenica di giugno e prevede, prima del combattimento, il Corteo Storico con i suoi 709 figuranti. Le truppe di Tramontana e di Mezzogiorno sfilano in ordine separato (dando vita a due cortei distinti, di 314 figuranti ciascuno), ma contemporaneamente, sui quattro Lungarni contigui al Ponte di Mezzo, in senso antiorario; è presente anche un terzo corteo, quello dei Giudici, di 81 elementi.Notevole è l’effetto scenico dei costumi di foggia spagnola tardo cinquecentesca indossati dai figuranti, realizzati in occasione dell’edizione del 1935, sulla base dei bozzetti disegnati dal critico d’arte Fortunato Bellonzi, ispiratosi a stampe d’epoca medicea.L’intensità dello sforzo profuso dai componenti di ogni squadra, tutti di eccezionale stazza fisica, è impressionante. Vale ancora l’antico principio che assegna la vittoria alla squadra che rimane padrona del Ponte, spingendo carrello ed avversari all’estremità opposta della rotaia di scorrimento.